Il problema del male

Il problema del male / LA RELIGIONE DI KANT Il problema del male Il caso favorevole ha voluto che l'ampia, dotta e appassionata monografia, da Alfredo Pogiji dedicata e posta, a guisa di prefazione, alla prima traduzione dell'opera di Emanuele Kant sulla religione (La religione entro i limiti della sola ragione; Guanda edit.) fosse pubblicata, e venisse a mia conoscenza, proprio nel periodo ili cui il mio interesse di sempre a questi problemi si concretava in urla serie di scritti di argomento u teologico », pubblicati su questo giornale. Nel commento del Poggi all'opera kantiana sono trattate principalmente due questioni, che io,avevo lasciate quasi completamente da parte (almeno come trattazione esplicita) : il problema del male e il problema morale ; il completamento di cui mi viene oggi offerta l'occasione non potrebbe dunque tornare più opportuno. Cominciamo dal problema del male. La posizione del Kant 6U questo punto mi sembra possa dar luogo — ove. ne siano tratte conseguenze in essa a parer mio, implicite, -per quanto dal Kant, stesso non dedotte — ad una conclusione d'importanza decisiva, e di carattere nettamente demiurgico: alla conclusione, cioè, delVinesistenza di un problema del nude (notate, io non dico «inesistenza del male», dico inesistenza di un o problema del male», che è tutt'altra cosa). Vediamo dunque di affrontare, nel modo più semplice possibile, queste cose, d'importanza così grande, d'interesse così palpitante, per tutti gli uomini: e il Poggi, da quel ferratissimo kantiano che è, mi correggerà, se avrò errato nell'interpretazione del suo autore. Osserva il Poggi come — contrariamente alle asserzioni di critici, specialmente cattolici, i quali ne denunciarono » lo scarso senso religioso » — Kant sia stato durante tutta la sua vita preoc cupato dal problema di Dio: «Il suo affannarsi giunge alla conclusione agostiniano-pascaliana d'un Dio inenarrabili», d'un Dio véritablcment cache, ma tuttavia vivo in noi più che fuori di noi»; però, a differenza di Pascal, Kant pone a base della religione la ragione: «facoltà integrale dello spirito, la quale ci dà una fede chtè fonte dell'unica possibile prova di Dio: la prova morale». E' dunque, questa kantiana, una sfede, di ragione nell'esistenza di Dio, per cui l'uomo comprende il suo -posto nell'ordine universale ». Coerentemente a ciò, è facile capire di qual natura sia essenzialmente il Dio kantiano : « Sé Dio è, dal punto di vista teoretico, un simbolo, è poi, dal punto di vista pratico,la sintesi degli ideali morali, la personificazione del Buon principio, il giusto reggitore di quella Repubblica inorale, cui l'uomo teve tendere... Dio deve essere pensato, non come anima del mondo, ma soprattutto come Essere ideale, nostro signore e giudice». In questo quadro teologico, il problema del male è riconosciuto e posto dal Kant stesso nei seguenti termini: «Di tutte le difficoltà ohe si oppongono ad un accordo fra Dio buono e questa vita... nessuna ha maggior valore di quella che pone in rilievo l'ingiustizia dominante nel mondo » ; mondo ch'egli definisce, con sano e demiurgico realismo, « un confuso groviglio generale, prodotto come da pazzia o leggerezza infantile, o anche spesso da infantile malvagità». Ma poi aggiunge: «Sarebbe da disperare della vita e dell'universo, ove non si rivelasse, al disotto del disordine contingente, un provvidenziale immanente disegno regolare «.^Questa disarmonia, invero, è per Kant «una ombra per l'uomo di fede e per la ragione, la quale avverte la necessità che sia ricompensata la condotta morale, se non con la felicità, almeno con la giustizia». Riconoscimento, e impostazione, del problema del male, che è poi quella espressa dal Renan in poche scultoree parole : contraddizione di «un monde si mal gotiverné aree un Dica censé justet. ■ **# Così posto il problema del ma- lo, in che differisce la soluzione datane dal Kant da quella teologica tradizionale? Kant nega clie il male sia voluto, o permesso^ da Dio per punizione dei nostri peccati (visto ch'esso infierisce sul giusto più spesso che sull'iniquo), oppure perchè noit ci. acci illudiamo a questo mondo (secondo la suggestiva