MOLTO PER BENE di Mario Gromo

MOLTO PER BENE MOLTO PER BENE Maria gli si strinse al fianco, gli mormorò: — Lo sai che ancora non mi sono stancata, di guardare tutti i rubinetti che abbiamo! Guido l'approvò, teneramente. Anche quella sera, prima di coricarsi, stavano ammirando la loro bellissima oucina, il loro bellissimo stanzino da bagno ; e le piastrelle azzurre, e il pavimento a dadini bianchi e neri, veniva voglia di giocare a dama. Scendeva dal piano di sopra il gracchiare di una radio. Guido guardò l'orologio. Erano le undici meno tre. Stettero in attesa, in ascolto; e quando dal campanile della chiesa giunsero i primi rintocchi, la radio tacque. Guido ebbe un sorriso di trionfo: — Sono questi, i vicini che piacciono a me. Riguardosi, precisi: veri signori. Non una sera che alle undici e uno, undici e due, radio e pianoforti non tacessero. Tutto allora taceva, oltre le imponenti porte laccate, oltre gli imponenti muri massicci ; si udiva soltanto dell'ascensore lo spento fruscio ; e Guido e Maria lo ascoltavano con gratitudine, abbiamo anche noi l'ascensore. Da due mesi era quella la loro nuova casa ; e ancora quasi non ci credevano. Guido tornò a guardare, soddisfatto, il soffitto: — E' stucco, sai, stucco vero. 'Lui, di quelle co6e. se n'intendeva; e lei, sbattendo le palpebre, trepida gli rispose: — Sì. Pareva davvero un sogno, non più abitare in quella casaccia della periferia, ma in. un palazzo, e di un corso elegante, anche se le loro quattro finestre si aprivano sul cortile, che per due platani e sei cespugli era chiamato il giardino. Guido accarezzò una maniglia : — Ottone massiccio. — Sì. Avevano tanto esitato, di fronte a quelle cinquecento lire al mese di pigione ; e tratto tratto Guido aveva ancora dei dubbi, gli pareva di non aver fatto bene i suoi conti: — A proposito. Ci hai pensato, tu, alle mance? Maria lo guardò : — Che mance? — Di Natale. — Se siamo in giugno. E sorrideva ; ma Guido, sporgendo il mento,- severo: — Non c'è da ridere, non voglio mica avere delle sorprese. Trasse di tasca il taccuino : — Sai, qui è tutto diverso, non è come laggiù, dove bastavano due lire al portalettere e dieci alla portinaia. Maria, contrita, gli diede ragione, il silo Guido le pensava proprio tutte j e il suo Guido, aperto il taccuino, ne sfilava la matita copiativa: — Vediamo un po' gli straordinari. Erano gli imprevisti, da accollare alle fin troppo previste duemila lire, gratifica di fine d'anno; e gli straordinari, due impermeabili, già salivano a milleduecento. —; Facciamo cinquanta per la portinaia... — Cinquanta? ! — Ma siamo in corso Re Umberto, sai. Maria tacque, intimidita; e Guido inarcò le sopracciglia, come quando, in ufficio, si sentiva vice-capo-contabile : —_ Cinquanta alla portinaia, venti al postino, trenta di varie, mettiamo cento. E così, siamo a milletre. Per fortuna che ci ho pensato. — Sì. Giunsero, dal pianerottolo, scoppi soffocati di risa. Guido ammiccò : — Vengono dalla contessa. Maria azzardò che potevano essere gli amici dell'avvocato ; ma l'altro ebbe un cenno, come C,hi un po' conosce il gran mondo : —■ No no, vengono dalla contessa. Così, attutiti e lontani, giungevano loro sovente gli echi di quei tè e di quelle serate, dalla contessa o dall'avvocato, dall'ingegnere o dal generale. Udivano gli ospiti arrivare o andarsene ; e ne erano ammirati, e un po' orgogliosi. Soltanto i Mensio non ricevevano mai nessuno: una coppia di mezza età, senza