II giardino chiuso

II giardino chiuso II giardino chiuso fiiiiiiniH'Avevo cercato una cameriera, e s'era presentato un domestico. Letto l'annunzio nel giornale, e saputo ch'ero uno scrittore, si dichiarava contento di servirmi. — La mia professione vi piace? Mi confessò che gli era piaciuto, soprattutto, di servire in una casa con giardino. Non era mai stato in caso con giardino. Non mi dieso quanti anui avesse, e non mi riuscì d'indovinarli. Era uno di quei magri uomini senza età: pareva, nell'ombra, curvo e canuto, ma contro luce gli occhi, verdi di colore, scoprivano una strana suscettibilità : e anche ie mani erano belle. Si chiamava Paolo Guarnieri, era figlio e ni: potè di giardinieri ; ma" i suoi antenati erano stati liutai: i famosi liutai di cui portava il nome. Purtroppo, il giardino che l'aveva attirato al mio servizio non era mio ; e come glie lo dissi, un'ombra passò su quel suo vÌ60 d'indefinibile età, parendolo invecchiare. Sì: la mia casa era a terreno ; ma il parco adiacente apparteneva alla Signora Clelia, vedova con un figliolo, che in quel momento era apparsa dallo scuro d'un folto entro la chiara luce d'aprile, per sorvegliare i giochi del suo piccino, .— Adolfo ! — chiamò la bella vicina. E il bimbo le corse incontro, offrendole una palla dagli spicchi verdi e rossi. Li vedemmo camminare insieme, rapiti nell'erba tenera e nei primi germogli, gino a che li perdemmo di vista. Un'invidia, sfumata però di tenerezza, era passata negli occhi del mio nuovo sorvitore. — La Signora Clelia ha già il suo uomo di fatica; però sono certo che vi permetterà di scen dorè in giardino ;i. dargli una mano, s'è proprio un lavoro che vi piace. Se ne andò alle sue faccende, senza aggiungere parola. Io salutai la bella signora, che pareva quel giorno trasfigurata dalla primavera, e che prese a sorridermi coma d'uso. La contendevo da qualche tempo a un suo cugino, dottore in scienze naturali, che frequentava il giardino con la scusa di certi 6tudi entomologici, e. la cui faccia bionda, aggravata da due lenti azzurre, cominciava a darmi ombra. — Ho trovato un domestico, Signora Clelia; e quindi, d'ora m avanti, sarò sorvegliato. Dovrò farvi la corte con prudenza... Indugiammo, più del solito. Il primo sole aveva messo una luce nuova anche nella veste, nella pelle, nello sguardo dolla vicina. E come rideva nel sentirmi ri, parlare d'un mio progetto di rapiménto ! Sarebbe stato oosì facile I Ecco: un breve salto dalla mia finestra nel molle d'uno sterrato ; poi costeggiare la serra, e infine il, vialetto dei giacinti. Una volta nel viale, poi, per giungere alla finestra di lei, «on c'era che spingere un cancelletto da clown... Mezz'ora buona restammo là, ciarlando e ridendo, sino che Adolfo chiamò la mamma, ed io tornai sulle tracce del mio ca meriere. Lo trovai che puliva una teiera, col gesto minuzioso di chi monda un rosaio. Forse la maiolica gli era piaciuta, perchè figurava un boschetto giapponese. In verità, gradivo molto quelle sue maniere. E quel mutismo ; quelle mani diafane, dalla pelb tirata sull'ossa ; quella magrezza di scarabeo, stretta nell'impeccabile vestito nero, e non certo priva di distinzione. Tratto tratto, sempre taciturno, si voltava al giardino intravisto dai vetri ; e a quella serra, a quei giacinti già soffusi di turchino. Teneva dietro anche a; pappi svolanti. Il ronzìo d'un bombice lo incantò. -— Fra dieci giorni — disse finalmente — sarà tutto fiorito. La terra è buona. Me ne intendo. Giardiniere e figlio di giardinieri, era cresciuto, fanciullo, nel parco di CasS Cicogna. Poi aveva servito, sempre con le stesse mansioni, in Casa Varisco, in Casa Benni, in Casa Crivelli. Dai Perego, in via Borgonuovo, era stato c/nque anni ; e altrettanti al Collegio Reale delle Fanciulle, in via della Passione. Se li aveva lasciati, non tra colpa sua. Questi giardini milanesi, non si sa perchè, scompaiono l'uno dopo l'altro. Un'espressione desolata si diffuse, in così dire, nella scarna faccia senza età. L'ultimo padrone, prima di venire da me, era stato un vecchio paralitico, che gli lesinava il cibo e lo batteva con l'unico braccio riinasto . vivo. E pensare, aggiunse tentennando il capo, che per assisterlo aveva persino rinunziato a. prender moglie: una biava donna in cui s'era finalmente imbattuto, avendo sempre ignorato l'amore cosa fosse ! IL vecchio era crudele. Teneva un grande parco tutto per sè, non sapendo che farsene, e non permettendo che >i giocasse neppure un bambino. Riguardava intanto, dalla finestra, il piccolo Adolfo intento al suo pallone variopinto ; e insieme al bimbo, una dopo l'altra, le aiuole investite dalla luce calda. Gli occhi verdi parevano specchiare l'erba dei prati. Nel1 erba doveva sentirsi felice, Paolo Guarnieri, come