espressione di un teologo recentissimo, il Blondel) ; e così pure si -eleva contro quelle, scappatoie scolastiche, che vorrebbero farne una semplice illusione; «E' vano negare questa realtà con argomentazioni che offendono la sincerità: e questa posizione è convalidata dal suo ultimo esegeta, il Poggi, con eloquenti parole: Le argomentazioni che vorrebbero mostrarci il male come pre.. ■ visto neHa economia divina, come permesso, onde alla fine si risolva in un bene; oppure che vorrebbero persuaderci della sua non realtà, ci lasciano il cuore pieno di un amaro smarrimento... No, no! E' bestemmia contro l'Onnibenevolente credere ch'Egli abbia mandato a noi il male per piegarci ai suoi scopi... è bestemmia contro l'Onnipotente pensare ch'Egli non avesse altro mezzo per richiamarci a sè... no, è molto più umano e molto più rispettoso verso Dio pensare ch'Egli non abbia voluto il male, ma anzi abbia fatto l'uomo in modo che, se questi si volesse valere delle doti ricevute dal Creatore, non avrebbe il male... E allora? Allora, la chiave della posizione kantiana ci è data da queste ultime frasi del Poggi : solo che, a nostro avviso — e contro le dichiarazioni, per così dire, «ufficiali», del Kant stesso, e del Poggi — essa si risolve fatalmente in una negazione dell'onnipotenza di Dio. mmfepaalbelasucusal'atinche trddscndvcodcotedzifegtrleè rinmrvdri nli«gpsctvtdllnranlt(allnqdspttpddnibmq Il problema del male / LA RELIGIONE DI KANT Il problema del male Il caso favorevole ha voluto che l'ampia, dotta e appassionata monografia, da Alfredo Pogiji dedicata e posta, a guisa di prefazione, alla prima traduzione dell'opera di Emanuele Kant sulla religione (La religione entro i limiti della sola ragione; Guanda edit.) fosse pubblicata, e venisse a mia conoscenza, proprio nel periodo ili cui il mio interesse di sempre a questi problemi si concretava in urla serie di scritti di argomento u teologico », pubblicati su questo giornale. Nel commento del Poggi all'opera kantiana sono trattate principalmente due questioni, che io,avevo lasciate quasi completamente da parte (almeno come trattazione esplicita) : il problema del male e il problema morale ; il completamento di cui mi viene oggi offerta l'occasione non potrebbe dunque tornare più opportuno. Cominciamo dal problema del male. La posizione del Kant 6U questo punto mi sembra possa dar luogo — ove. ne siano tratte conseguenze in essa a parer mio, implicite, -per quanto dal Kant, stesso non dedotte — ad una conclusione d'importanza decisiva, e di carattere nettamente demiurgico: alla conclusione, cioè, delVinesistenza di un problema del nude (notate, io non dico «inesistenza del male», dico inesistenza di un o problema del male», che è tutt'altra cosa). Vediamo dunque di affrontare, nel modo più semplice possibile, queste cose, d'importanza così grande, d'interesse così palpitante, per tutti gli uomini: e il Poggi, da quel ferratissimo kantiano che è, mi correggerà, se avrò errato nell'interpretazione del suo autore. Osserva il Poggi come — contrariamente alle asserzioni di critici, specialmente cattolici, i quali ne denunciarono » lo scarso senso religioso » — Kant sia stato durante tutta la sua vita preoc cupato dal problema di Dio: «Il suo affannarsi giunge alla conclusione agostiniano-pascaliana d'un Dio inenarrabili», d'un Dio véritablcment cache, ma tuttavia vivo in noi più che fuori di noi»; però, a differenza di Pascal, Kant pone a base della religione la ragione: «facoltà integrale dello spirito, la quale ci dà una fede chtè fonte dell'unica possibile prova di Dio: la prova morale». E' dunque, questa kantiana, una sfede, di ragione nell'esistenza di Dio, per cui l'uomo comprende il suo -posto nell'ordine universale ». Coerentemente a ciò, è facile capire di qual natura sia essenzialmente il Dio kantiano : « Sé Dio è, dal punto di vista teoretico, un simbolo, è poi, dal punto di vista pratico,la sintesi degli ideali morali, la personificazione del Buon principio, il giusto reggitore di quella Repubblica inorale, cui l'uomo teve tendere... Dio deve essere pensato, non come anima del mondo, ma soprattutto come Essere ideale, nostro signore e giudice». In