figli, dall'eleganza molto vistosa. La portinaia diceva che non erano sposati, avevano comprato quell'alloggio da sei mesi, quando lui si era ritirato dagli affari, non si sapeva bene che affari fossero, o lo si sapeva fin troppo. Quante malignità, si sfogava Maria con Guido: e lui, con il sorrisino di chi la sa lunga: — E ti parevano troppe, cinquanta lire. Meglio non urtarla, quella buona lingua. Poi, tornando ai Mensio, diceva che a lui, invece, piacevano moltissimo, si vedeva che era gente molto per bene ; e alla mano, senza tante arie, al loro saluto rispondevano sempre tanto gentili. Tanto gentili che l'indomani, quando Guido rincasò a mezzogiorno, trovò la colazione non ancora pronta, e su di una sedia un gran mazzo di rose. Subito, un po' affannata, Maria gli disse: — Siamo invitati ! — Da chi? — Dai Mensio. E quando? — Stassera ! Aveva incontrato la signora, in ascensore ; ed era stata lei a parlare per prima, e la nostra bella sposina di qua, e la nostra bella sposina di là, dovevano proprio vedersi, passare qualche serata insieme. Erano così arrivate al loro piano, e quella era voluta uscire dall'ascensore, avrebbe poi fatto a piedi quelle due scale, per carità ; e non la finiva più di dirle che la trovava tanto carina, tanto simpatica, e che dovevano essere amiche. Era passata in quel momento la contessa, le aveva guardate stupita, e nemmeno aveva risposto al loro saluto. — E la signora? — Pareva imbarazzata ; io, non so se ho fatto male, le ho detto di non badare, a quella superbiona. Quasi mi abbracciava, tutta allegra; e io, sai, tanto per non tenerla lì sui due piedi, l'ho fatta entrare. Ho fatto male ? — Hai fatto benissimo. Voleva darle il vermuth, ma quella aveva invece voluto vedere tutta la loro casetta, trovando tutto bello, era così contenta, ogni tanto diceva beati voi, che aria serena si respira qui dentro... — Insomma, ci aspettano stassera. Io ho detto tanti no grazie, ma non ne ha voluto sapere; e dieci minuti dopo che se n'era andata, guarda, che cosa mi ha mandato. Alzava il fascio di rose, ne prendeva un cartoncino: — Com'è bello: sembra la reclàm di un profumo. Era infatti un cartoncino molto azzurro, vergato da una calligrafia molto acuminata. Cominciava con un Gentilistimn Amica; ripeteva l'invito anche a nome del marito ; e finiva con gli ossequi anche per il Signor Ragioniere. — Ci andiamo, sì? Guido 6Ì strinse nelle spalle: Perché no. Sono così gentili, mi sembrano molto per bene... Maria batteva le mani, contenta. Lui la guardò; e un po' diffidente le chiese: — Che vestito ti metti? Temeva che, dei due abiti, gli proponesse quello rosa a fiorellini bianchi. — Ma quello nero. Approvò, soddisfatto. Per sé, pensava alla giacca nera, ai calzoni a righe. E alle nove e mezza dell'afosa sera di giugno, lustri e agghindati, un po' funebri e un po' solenni, si accinsero a salire le due scale che li separavano dai Mensio. Guido suonò, tanto timidamente che gli parve di non aver suonato. Ma attese, con deferenza. Si aprì l'uscio di fronte, quello del generale. Il vecchio uscì, appena li squadrò, stupito di vederli dinanzi a quella soglia; ma subito scantonò, scendendo a piedi le scale, lui che prendeva sempre l'ascensore. — Hai visto? Per non salutarci -p- sussurrò Maria ; ma Guido scosse il capo, era superiore a quelle piccinerie; e ora tornava a premere il campanello, bellissimo, monumentale, il bottone offerto da una donnina di bronzo, i piccoli seni lucidi e un