gli scarabei a cui assomigliava. — Vi eravate affezionato, malgrado tutto, al paralitico? — Non a lui. Al giardino. Compresi la sua malinconia. Piante e fiori occorrevano, ormai, alla sua vita d'insetto. Per questo, solo per questo aveva persino accettato d'abitare nella casa d'un infermo che lo affamava e lo batteva! Nella casa mia, per quanto trattato beie, egli avrebbe forse sofferto della vista d'un giardino inaccessibile. Tentai di confortarlo ripetendogli che la vicina, buona come era. gli avrebbe certo consentito di lavorarne la terra nelle ore libere. Ma poi, in fondo, questa terra coltivata non era nostra, anche se guardata soltanto, dalla e e o a e r n e o a , a finestra, liberi compravamo di vederla, d'odorarla, d'ascoltarla? Gli dissi, ancora, che se il giardino era chiuso, la mia libreria era aperta. Non s'era dunque dichiarato contento di servire uno scrittore? E i libri non sono forse il giardino dell'anima? ' Non pareva convinto; e gli occhi verdi prendevano pur sempre la direzione di quei prati, nel cui colore parevano specchiarsi. Nè toccò un libro: ma avendo letto in un giornale un mio scritto in cui si parlava di rose, e che io gli avevo lasciato apposta spiegato sopra un tavolo, non mancò di farmi qualche appunto, sempre con quella sua finezza, circa alcune imprecisioni in cui era incorsa la mia scarsa competenza orticola. Un po' distratto, però, l'ascoltai, poiché la Signora Clelia era apparsa nel viale, e al fianco le stava quell'odioso cugino dalle lenti azzurre. Presero per un viottolo ; e di lì sino a un banco di pietra, che appena intravvedevo nelle ore di sole, e, che adesso l'ombra mi nascondeva. Volendo spiare la vicina, rimasi a conversare col domestico, prolungando il discorso con domande oziose : — Avete lasciato il Collegio delle Fanciulle. Eppure il giardino esiste ancora. Vi hanno dunque licenziato? Arrossendo, mi spiegò. Un giovine, dal sottotetto d'una casa vicina, aveva lanciato nel parco del Convitto dei versi d'amore legati a un sasso ; e siccome egli non se n'era accorto, l'avevano ritenuto responsabile. Ma che sapeva, lui, di lettere d'amore? 1 giardinieri non si occupano che di fiori e di foglie. — E Casa Perego? Si commosso rievocandola. Nel giardino dei Perego, sotto i pergoli settecenteschi illuminati alla veneziana, avevano ricevuto una sera il Principe Umberto. E i tè di beneficenza nel giardino dei Durini! E le feste notturne in quello dei Crivelli? E quello di via Guastalla, che adesso ave vano aperto al pubblico ; quello della Casa Rossa in via Princip: Umberto; quello dei Sorniani coi gnomi di terracotta nascosti sotto i bossi? La pianta s'era presa nella pietra, e i nanerotto li avevano messo rametti dal era nio, dalle palme, dalle narici ! Ricordava tutto minuziosamente esaltandosi, intenerendosi. Ri cordava il parco di Casa Cicogna, con la vasca dietro i salici, e il boschetto di lillà, e l'altalena su cui s'erano dondolati, fanciulli, i Conte Carlo e il Conte Mario; < il giardino dei Besozzi, là in fondo a via dell'Annunciata, quando ancora lo fiancheggiavano, strambo scenario da melodram ma, le tre casette dell'anno mille, e la notte, se aprivano le finestre, entravano nel salotto le farfalle celestine dei frassini, intanto che il mastro Failoni suonava i Papillonn di Schumann..< — Vi piace la musica? Mi. rammentò la famiglia di liutai da cui discendeva. In Casa Sola tenevano, dei Guarnieri. E la sua ambizione, quando aveva finito di lavorare nel parco, era di fermarsi a contemplare la teca dov'erano racchiusi i quattro violini del suo antenato. — Avete servito anche dai Sola? Spiegò d'esserci rimasto finché era rimasto il giardino. Oh, la bella casa, piena di luce verde ! Anche i violini, misteriosamente, avvertivano le stagioni : e ad ogni ritorno della primavera si sentivano fremere le corde, dentro la vetrina sigillata, come se avessero radici, e come se il vento riuscisse a raggiungerle. Poi tre delle quattro Contessine presero marito, anche il giardino andòi disperso ; e adesso l'ultima figliola, No, ,, quando si fa buio, siede con la Mamma nell'ultimo boschetto superstite, muta e cogli occhi in cielo, a veder fuggire le cingallegre che non trovano più gli alberi d'una volta... — Basta — lo interruppi, infastidito di non veder ricomparire dal viottolo oscuro la Signora Clelia e il cugino entomologo. — Non bisogna poi rimpiangerli troppo, questi alberi che non ci danno neppure ascolto. Ritornò, mortificato, all'interrotta lettura del giornale; ma, subito, se ne riscosse. Era annunziata, fra gli avvisi funebri, la morte di quel paralitico che era stato l'ultimo suo padrone. Mi domandò il permesso d'andarlo a trovare in cimitero. Poiché avevo anch'io qualche tomba da