questo quadro teologico, il problema del male è riconosciuto e posto dal Kant stesso nei seguenti termini: «Di tutte le difficoltà ohe si oppongono ad un accordo fra Dio buono e questa vita... nessuna ha maggior valore di quella che pone in rilievo l'ingiustizia dominante nel mondo » ; mondo ch'egli definisce, con sano e demiurgico realismo, « un confuso groviglio generale, prodotto come da pazzia o leggerezza infantile, o anche spesso da infantile malvagità». Ma poi aggiunge: «Sarebbe da disperare della vita e dell'universo, ove non si rivelasse, al disotto del disordine contingente, un provvidenziale immanente disegno regolare «.^Questa disarmonia, invero, è per Kant «una ombra per l'uomo di fede e per la ragione, la quale avverte la necessità che sia ricompensata la condotta morale, se non con la felicità, almeno con la giustizia». Riconoscimento, e impostazione, del problema del male, che è poi quella espressa dal Renan in poche scultoree parole : contraddizione di «un monde si mal gotiverné aree un Dica censé justet. ■ **# Così posto il problema del ma- lo, in che differisce la soluzione datane dal Kant da quella teologica tradizionale? Kant nega clie il male sia voluto, o permesso^ da Dio per punizione dei nostri peccati (visto ch'esso infierisce sul giusto più spesso che sull'iniquo), oppure perchè noit ci. acci illudiamo a questo mondo (secondo la suggestiva espressione di un teologo recentissimo, il Blondel) ; e così pure si -eleva contro quelle, scappatoie scolastiche, che vorrebbero farne una semplice illusione; «E' vano negare questa realtà con argomentazioni che offendono la sincerità: e questa posizione è convalidata dal suo ultimo esegeta, il Poggi, con eloquenti parole: Le argomentazioni che vorrebbero mostrarci il male come pre.. ■ visto neHa economia divina, come permesso, onde alla fine si risolva in un bene; oppure che vorrebbero persuaderci della sua non realtà, ci lasciano il cuore pieno di un amaro smarrimento... No, no! E' bestemmia contro l'Onnibenevolente credere ch'Egli abbia mandato a noi il male per piegarci ai suoi scopi... è bestemmia contro l'Onnipotente pensare ch'Egli non avesse altro mezzo per richiamarci a sè... no, è molto più umano e molto più rispettoso verso Dio pensare ch'Egli non abbia voluto il male, ma anzi abbia fatto l'uomo in modo che, se questi si volesse valere delle doti ricevute dal Creatore, non avrebbe il male... E allora? Allora, la chiave della posizione kantiana ci è data da queste ultime frasi del Poggi : solo che, a nostro avviso — e contro le dichiarazioni, per così dire, «ufficiali», del Kant stesso, e del Poggi — essa si risolve fatalmente in una negazione dell'onnipotenza di Dio. mmfepaalbelasucusal'atinche trddscndvcodcotedzifegtrleè rinmrvdri nli«gpsctvtdllnranlt(allnqdspttpddnibmq Il problema del male / LA RELIGIONE DI KANT Il problema del male Il caso favorevole ha voluto che l'ampia, dotta e appassionata monografia, da Alfredo Pogiji dedicata e posta, a guisa di prefazione, alla prima traduzione dell'opera di Emanuele Kant sulla religione (La religione entro i limiti della sola ragione; Guanda edit.) fosse pubblicata, e venisse a mia conoscenza, proprio nel periodo ili cui il mio interesse di sempre a questi problemi si concretava in urla serie di scritti di argomento u teologico », pubblicati su questo giornale. Nel commento del Poggi all'opera kantiana sono trattate principalmente due questioni, che io,avevo lasciate quasi completamente da parte (almeno come trattazione esplicita) : il problema del male e il problema morale ; il completamento di cui mi viene oggi offerta l'occasione non potrebbe dunque tornare più opportuno. Cominciamo dal problema del male. La posizione del Kant 6U questo punto mi sembra possa dar luogo — ove. ne siano tratte conseguenze in essa a parer mio, implicite, -per quanto dal Kant, stesso non dedotte — ad una conclusione d'importanza decisiva, e di carattere nettamente demiurgico: alla conclusione, cioè, delVinesistenza di un problema del nude (notate, io non dico «inesistenza del male», dico inesistenza di un o problema del male», che è tutt'altra cosa). Vediamo dunque di affrontare, nel modo più semplice