po' consunti, come per tante dita che vi' si fossero appoggiate. Giunse un gran abbaiare, dovevano avere cinque o sei cani, e tutti piccinini, di razza, una delle cameriere li portava a spasso due volte al giorno. Entrarono in una grande anticamera. Molti tappeti, dovevano essere persiani; e tutti stranamente consunti, dovevano essere antichi. In un angolo un gran lampadario di ferro battuto, sorretto da una donnina nuda, di bronzo ; un'altra donnina, di marmo, sorrideva a un'altra donnina, di alabastro; due enormi poltrone di pelle, dai bracciuoli molto consunti; e al centro della parete maggiore un gran quadro, doveva essere una Venere che esce dal bagno. — Che bello — mormorò Maria ; ma già la signora appariva, in un ampio chimono, rosa a fiorellini bianchi ; e la seguiva il marito, la nera barba a spazzola, il cranio a bozze lucenti. I nostri cari sposini di qua, i nostri cari sposini di là, furono avvolti da sorrisi e proteste, ma perché mai, con il caldo che faceva, si erano messi in gran gala. Li fecero entrare in un salotto, poi in un salone, dove c'erano altre donnine nude, di bronzo e di marmo ; e altre poltrone e altri tappeti, uguali a quelli dell'anticamera. C'erano anche parecchi portacenere a tripode, alti sul lungo stelo, come si vedono nei film e negli alberghi. Maria sbarrava tanto d'occhi, diceva di sì e di sì a ciò che le diceva la signora ; mentre il signor Mensio, ogni dieci parole, diceva a Guido signor ragioniere. Sì, facevano una vita molto appartata, molto tranquilla, da quando si • erano ritirati dagli affari. Molto gentilmente Guido chiese di quaji affari si fosse occupato il signore. L'altro lo guardò, guardò la moglie ; e tornò a ripetere affari, stringendosi nelle spalle con un lieve sorriso. Irruppe ringhiando un canino. La signora dovette suonare, raccomandarsi alla cameriera, che poi congedò con un a grazie teBoro«. Com'era affabile, con la servitù. Ora assai graziosa raccontava come quei cani fossero per lei cari ricordi, regali di sue vecchie amiche. Perché lei aveva sempre avuto qualche amica per casa, le piaceva avere vicino delle brave ragazze. I due pechinesi erano i ricordi di Yvonne e di Fanny, il bassotto di Dorv, e l'ultimo, quello che era entrato, di una razza straordinaria che ha un nome tanto difficile, gliel'aveva lasciato Yvette, ti ricordi di Yvette, povera Yvette, diceva al marito. — E' morta? — chiese Maria, compunta. Quella ebbe una larga risata: — No no, sta benone ; m'ha lasciato il cane quando... mio marito e io ci siamo ritirati dagli affari, dal lavoro ; e lei se n'è andata, ha dovuto andarsene, perché noi... chiudevamo casa, si liquidava, siamo poi venuti a star qui. Ma prendiamo un po' di sampàgn ? E con un largo, accaparrante sorriso per i due cari sposini, suonò, tre volte; e mentre un'altra cameriera entrava spingendo una specie di carrettino, imbandito di tante cose che luccicavano, Maria guardò Guido di sfuggita, il vero champagne non lo avevano mai assaggiato. Questo pizzicava un po' di più, e sapeva di gesso. Guido lo Uovo squisito, con un gesto da intenditore: che Maria ammirò, e cercò poi di ripetere. Fu la volta' dei dolci, poi dei gelati, poi dei liquori. Il signor Mensio aveva chiesto il permesso di togliersi la giacca, aveva costretto Guido a imitarlo, la signora strillava <■ diamine fra amici». Maria non aveva mai fumato, ma dovette accettare una grossa sigaretta dal bocchino dorato, e la guardava, un po' curiosa, come