visitare, l'accompagnai. Incredibile, veramente, era questa sua fedeltà alla memoria d'un uomo che gli aveva reso la vita un inferno, nutrendolo cogli odori delle piante e cogli avanzi delle pentole. Sulla sepoltura del vecchio ivevano seminato, provvisoriamente, delle viole del pensiero ; e Paolo Guarnieri s'inchinò a tastarne qualcuna che avvizziva ai margini, a tentare di raddrizzarla, di ravvivarla con quelle sue mani diafane e pulite. Poi si segnò. Poi mi spiegò come avvenga la fioritura delle viole. Dei fiori, sapeva tutto. Sapeva persino come si congiungano, fiori maschi e fiori femmine: lui, così casto; lui che non s'era neppure ammogliato, per coltivare un giardino e assistere un infermo, avendo sempre ignorato l'amore co6a fosse ! A poco a poco le allee del camposanto, in cui le primule spuntavano e già accennava qualche rosa, lo straniarono del tutto. Aveva dimenticato morti e vivi. Rise, persino, d'un uccellino che gli era parso ci tenesse dietro fra le croci. Ai giardinieri, diceva, i pettirossi fanno sempre compagnia. , Tornammo ch'era il crepuscolo; e l'ultimo sole mi scoprì, balenanti tra il fogliame, due occhiali ateurri dimenticati 6U un banco di pietra. Spinsi gli occhi sino alla finestra della Signora Clelia: quella finestra ch'io mi ero già piccato di raggiungere, un giorno, superando un caucel- letto ria clown, e fra le cui tendine accostate vedevo ora passare e ripassare, con un'espressione che non lasciava dubbio, un'odiosa faccia biondastra. Furente, richiamai il domestico, Mi sentivo irritato anche con lui. Gli dissi che non doveva più sperare di scendere in giardino, a lavorare i giacinti per la nostra «vicina. Glie lo avevo promesso: è vero. Ma ora molte cose erano cambiate. Si contentasse di guardarlo, il giardino, come avevo sempre fatto io. L'uomo non mi rispondeva. Ma che stringeva, dunque, fra le mani imbarazzate? Era un pallone verde e rosso: la palla del piccolo Adolfo, che giocando ci era entrata in casa dalle imposte aperte. Avrebbe voluto andar £Ìù a restituirla. No, gli risposi: basterà buttarla giù dalla finestra. Fui crudele. Forse egli mi sentì crudele, a quel punto, più del vecchio paralitico che lo bastonava con l'unico braccio vivo. Non avevo io capito, dunque, ch'egli aveva bisogno di calpestare della terra molle, di toccare delle foglie vive? In ve rita, egli non poteva farne a meno. Primavera era giunta, il giardino era in succhio; l'erba, invisibile ancora qualche giorno prima, appariva chiara e lieve come i capelli d'un bambino. L'uomo, benché già curvo e canuto, era in rigoglio come le zolle ; anche lu; fremeva, protesi i tendini al- polline nuovo, come i violini costruiti dall'antenato. Ma io non vidi il suo dolore. Cioè me ne avvidi, ma non me ne curai, intento solo alla mia gelosia. E quel mio rifiuto parve invecchiarlo, subitamente, di vent'anni. Vuoti mi apparivano gli occhi verdi, come aiuole abbandonate ; e dentro l'abito nero, il msgro corpo non era più che il seccume d'uno scarabeo intirizzito. Il giorno dopo, educatamente, si congedò. Non mi disse per chi mi avrebbe lasciato; nè io glie lo domandai. Seppi, 6olo più tardi, che s'era impiegato come giardiniere al cimitero. Marco Rampertì II giardino chiuso II giardino chiuso fiiiiiiniH'Avevo cercato una cameriera, e s'era presentato un domestico. Letto l'annunzio nel giornale, e saputo ch'ero uno scrittore, si dichiarava contento di servirmi. — La mia professione vi piace? Mi confessò che gli era piaciuto, soprattutto, di servire in una casa con giardino. Non era mai stato in caso con giardino. Non mi dieso quanti anui avesse, e non mi riuscì d'indovinarli. Era uno di quei magri uomini senza età: pareva, nell'ombra, curvo e canuto, ma contro luce gli occhi, verdi di colore, scoprivano una strana suscettibilità : e anche ie mani erano belle. Si chiamava Paolo Guarnieri, era figlio e ni: potè di giardinieri ; ma" i suoi antenati erano stati liutai: i famosi liutai di cui portava il nome. Purtroppo, il giardino che l'aveva attirato al mio servizio non era mio ; e come glie lo dissi, un'ombra passò su quel suo vÌ60 d'indefinibile età, parendolo invecchiare. Sì: la mia casa era a terreno ; ma il parco adiacente apparteneva alla Signora Clelia, vedova con un figliolo, che in quel momento era apparsa dallo scuro d'un folto entro la chiara luce d'aprile, per sorvegliare i giochi del suo piccino, .