"Il ritomo di Ulisse in Patria,,

"Il ritomo di Ulisse in Patria,, "Il ritomo di Ulisse in Patria,, di MONTEVERDI alla Pergola di Firenze à l o , a io al eena à E' ii O ) 8 5 0 4 6 8 2 6 6 3 (tu. nasuto .crruTC) Firenze, 25 maffgto. di Monteverdl Quest'opera?' La questione dell'attribuzione, frequente ambascia degli storici delle arti figurative, raramente preoccupa quelli dell'arte musicale. Eccone un caso: Il ritorno d'Ulisse in patria. Bisogna accennarvi almeno sommariamente, ora che la rapprssentazlono a Firenze nel riaccendere le dispute aggiunge alle studiose riflessioni 11 contributo dell'udizione. Le cose stanno cosi. A Vienna, nella Biblioteca di Corte, « sertata una partitura manoscritta, un prologo e tre atti. Intitolata II ritorno d'Ulisse in patria, priva d'ogni data e notizia del librettista e del musicista. Il testo del libretto stesso è quasi Identico a quello d'un manoscritto serbato a Venezia, intitolato aneli'esso il ritorno di Ulisse in patria, che risulta steso da Giacomo Badoaro per la musica di Claudio Monteverdl, da rappresentare al San Casslano nel 1641; ne differisce" nel prologo, nel numero degli atti, tre anziché cinque in qualche elemento scenico. Nessuna certezza, a prima vista, che Monteverdl sia l'autore della partitura viennese, nè che tale musica, in una sua prima stesura, sia stata rappresentata a Venezia. Donde 11 dubbio che l'opera di Vienna sia d'un musicista, il quale avrebbe- intonato, modificandolo, a libretto -scritto ]ìer Monteverdl. L'insigne storiografo - Ambros confrontò nel 1881 ti nella partitura é quel libretto, e, consideratane la comunanza, ricordato che Monteverdl aveva dedicato alla corte viennese un altro suo lavoro, notato che la copia viennése era stata custodita nella biblioteca di corte e rilegata con lo stemma reale, segno di distinzione, opinò che la musica (osse di Monteverdl. Le varianti sarebbero state suggerite dalle opportunità o necessità per la rappresentazione, o per l'omaggio, a Vienna. Il parere rtell'Ambros, che non riguardava lo stile e il valore dell'opera, subito accettato da alcuni studiosi, poi fortemente contestato, perchè superficiale, dal Vogel nel 1887, e stato accolto nell'ultimo cinquantennio dalla maggior parte degli storici, e dal revisori, lo Haas, Il Van den Borren, il Maliplero e 11 Dallaplccola. Recentemente Giacomo Benvenuti nel Gazzettino del 17 di questo maggio ha negato ogul credito all'attribuzione. Questo diniego procede dalle stesse obbiezioni del Vogel, e anche da conclusioni sul valore artistico dell'opera. Il valore mal parve altissimo, nè agli storici nè al saggiatori. Nel confronto con le superstiti opere del Monteverdl, due sole, purtroppo, l'Orfeo del 1607 e L'incoronazione di Poppea del 1643, Il ritomo sembrò a tutti minore, e l'abbiamo detto anche noi, dovunque ci avvenne di trattarne. Cosi dicendo, si considerava la cosa in sè, di chiunque fosse. E si ricordava d'altra parte che anche la pratica tea trale è una prepotente, spesso cattiva consigliera, che Monteverdl dovè comporre questa e un'altra opera nello stesso anno 1641, e che 11 libretto del Badoaro, è, non ostante 1 ritocchi, mediocrissimo. Difficile l'attribuire. I/esame stilistico non dispone di molti elementi teatrali. Mancano le precedenti opere veneziane di Monteverdl. Pochissimo si conosce di quelle contemporanee. Fuori del teatro, 1 documenti non scarseggiano. Da una parte diecine di madrigali, di canzoni, di cantate, e II combattimento di Tancredi e Clorinda, testimoniano la