possibile, queste cose, d'importanza così grande, d'interesse così palpitante, per tutti gli uomini: e il Poggi, da quel ferratissimo kantiano che è, mi correggerà, se avrò errato nell'interpretazione del suo autore. Osserva il Poggi come — contrariamente alle asserzioni di critici, specialmente cattolici, i quali ne denunciarono » lo scarso senso religioso » — Kant sia stato durante tutta la sua vita preoc cupato dal problema di Dio: «Il suo affannarsi giunge alla conclusione agostiniano-pascaliana d'un Dio inenarrabili», d'un Dio véritablcment cache, ma tuttavia vivo in noi più che fuori di noi»; però, a differenza di Pascal, Kant pone a base della religione la ragione: «facoltà integrale dello spirito, la quale ci dà una fede chtè fonte dell'unica possibile prova di Dio: la prova morale». E' dunque, questa kantiana, una sfede, di ragione nell'esistenza di Dio, per cui l'uomo comprende il suo -posto nell'ordine universale ». Coerentemente a ciò, è facile capire di qual natura sia essenzialmente il Dio kantiano : « Sé Dio è, dal punto di vista teoretico, un simbolo, è poi, dal punto di vista pratico,la sintesi degli ideali morali, la personificazione del Buon principio, il giusto reggitore di quella Repubblica inorale, cui l'uomo teve tendere... Dio deve essere pensato, non come anima del mondo, ma soprattutto come Essere ideale, nostro signore e giudice». In questo quadro teologico, il problema del male è riconosciuto e posto dal Kant stesso nei seguenti termini: «Di tutte le difficoltà ohe si oppongono ad un accordo fra Dio buono e questa vita... nessuna ha maggior valore di quella che pone in rilievo l'ingiustizia dominante nel mondo » ; mondo ch'egli definisce, con sano e demiurgico realismo, « un confuso groviglio generale, prodotto come da pazzia o leggerezza infantile, o anche spesso da infantile malvagità». Ma poi aggiunge: «Sarebbe da disperare della vita e dell'universo, ove non si rivelasse, al disotto del disordine contingente, un provvidenziale immanente disegno regolare «.^Questa disarmonia, invero, è per Kant «una ombra per l'uomo di fede e per la ragione, la quale avverte la necessità che sia ricompensata la condotta morale, se non con la felicità, almeno con la giustizia». Riconoscimento, e impostazione, del problema del male, che è poi quella espressa dal Renan in poche scultoree parole : contraddizione di «un monde si mal gotiverné aree un Dica censé justet. ■ **# Così posto il problema del ma- lo, in che differisce la soluzione datane dal Kant da quella teologica tradizionale? Kant nega clie il male sia voluto, o permesso^ da Dio per punizione dei nostri peccati (visto ch'esso infierisce sul giusto più spesso che sull'iniquo), oppure perchè noit ci. acci illudiamo a questo mondo (secondo la suggestiva espressione di un teologo recentissimo, il Blondel) ; e così pure si -eleva contro quelle, scappatoie scolastiche, che vorrebbero farne una semplice illusione; «E' vano negare questa realtà con argomentazioni che offendono la sincerità: e questa posizione è convalidata dal suo ultimo esegeta, il Poggi, con eloquenti parole: Le argomentazioni che vorrebbero mostrarci il male come pre.. ■ visto neHa economia divina, come permesso, onde alla fine si risolva in un bene; oppure che vorrebbero persuaderci della sua non realtà, ci lasciano il cuore pieno di un amaro smarrimento... No, no! E' bestemmia contro l'Onnibenevolente credere ch'Egli abbia mandato a noi il male per piegarci ai suoi scopi... è bestemmia contro l'Onnipotente pensare ch'Egli non avesse altro mezzo per richiamarci a sè... no, è molto più umano e molto più rispettoso verso Dio pensare ch'Egli non abbia voluto il male, ma anzi abbia fatto l'uomo in modo che, se questi si volesse valere delle doti ricevute dal Creatore, non avrebbe il male... E allora? Allora, la chiave della posizione kantiana ci è data da queste ultime frasi del Poggi : solo che, a nostro avviso — e contro le dichiarazioni, per così dire, «ufficiali», del Kant stesso, e del Poggi — essa si risolve fatalmente in una negazione dell'onnipotenza di Dio. mmfepaalbelasucusal'atinche trddscndvcodcotedzifegtrleè rinmrvdri nli«gpsctvtdllnranlt(allnqdspttpddnibmq