— Adolfo ! — chiamò la bella vicina. E il bimbo le corse incontro, offrendole una palla dagli spicchi verdi e rossi. Li vedemmo camminare insieme, rapiti nell'erba tenera e nei primi germogli, gino a che li perdemmo di vista. Un'invidia, sfumata però di tenerezza, era passata negli occhi del mio nuovo sorvitore. — La Signora Clelia ha già il suo uomo di fatica; però sono certo che vi permetterà di scen dorè in giardino ;i. dargli una mano, s'è proprio un lavoro che vi piace. Se ne andò alle sue faccende, senza aggiungere parola. Io salutai la bella signora, che pareva quel giorno trasfigurata dalla primavera, e che prese a sorridermi coma d'uso. La contendevo da qualche tempo a un suo cugino, dottore in scienze naturali, che frequentava il giardino con la scusa di certi 6tudi entomologici, e. la cui faccia bionda, aggravata da due lenti azzurre, cominciava a darmi ombra. — Ho trovato un domestico, Signora Clelia; e quindi, d'ora m avanti, sarò sorvegliato. Dovrò farvi la corte con prudenza... Indugiammo, più del solito. Il primo sole aveva messo una luce nuova anche nella veste, nella pelle, nello sguardo dolla vicina. E come rideva nel sentirmi ri, parlare d'un mio progetto di rapiménto ! Sarebbe stato oosì facile I Ecco: un breve salto dalla mia finestra nel molle d'uno sterrato ; poi costeggiare la serra, e infine il, vialetto dei giacinti. Una volta nel viale, poi, per giungere alla finestra di lei, «on c'era che spingere un cancelletto da clown... Mezz'ora buona restammo là, ciarlando e ridendo, sino che Adolfo chiamò la mamma, ed io tornai sulle tracce del mio ca meriere. Lo trovai che puliva una teiera, col gesto minuzioso di chi monda un rosaio. Forse la maiolica gli era piaciuta, perchè figurava un boschetto giapponese. In verità, gradivo molto quelle sue maniere. E quel mutismo ; quelle mani diafane, dalla pelb tirata sull'ossa ; quella magrezza di scarabeo, stretta nell'impeccabile vestito nero, e non certo priva di distinzione. Tratto tratto, sempre taciturno, si voltava al giardino intravisto dai vetri ; e a quella serra, a quei giacinti già soffusi di turchino. Teneva dietro anche a; pappi svolanti. Il ronzìo d'un bombice lo incantò. -— Fra dieci giorni — disse finalmente — sarà tutto fiorito. La terra è buona. Me ne intendo. Giardiniere e figlio di giardinieri, era cresciuto, fanciullo, nel parco di CasS Cicogna. Poi aveva servito, sempre con le stesse mansioni, in Casa Varisco, in Casa Benni, in Casa Crivelli. Dai Perego, in via Borgonuovo, era stato c/nque anni ; e altrettanti al Collegio Reale delle Fanciulle, in via della Passione. Se li aveva lasciati, non tra colpa sua. Questi giardini milanesi, non si sa perchè, scompaiono l'uno dopo l'altro. Un'espressione desolata si diffuse, in così dire, nella scarna faccia senza età. L'ultimo padrone, prima di venire da me, era stato un vecchio paralitico, che gli lesinava il cibo e lo batteva con l'unico braccio riinasto . vivo. E pensare, aggiunse tentennando il capo, che per assisterlo aveva persino rinunziato a. prender moglie: una biava donna in cui s'era finalmente imbattuto, avendo sempre ignorato l'amore cosa fosse ! IL vecchio era crudele. Teneva un grande parco tutto per sè, non sapendo che farsene, e non permettendo che >i giocasse neppure un bambino. Riguardava intanto, dalla finestra, il piccolo Adolfo intento al suo pallone variopinto ; e insieme al bimbo, una dopo l'altra, le aiuole investite dalla luce calda. Gli occhi verdi parevano specchiare l'erba dei prati. Nel1 erba doveva sentirsi felice, Paolo Guarnieri, come gli scarabei a cui assomigliava. — Vi eravate affezionato, malgrado tutto, al paralitico? — Non a lui. Al giardino. Compresi la sua malinconia. Piante e fiori occorrevano, ormai, alla sua vita d'insetto. Per questo, solo per questo aveva persino accettato d'abitare nella casa d'un infermo che lo affamava e lo batteva! Nella casa mia, per quanto trattato beie, egli avrebbe forse sofferto della vista d'un giardino inaccessibile. Tentai di confortarlo ripetendogli che la vicina, buona come era. gli avrebbe certo consentito di lavorarne la terra nelle ore libere. Ma poi, in fondo, questa terra coltivata non era nostra, anche se guardata soltanto, dalla e e o a e r n e o a , a finestra, liberi compravamo di vederla, d'odorarla, d'ascoltarla? Gli dissi, ancora, che se il giardino era chiuso, la mia libreria era aperta. Non s'era dunque dichiarato contento di servire uno scrittore? E i libri non sono forse il giardino dell'anima? ' Non pareva convinto; e gli occhi verdi prendevano pur sempre la direzione di quei prati, nel cui colore parevano specchiarsi. Nè toccò un libro: ma avendo letto in un giornale un mio scritto in cui si parlava di rose, e che io gli avevo lasciato apposta spiegato sopra un tavolo, non mancò di farmi qualche appunto, sempre con quella sua finezza, circa alcune imprecisioni in cui era incorsa la mia scarsa competenza orticola. Un po' distratto, però, l'ascoltai, poiché la Signora Clelia era apparsa nel viale, e al fianco le stava quell'odioso cugino dalle lenti azzurre. Presero per un viottolo ; e di lì sino a un banco di pietra, che appena intravvedevo nelle ore di sole, e, che adesso l'ombra mi nascondeva. Volendo spiare la vicina, rimasi a conversare col domestico, prolungando il discorso con domande oziose : — Avete lasciato il Collegio delle Fanciulle. Eppure il giardino esiste ancora. Vi hanno dunque licenziato? Arrossendo, mi spiegò. Un giovine, dal sottotetto d'una casa vicina, aveva lanciato nel parco del Convitto dei versi d'amore legati a un sasso ; e siccome egli non se n'era accorto, l'avevano ritenuto responsabile. Ma che sapeva, lui, di lettere d'amore? 