uno strano cioccolatino ; tossendo poi e ridendo, forse aveva un po' troppo bevuto. Guido credeva d'interessare il signor Mensio parlandogli delle esportazioni della S.C.A., presso la quale era vice-capo-contabile. Qualche zanzara cominciò a farsi sentire, la signora suonò ; e dicendo «stella» alla cameriera la pregò di portare il bruciaprofumi. Era un aggeggio orientale, con incisi strani disegni, che il signor Mensio, sorridendo, spiegò sottovoce a Guido; e anche Guido sorrise, guardando fumare l'esile zampirone. — Ti ricordi — disse la signora al marito — Me lo portò Yvonne da Algeri. Maria le chiese se, con le sue amiche, avesse molto viaggiato. Quella ebbe un'altra risata: — No no, non mi muovevo, io ; stavo sempre in casa, casa e lavoro, lavoro e casa. Le ragazze, le mie amiche, quelle, si capisce... Il signor Mensio intervenne: — Yvonne, ad Algeri, era andata in crociera. E si parlò del mare, degli ultimi film ; quando suonò mezzanotte tutti se ne stupirono. Guido e Maria non finivano di ringraziale ; e dopo che se ne furono andati la Mensio esclamò: — Saranno un po' noiosi, ma se sapessi che bene mi fa, un po' di gente pulita. • #*# L' indomani Guido rincasò scuro in volto. Maria lì per lì non se ne accorse, aveva ancora un sonno tremendo, la bocca amara. Anche Guido mangiò poco ; ma poi disse che non potevano permettersi il lusso dell'amicizia con i Mensio. Molto gentili, fin troppo, e gente molto per bene, d'accordo : ma lui non aveva la stoffa dello scroccone ; a quegli inviti avrebbe pur dovuto rispondere in qualche modo, contraccambiarli ; e come fare? Altro che straordinari. Quelli già avevano avuto dei chiari accenni, a qualche pranzetto, a qualche gita, teatri, cinematografi... Come fare? Non potevano mica dire sempre e soltanto grazie. Molto gentili, molto per bene, ma troppo ricchi. — E allora? — chiese Maria, un po' sbigottita. — E allora, mi spiace, ma se insisteranno bisognerà dire che abbiamo altri impegni, trovare delle scuse, mostrarci un po' freddi. Ti pare? — Sì. Guardò la mogliettina, pareva un po' imbronciata; ecco, cominciava ad accadere oiò che aveva temuto, andando ad abitare in una" casa troppo elegante. Ma pazienza. Sapeva che la sua donnina aveva la testa >a posto». Tutt'al più 'uii po' di amarezza, avrebbe cernuto di svagarla ,.ome poteva. Quei po' di amarezza durò a lungo. Era ùavvero una pena, rispondere asciutti o evasivi a quegli inviti, a quei saluti. Pareva loro di essere ingiusti, cattivi. E sovente ne parlavano, con lunghi sospiri ; come di cari amici, per sempre perduti. Maria ebbe la tentazione di dire tutto alla signora, all'insaputa Hi Guido; ma poi non osò. Guido ebbe la tentazione di spiegarsi cordialmente con il Mensio, alla insaputa di Maria : ma poi non osò. E quando li incontravano, quasi con tenerezza guardavano quei cinque o sei cagnolini, portati a spasso dalla cameriera. La Mensio non si dette tanto presto per vinta. Li credeva timidi, un po' scontrosi ; più quelli rifiutavano, più insisteva ; ma infine, quando le parve di aver capito, si indignò: — Pazienza la contessa, pazienza il generale, pazienza tutti gli altri ; ma che cosa credono di essere, quei due morti di fame? Il marito scrollò le spalle: — Te l'avevo detto: prendiamo una villa in riviera, là nessuno ci conosce. Dopo sei mesi, e con qualche biglietto da mille in beneficenza, tu oggi saresti, te lo dico io, una signora come tutte le altre. Mario Gromo

Luoghi citati: Algeri