robusta, magnifica fecondità di Monteverdl, che culminò nell'Incoronazione, a settantaclnque anni. Dall'altra, tante sue pagine da camera e da chiesa, e parecchie dell'Incoronazione, mostrano che anche a lui avvenne di comporre svogllato e manierato. Inoltre si sa che modi di scrivere ed esprimere erano comuni al musicisti d'una stessa scuola, città, regione, e che quelli romani influirono su 1 veneziani. Aria di famiglia. Povertà declamatoria o melodica del recitativo, che la banalità del discorsi e del versi rendevano tedioso; frequenza, nel passi più drammatici, di futili canzonette, intiere o parziali; brevità e Inutilità di pezzi strumentali arieggi antl canzoni e danze; esiguità di pezzi corali; convenzionalità di persone sceniche, eccetera, si ritrovano spesso nel componimenti del terzo e quarto decennio del Seicento. Spiccano, s'Intende, sorprendono, ammirevoli, gli stessi e altri elementi, la melodia e l'armonia, quando la poesia e 11 dramma grandeggiano. E II ritorno? DI chiunque sia, qualunque ne sia la parentela e la derivazione, le pagine notevoli son poche nel confronto con le fiacche. Questa è la verità obbiettiva, e 11 nuovo studio proposto dalla occasione fiorentina la conferma. Certo 11 libretto è povero, stentata l'azione, scipito 11 dialogo, le astrazioni del prologo sono- oziose,, gli Del noiosi, e via dicendo. Torto del musicista d'averlo Intonato. Ne soffre le conseguen ze. Ma è Intuitivo che qualcosa di meglio avrebbe potuto tentare, con più penosi accenti di Penelope corteggiata dal Proci e fedele, con più vigorosi scatti del tormento di Ulisse, avversato dalla sorte,'protetto da Minerva, animoso lottatore, felice di ritrovare In patria la'sposa e 11 figlio Te lemaco, con più fresca grazia nel ca ratterlzzare Melante, l'ancella di Pe nelope, ed Eurlmaco. Innamorati, nel tipeggiare la «parte ridicola» di irò« 11 parassita goffo »• del Proci. E avrebbe potuto' curare la scorrevolezza e l'efficacia del recitativo secco, l'ampliamento e l'Intensità delle arie, evi tare tanti owll ritmi di canzonettecercar motivi, consoni alle scene, da svolgere nelle sinfonie, adonrare insomma tutti gli elementi musicali per realizzare dramma, e poesia. Se ne togli il monologo di -Penelope, ohe è addlcevole allo stato-d'anlmo. prima grave, sconsolato, poi sollevato da una lieve speranza, e sempre ansioso .nell'attesa, ed è Incontestabilmente un bepezzo; la scena del Proci, gareggiantcon l'arco di Ulisse, e della vittoria di Ulisse, che-è buona, nella, varietà dei caratteri e nella concitazione, benché nello «stile concitato », una delle grandi novità montévèrdlane del 1694non rechi alcunché di- particolarmente significativo; se ne togli qua • là accenti e frasi vivaci; tutta l'altra parte è debolo e debolissima.: Un'opera dunque di maniera, certamente detempo di Monteverdl 'e di Cavalli, e di scarso valore. Ciò risulta dall'esame dell'opera; che i musicisti possono ora leggere nell'edizione di Tutte le opere di Monteverdi, tomo XII, curata dal Maliplero e da lui stesso elaborata con tanta sobrietà e purezza nell'armonizzazione del basso continuo; poiché null'altro li-oca, IV manoscritto di .Vienna,-se nonlebce lapeccsocccrbtocsotigecdgdosascalcstuddstecMtasdmnlcvasnceecribmfpcmt o l i I e e o ole parti monodlche e 11 basso, oltre le brevissime sinfonie con 1 ritornelli per cinque strumenti, e 1 brevissimi cori, e gli strumenti erano, si sa, gli archi, la tiorba e il clavicembalo. Ma di questi pochi strumenti, che nel primo Seicento avevano una funzione