1 giardinieri non si occupano che di fiori e di foglie. — E Casa Perego? Si commosso rievocandola. Nel giardino dei Perego, sotto i pergoli settecenteschi illuminati alla veneziana, avevano ricevuto una sera il Principe Umberto. E i tè di beneficenza nel giardino dei Durini! E le feste notturne in quello dei Crivelli? E quello di via Guastalla, che adesso ave vano aperto al pubblico ; quello della Casa Rossa in via Princip: Umberto; quello dei Sorniani coi gnomi di terracotta nascosti sotto i bossi? La pianta s'era presa nella pietra, e i nanerotto li avevano messo rametti dal era nio, dalle palme, dalle narici ! Ricordava tutto minuziosamente esaltandosi, intenerendosi. Ri cordava il parco di Casa Cicogna, con la vasca dietro i salici, e il boschetto di lillà, e l'altalena su cui s'erano dondolati, fanciulli, i Conte Carlo e il Conte Mario; < il giardino dei Besozzi, là in fondo a via dell'Annunciata, quando ancora lo fiancheggiavano, strambo scenario da melodram ma, le tre casette dell'anno mille, e la notte, se aprivano le finestre, entravano nel salotto le farfalle celestine dei frassini, intanto che il mastro Failoni suonava i Papillonn di Schumann..< — Vi piace la musica? Mi. rammentò la famiglia di liutai da cui discendeva. In Casa Sola tenevano, dei Guarnieri. E la sua ambizione, quando aveva finito di lavorare nel parco, era di fermarsi a contemplare la teca dov'erano racchiusi i quattro violini del suo antenato. — Avete servito anche dai Sola? Spiegò d'esserci rimasto finché era rimasto il giardino. Oh, la bella casa, piena di luce verde ! Anche i violini, misteriosamente, avvertivano le stagioni : e ad ogni ritorno della primavera si sentivano fremere le corde, dentro la vetrina sigillata, come se avessero radici, e come se il vento riuscisse a raggiungerle. Poi tre delle quattro Contessine presero marito, anche il giardino andòi disperso ; e adesso l'ultima figliola, No, ,, quando si fa buio, siede con la Mamma nell'ultimo boschetto superstite, muta e cogli occhi in cielo, a veder fuggire le cingallegre che non trovano più gli alberi d'una volta... — Basta — lo interruppi, infastidito di non veder ricomparire dal viottolo oscuro la Signora Clelia e il cugino entomologo. — Non bisogna poi rimpiangerli troppo, questi alberi che non ci danno neppure ascolto. Ritornò, mortificato, all'interrotta lettura del giornale; ma, subito, se ne riscosse. Era annunziata, fra gli avvisi funebri, la morte di quel paralitico che era stato l'ultimo suo padrone. Mi domandò il permesso d'andarlo a trovare in cimitero. Poiché avevo anch'io qualche tomba da visitare, l'accompagnai. Incredibile, veramente, era questa sua fedeltà alla memoria d'un uomo che gli aveva reso la vita un inferno, nutrendolo cogli odori delle piante e cogli avanzi delle pentole. Sulla sepoltura del vecchio ivevano seminato, provvisoriamente, delle viole del pensiero ; e Paolo Guarnieri s'inchinò a tastarne qualcuna che avvizziva ai margini, a tentare di raddrizzarla, di ravvivarla con quelle sue mani diafane e pulite. Poi si segnò. Poi mi spiegò come avvenga la fioritura delle viole. Dei fiori, sapeva tutto. Sapeva persino come si congiungano, fiori maschi e fiori femmine: lui, così casto; lui che non s'era neppure ammogliato, per coltivare un giardino e assistere un infermo, avendo sempre ignorato l'amore co6a fosse ! A poco a poco le allee del camposanto, in cui le primule spuntavano e già accennava qualche rosa, lo straniarono del tutto. Aveva dimenticato morti e vivi. Rise, persino, d'un uccellino che gli era parso ci tenesse dietro fra le croci. Ai giardinieri, diceva, i pettirossi fanno sempre compagnia. , Tornammo ch'era il crepuscolo; e l'ultimo sole mi scoprì, balenanti tra il fogliame, due occhiali ateurri dimenticati 6U un banco di pietra. Spinsi gli occhi sino alla finestra della Signora Clelia: quella finestra ch'io mi ero già piccato di raggiungere, un giorno, superando un caucel- letto ria clown, e fra le cui tendine accostate vedevo ora passare e ripassare, con un'espressione che non lasciava dubbio, un'odiosa faccia biondastra. Furente, richiamai il domestico, Mi sentivo irritato anche con lui. Gli dissi che non doveva più sperare di scendere in giardino, a lavorare i giacinti per la nostra «vicina. Glie lo avevo promesso: è vero. Ma ora molte cose erano cambiate. Si contentasse di guardarlo, il giardino, come avevo sempre fatto io. L'uomo non mi rispondeva. Ma che stringeva, dunque, fra le mani imbarazzate? Era un pallone verde e rosso: la palla del piccolo Adolfo, che giocando ci era entrata in casa dalle imposte aperte. Avrebbe voluto andar £Ìù a restituirla. No, gli risposi: basterà buttarla giù dalla finestra. Fui crudele. Forse egli mi sentì crudele, a quel punto, più del vecchio paralitico che lo bastonava con l'unico braccio vivo. Non avevo io capito, dunque, ch'egli aveva bisogno di calpestare della terra molle, di toccare delle foglie vive? In ve rita, egli non poteva farne a meno. Primavera era giunta, il giardino era in succhio; l'erba, invisibile ancora qualche giorno prima, appariva chiara e lieve come i capelli d'un bambino. L'uomo, benché già curvo e canuto, era in rigoglio come le zolle ; anche lu; fremeva, protesi i tendini al- polline nuovo, come i violini costruiti dall'antenato. Ma io non vidi il suo dolore. Cioè me ne avvidi, ma non me ne curai, intento solo alla mia gelosia. E quel mio rifiuto parve invecchiarlo, subitamente, di vent'anni. Vuoti mi apparivano gli occhi verdi, come aiuole abbandonate ; e dentro l'abito nero, il msgro corpo non era più che il seccume d'uno scarabeo intirizzito. Il giorno dopo, educatamente, si congedò. Non mi disse per chi mi avrebbe lasciato; nè io glie lo domandai. Seppi, 6olo più tardi, che s'era impiegato come giardiniere al cimitero. Marco Rampertì II giardino chiuso II giardino chiuso fiiiiiiniH'Avevo cercato una cameriera, e s'era presentato un domestico. Letto l'annunzio nel giornale, e saputo ch'ero uno scrittore, si dichiarava contento di servirmi. — La mia professione vi piace? Mi confessò che gli era piaciuto, soprattutto, di servire in una casa con giardino. Non era mai stato in caso con giardino. Non mi dieso quanti anui avesse, e non mi riuscì d'indovinarli. Era uno di quei magri uomini senza età: pareva, nell'ombra, curvo e canuto, ma contro luce gli occhi, verdi di colore, scoprivano una strana suscettibilità : e anche ie mani erano belle. Si chiamava Paolo Guarnieri, era figlio e ni: potè di giardinieri ; ma" i suoi antenati erano stati liutai: i famosi liutai di cui portava il nome. Purtroppo, il giardino che l'aveva attirato al mio servizio non era mio ; e come glie lo dissi, un'ombra passò su quel suo vÌ60 d'indefinibile età, parendolo invecchiare. Sì: la mia casa era a terreno ; ma il parco adiacente apparteneva alla Signora Clelia, vedova con un figliolo, che in quel momento era apparsa dallo scuro d'un folto entro la chiara luce d'aprile, per sorvegliare i giochi del suo piccino, .— Adolfo ! — chiamò la bella vicina. E il bimbo le corse incontro, offrendole una palla dagli spicchi verdi e rossi. Li vedemmo camminare insieme, rapiti nell'erba tenera e nei primi germogli, gino a che li perdemmo di vista. Un'invidia, sfumata però di tenerezza, era passata negli occhi del mio nuovo sorvitore. — La Signora Clelia ha già il suo uomo di fatica; però sono certo che vi permetterà di scen dorè in giardino ;i. dargli una mano, s'è proprio un lavoro che vi piace. Se ne andò alle sue faccende, senza aggiungere parola. Io salutai la bella signora, che pareva quel giorno trasfigurata dalla primavera, e che prese a sorridermi coma d'uso. La contendevo da qualche tempo a un suo cugino, dottore in scienze naturali, che frequentava il giardino con la scusa di certi 6tudi entomologici, e. la cui faccia bionda, aggravata da due lenti azzurre, cominciava a darmi ombra. — Ho trovato un domestico, Signora Clelia; e quindi, d'ora m avanti, sarò sorvegliato. Dovrò farvi la corte con prudenza... Indugiammo, più del solito. Il primo sole aveva messo una luce nuova anche nella veste, nella pelle, nello sguardo dolla vicina. E come rideva nel sentirmi ri, parlare d'un mio progetto di rapiménto ! Sarebbe stato oosì facile I Ecco: un breve salto dalla mia finestra nel molle d'uno sterrato ; poi costeggiare la serra, e infine il, vialetto dei giacinti. Una volta nel viale, poi, per giungere alla finestra di lei, «on c'era che spingere un cancelletto da clown... Mezz'ora buona restammo là, ciarlando e ridendo, sino che Adolfo chiamò la mamma, ed io tornai sulle tracce del mio ca meriere. Lo trovai che puliva una teiera, col gesto minuzioso di chi monda un rosaio. Forse la maiolica gli era piaciuta, perchè figurava un boschetto giapponese. In verità, gradivo molto quelle sue maniere. E quel mutismo ; quelle mani diafane, dalla pelb tirata sull'ossa ; quella magrezza di scarabeo, stretta nell'impeccabile vestito nero, e non certo priva di distinzione. Tratto