e capacità assai limitata, non s'è accontentato 11 maestro Luigi Dalla piccola, nello svolgere e orchestrare la sommaria notazione antica. Anch'egli, come altri trascrittori di musiche secentesche, ha operato Uberamente, ricorrendo all'orchestra moderna. E, mirando all'esecuzione davanti al pubblico d'oggi, anch'egli s'è preoccupato di renderne facile e gradevole l'accoglienza. Cosi alle cure necessarie si sono aggiunte le preoccupazioni pratiche. Il che, l'abbiamo In casi analoghi avvertito, trasforma la sostanza e l'apparenza dell'opera d'arte agli occhi del pubblico, che non ha 11 dovere di considerare le cose nella loro Integrità, dovere che è di noi studiosi. Noi diclamo che li ritorno ci sembra-una opera di scarso valore perchè ne conosciamo 11 buono e 11 cattivo. Diverso, alquanto, esso può parere, se ne vien soppressa. almeno una quarta parte, e certamente la più brutta, come è qui avvenuto. Noi, avendo sotto gli occhi l'originalo, diciamo che la parte orchestrale, dall'armonia ai timbri, è scarna e povera. E gli ascoltatori sentono Invece -una orchestra moderna e una elaborazione che sorpassano di più di cent'anni l'autentica, e si giovano di esperienze e sensibilità molto posteriori. Che questi rifacimenti poi occorrano al fini pratici è un'altra' cosa. Ma devono essere segnalati, per obbiettiva chiarezza. Il lavoro del Dallaplccola, che non abbiamo veduto nelle stampe, ci è risultato, all'udito, circospetto, riguardoso, efficace. Non bisogna naturalmente stupirsi nè delle masse sonore, nè dell'Intervento degli ottoni e del legni, della gran cassa e dei piatti, ma cogliere il delicato procedere del fili variopinti nel tessuto armonistlco, gli abili e sommessi moti contrappuntistici, gii accenti patetici e violenti, e notarne la - ricercata appropriatèzxa con la cantilena, la caratterizzazione, e la situazione scenica. Per quanto era possibile 11 Dallaplccola ha cercato con- squisito acume d'artista di, destare l'interessamento degli spettatori, di irrorare le pagine aride, di meglio far brillare le Intenzioni e splendere le non molte bellezze. Nel sostituire 1 tanti frammenti, che forse soltanto 11 clavicembalo accompagnò, l'orchestrazione ha costretto, come in casi affini, 1 recitanti a- una maniera necessariamente lenta, polche scorrevole, naturale, è il recitar cantando se pochi accordi e pochi legami armonistlci e ritmici lo vincolano. Qui alcuni cantanti han superato con Intelligenza e studio le difficoltà della singolare vocalità del primo Seicento. E si deve nominare prima Cloe Elmo, come Penelope, chiara e precisa nella dizione, nella pronuncia, vivace e patetica nella cantilena, nobile nella mimica. Anche 11 tenore Voyer. Ulisse, ha degnamente Intonato e detto, e con lui si son distinti la Barbieri (Telemaco) e la Magnonl (Minerva) 11 Pasero (Nettuno), 11 Paull e 11 Tedesco. Il maestro Mario Rossi ha ti levato con cura e con grazia la vivi fleante orchestrazione del Dallaplccola Alle scene, assai sommariamente Indicate dal manoscritto di Vienna, Ma' rittlma, Boschereccia, ha provveduto Gino Sensani, arieggiando il maravlglloso e 11 barocco, che fastosamente improntarono con dipinti e con macchine l'opera romana e veneziana del primo Seicento. Mario Labroca a sua volta ha disposto la regia In modo adeguato al carattere dello spettacolo. Cu Tloso e attento, il pubblico del Maggio Fiorentino ha ascoltato, discusso e applaudito. - _ A. Della Corte sreqtzsfngcdnsaccflmmdmEspacpigptptnmmdumse

Luoghi citati: Firenze, Venezia, Vienna