tratto, sempre taciturno, si voltava al giardino intravisto dai vetri ; e a quella serra, a quei giacinti già soffusi di turchino. Teneva dietro anche a; pappi svolanti. Il ronzìo d'un bombice lo incantò. -— Fra dieci giorni — disse finalmente — sarà tutto fiorito. La terra è buona. Me ne intendo. Giardiniere e figlio di giardinieri, era cresciuto, fanciullo, nel parco di CasS Cicogna. Poi aveva servito, sempre con le stesse mansioni, in Casa Varisco, in Casa Benni, in Casa Crivelli. Dai Perego, in via Borgonuovo, era stato c/nque anni ; e altrettanti al Collegio Reale delle Fanciulle, in via della Passione. Se li aveva lasciati, non tra colpa sua. Questi giardini milanesi, non si sa perchè, scompaiono l'uno dopo l'altro. Un'espressione desolata si diffuse, in così dire, nella scarna faccia senza età. L'ultimo padrone, prima di venire da me, era stato un vecchio paralitico, che gli lesinava il cibo e lo batteva con l'unico braccio riinasto . vivo. E pensare, aggiunse tentennando il capo, che per assisterlo aveva persino rinunziato a. prender moglie: una biava donna in cui s'era finalmente imbattuto, avendo sempre ignorato l'amore cosa fosse ! IL vecchio era crudele. Teneva un grande parco tutto per sè, non sapendo che farsene, e non permettendo che >i giocasse neppure un bambino. Riguardava intanto, dalla finestra, il piccolo Adolfo intento al suo pallone variopinto ; e insieme al bimbo, una dopo l'altra, le aiuole investite dalla luce calda. Gli occhi verdi parevano specchiare l'erba dei prati. Nel1 erba doveva sentirsi felice, Paolo Guarnieri, come gli scarabei a cui assomigliava. — Vi eravate affezionato, malgrado tutto, al paralitico? — Non a lui. Al giardino. Compresi la sua malinconia. Piante e fiori occorrevano, ormai, alla sua vita d'insetto. Per questo, solo per questo aveva persino accettato d'abitare nella casa d'un infermo che lo affamava e lo batteva! Nella casa mia, per quanto trattato beie, egli avrebbe forse sofferto della vista d'un giardino inaccessibile. Tentai di confortarlo ripetendogli che la vicina, buona come era. gli avrebbe certo consentito di lavorarne la terra nelle ore libere. Ma poi, in fondo, questa terra coltivata non era nostra, anche se guardata soltanto, dalla e e o a e r n e o a , a finestra, liberi compravamo di vederla, d'odorarla, d'ascoltarla? Gli dissi, ancora, che se il giardino era chiuso, la mia libreria era aperta. Non s'era dunque dichiarato contento di servire uno scrittore? E i libri non sono forse il giardino dell'anima? ' Non pareva convinto; e gli occhi verdi prendevano pur sempre la direzione di quei prati, nel cui colore parevano specchiarsi. Nè toccò un libro: ma avendo letto in un giornale un mio scritto in cui si parlava di rose, e che io gli avevo lasciato apposta spiegato sopra un tavolo, non mancò di farmi qualche appunto, sempre con quella sua finezza, circa alcune imprecisioni in cui era incorsa la mia scarsa competenza orticola. Un po' distratto, però, l'ascoltai, poiché la Signora Clelia era apparsa nel viale, e al fianco le stava quell'odioso cugino dalle lenti azzurre. Presero per un viottolo ; e di lì sino a un banco di pietra, che appena intravvedevo nelle ore di sole, e, che adesso l'ombra mi nascondeva. Volendo spiare la vicina, rimasi a conversare col domestico, prolungando il discorso con domande oziose : — Avete lasciato il Collegio delle Fanciulle. Eppure il giardino esiste ancora. Vi hanno dunque licenziato? Arrossendo, mi spiegò. Un giovine, dal sottotetto d'una casa vicina, aveva lanciato nel parco del Convitto dei versi d'amore legati a un sasso ; e siccome egli non se n'era accorto, l'avevano ritenuto responsabile. Ma che sapeva, lui, di lettere d'amore? 1 giardinieri non si occupano che di fiori e di foglie. — E Casa Perego? Si commosso rievocandola. Nel giardino dei Perego, sotto i pergoli settecenteschi illuminati alla veneziana, avevano ricevuto una sera il Principe Umberto. E i tè di beneficenza nel giardino dei Durini! E le feste notturne in quello dei Crivelli? E quello di via Guastalla, che adesso ave vano aperto al pubblico ; quello della Casa Rossa in via Princip: Umberto; quello dei Sorniani coi gnomi di terracotta nascosti sotto i bossi? La pianta s'era presa nella pietra, e i nanerotto li avevano messo rametti dal era nio, dalle palme, dalle narici ! Ricordava tutto minuziosamente esaltandosi, intenerendosi. Ri cordava il parco di Casa Cicogna, con la vasca dietro i salici, e il boschetto di lillà, e l'altalena su cui s'erano dondolati, fanciulli, i Conte Carlo e il Conte Mario; < il giardino dei Besozzi, là in fondo a via dell'Annunciata, quando ancora lo fiancheggiavano, strambo scenario da melodram ma, le tre casette dell'anno mille, e la notte, se aprivano le finestre, entravano nel salotto le farfalle celestine dei frassini, intanto che il mastro Failoni suonava i Papillonn di Schumann..< — Vi piace la musica? Mi. rammentò la famiglia di liutai da cui discendeva. In Casa Sola tenevano, dei Guarnieri. E la sua ambizione, quando aveva finito di lavorare nel parco, era di fermarsi a contemplare la teca dov'erano racchiusi i quattro violini del suo antenato. — Avete servito anche dai Sola? Spiegò d'esserci rimasto finché era rimasto il giardino. Oh, la bella casa, piena di luce verde ! Anche i violini, misteriosamente, avvertivano le stagioni : e ad ogni ritorno della primavera si sentivano fremere le corde, dentro la vetrina sigillata, come se avessero radici, e come se il vento riuscisse a raggiungerle. Poi tre delle quattro Contessine presero marito, anche il giardino andòi disperso ; e adesso l'ultima figliola, No, ,, quando si fa buio, siede con la Mamma nell'ultimo boschetto superstite, muta e cogli occhi in cielo, a veder fuggire le cingallegre che non trovano più gli alberi d'una volta... — Basta — lo interruppi, infastidito di non veder ricomparire dal viottolo oscuro la Signora Clelia e il cugino entomologo. — Non bisogna poi rimpiangerli troppo, questi alberi che non ci danno neppure ascolto. Ritornò, mortificato, all'interrotta lettura del giornale; ma, subito, se ne riscosse. Era annunziata, fra gli avvisi funebri, la morte di quel paralitico che era stato l'ultimo suo padrone. Mi domandò il permesso d'andarlo a trovare in cimitero. Poiché avevo anch'io qualche tomba da visitare, l'accompagnai. Incredibile, veramente, era questa sua fedeltà alla memoria d'un uomo che gli aveva reso la vita un inferno, nutrendolo cogli odori delle piante e cogli avanzi delle pentole. Sulla sepoltura del vecchio ivevano seminato, provvisoriamente, delle viole del pensiero ; e Paolo Guarnieri s'inchinò a tastarne qualcuna che avvizziva ai margini, a tentare di raddrizzarla, di ravvivarla con quelle sue mani diafane e pulite. Poi si segnò. Poi mi spiegò come avvenga la fioritura delle viole. Dei fiori, sapeva tutto. Sapeva persino come si congiungano, fiori maschi e fiori femmine: lui, così casto; lui che non s'era neppure ammogliato, per coltivare un giardino e assistere un infermo, avendo sempre ignorato l'amore co6a fosse ! A poco a poco le allee del camposanto, in cui le primule spuntavano e già accennava qualche rosa, lo straniarono del tutto. Aveva dimenticato morti e vivi. Rise, persino, d'un uccellino che gli era parso ci tenesse dietro fra le croci. Ai giardinieri, diceva, i pettirossi fanno sempre compagnia. , Tornammo ch'era il crepuscolo; e l'ultimo sole mi scoprì, balenanti tra il fogliame, due occhiali ateurri dimenticati 6U un banco di pietra. Spinsi gli occhi sino alla finestra della Signora Clelia: quella finestra ch'io mi ero già piccato di raggiungere, un giorno, superando un caucel- letto ria clown, e fra le cui tendine accostate vedevo ora passare e ripassare, con un'espressione che non lasciava dubbio, un'odiosa faccia biondastra. Furente, richiamai il domestico, Mi sentivo irritato anche con lui. Gli dissi che non doveva più sperare di scendere in giardino, a lavorare i giacinti per la nostra «vicina. Glie lo avevo promesso: è vero. Ma ora molte cose erano cambiate. Si contentasse di guardarlo, il giardino, come avevo sempre fatto io. L'uomo non mi rispondeva. Ma che stringeva, dunque, fra le mani imbarazzate? Era un pallone verde e rosso: la palla del piccolo Adolfo, che giocando ci era entrata in casa dalle imposte aperte. Avrebbe voluto andar £Ìù a restituirla. No, gli risposi: basterà buttarla giù dalla finestra. Fui crudele. Forse egli mi sentì crudele, a quel punto, più del vecchio paralitico che lo bastonava con l'unico braccio vivo. Non avevo io capito, dunque, ch'egli aveva bisogno di calpestare della terra molle, di toccare delle foglie vive? In ve rita, egli non poteva farne a meno. Primavera era giunta, il giardino era in succhio; l'erba, invisibile ancora qualche giorno prima, appariva chiara e lieve come i capelli d'un bambino. L'uomo, benché già curvo e canuto, era in rigoglio come le zolle ; anche lu; fremeva, protesi i tendini al- polline nuovo, come i violini costruiti dall'antenato. Ma io non vidi il suo dolore. Cioè me ne avvidi, ma non me ne curai, intento solo alla mia gelosia. E quel mio rifiuto parve invecchiarlo, subitamente, di vent'anni. Vuoti mi apparivano gli occhi verdi, come aiuole abbandonate ; e dentro l'abito nero, il msgro corpo non era più che il seccume d'uno scarabeo intirizzito. Il giorno dopo, educatamente, si congedò. Non mi disse per chi mi avrebbe lasciato; nè io glie lo domandai. Seppi, 6olo più tardi, che s'era impiegato come giardiniere al cimitero. Marco Rampertì