Il "Barbarigo,, e i suoi gloriosi compagni

Il "Barbarigo,, e i suoi gloriosi compagni Il "Barbarigo,, e i suoi gloriosi compagni 7/ superbo bilancio dei sommergibilisti italiani: tre corazzate fuori combattimento e nove incrociatori affondati (Da uno dei nostri Inviati) Gruppo Sommergibili X, 23 maggio. Cid ombrò, lieve, ineffabile e cara, noi l'abbiamo rivisto tra noi anche ieri aera, anche oggi, mentre in fine del parco asciolvere, alla nostra mensa ài sommergibilisti, tutti abbiamo brindato alla grande vittoria del comandante Grossi. Noi abbiamo rivisto il suo sorriso, il suo. gesto abituale, abbiamo risentito la frase con la quale amava sottolineare di ottimismo ogni vicenda della sua vita: € Bene; andiamo ».' O caro, carissimo comandante Romei, come avrebbe ripetuto entusiasticamente queste parole, lui ieri ed oggi a proposito del colpo magnifico del Barbarigò: «Bene; andiamo! ». E gli sarebbe spettato di diritto gioire più di tutti noi per questa vittoria del compagno, giacchè lui è stato il primo fra i sommergibilisti italiani a riportar la vittoria nella sud offesa contro una corazzata nemica. «L'inimigo non lo contare» E' bene infatti ricordare che questo del comandante Enzo Gròssi non è il primo nocumento che i sommergibili nostri abbiano recato alle navi dà battaglia del nemico. Molte volte, appena che una formazione di questi colossi corazzati fu avvistata da un nostro sommergibile in condizteni di lancio appena appena possibili, l'attacco è stato portato immed'atamente sino alle estreme conseguenze, secondo il motto di uno dei sommergibili: « L'inimlgo non lo contare ». Poiché assalire una, corazzata non vuol dire trovarsi di fronte soltanto il mastodontico bersaglio con la chiostra paurosa dei suoi superbi cannoni e il suo formidabile armamento, la sua velocità, la sua compartimentazione stagna- una corazzata non naviga mai sola in guerra; la scortano squadriglie intiere di cacciatorpediniere, e aerei da ricognizione scrutano il cielo, e spes- a i o e i so incrociatori leggeri e pesanti le formano attorno un baluardo, una cinta protettiva, pronta ad accogliere su so l'offesa destinata al cuore e al fulcro della squadra. In questo duello mortale fra le nostre unità subacquee e le massime unità della flotta nemiche, debuttò i primi giorni della guerra il glorioso comandante Lotti, medaglia d'oro, che nell'immediata vicinanza di una base avversaria attaccò una poderosa squadra francese sfidandone la fitta velocissima scorta di pieno giorno e soccombendo gloriosamente; tanto gloriosamente da meritarsi, ad armistizio concluso, Paltò commosso omaggio di quelli che erano scampati alla sua offesa. Ma fu il comandante Romeo Romei col sommergibile Pier Capponi che. il 10 novembre 1910 — col solito audacissimo stile di passar sotto la scorta — lanciò tutta una salve di siluri contro una formazione di corazzate inglesi, nel Mediterraneo, e colpi con due ordigni ta corazzata Ramilliea di SO mila tonnellate, armata di S2 cannoni, di cui otto da 381, e oltre cento mitragliatrici dei vari calibri. Nel dicembre scorso poi, nel Me. diterraneo occidentale, un siluro squarciava la prora della supercorazzata Nelson di 33.500 tonnellate, armata con 47 cannoni di cui nove da 406, modernissima, anche se non molto veloce, la quale poteva a stento raggiungere Gibilterra di dove, dopo una prima rappezzatura, era avviata, ai cantieri americani, inutitilizzata per molti mesi. Con l'odierno colpo del comandante Grossi sono dunque tre — accertate — le corazzate nemiche colpite dai sommergibili italiani in meno di due anni di guerra, mentre nemmeno una delle, nostre sette navi da battaglia è stata mai toccata dai sommergibili inglesi nè francesi e — adesso — 'americana Del resto non sari male ricordare, mentre i neri pavesi di vittoria sventolano al sole di maggio, nelle nostre basi, nei mari e negli oceani, sulle torrette di tutti i sommergibili italiani fieri per il colpo del Barbarigò, non sarà male ricordare che la superiorità dell'arma subacquea italiana sull'arma subacquea nemica ha avuto con la guerra «n magnifico collaudo confortato da tutte le cifre del bilancio. Sia in fatto di incrociatori (uno nostro è affondato dai sommergibili inglesi contro nove inglesi affondati dai nostri) ohe di naviglio sottile e di naviglio mercantile, e perfino di aerei, il bilancio è a tutto nostro vantaggio. A seimila chilometri I E per il complesso di eccezionali imprese, poi, anche senza tener conto di quelle che U segreto di guerra assegna ancora al silenzio delle cronache per consacrarle atta storia a vittoria conseguita, i sommergibili italiani non sonò stati ancora eguagliati. Sarà utile a questo proposito notare che, quando il sommergibile Barbarigò ha colpito la tipo « Maryland » a circa cento miglia dall'isola di San Fernando de Noronha, il sommergibile nostro si trovava a una distanza dalla sua più vicina base che si può calco lare di 3150 miglia marine, i quindi quasi seimila chilometri. Seimila chilometri. Più di un mese di navigazione, forse, atta media velocità di crociera. E dopo tutte queste settimane di oceano, dopo la tensione degli agguati, dopo due affondamenti realizzati nel giro di poche ore, dopo aver visto lontano, come un miraggio, la terra ubertosa di El Pico che si leva alfa sul mare nel cuore dell'isola di San Fernando, oh!, gli uomini del Barbarigò avevano ancora in loro tanta fre. schezza, tanto entusiasmo, tanto spirito di sacrificio da afferrare per le sue ali prodigiose la stw rnda vittoria di cui oggi tutto mondo parlo. (Questo equipaggio del Barbarigo, io lo conósco bene pervec'; chta consuetudine; vi sono.rappresentate tutte le regioni d'Italia: ufficiali sottufficiali e marinai di Taranto e di La Spezia, di Firenze e di Palermo, di Sassari è di Milano, di Roma e della LomeUi-, na, di Modena e di Fiume, di Genova e di Castelferretti, di Ventimiglia e di Catania e tre torinesi e un abruzzese di Ortona...). Chissà che cosa sarà passato ) nel cuore del comandante Grossi, scorgendo al Umile visivo il profilo di B. Fernando di Noronha dove i brasiliani, che oggi sono quasi nostri nemici, hanno portato schiavi, a coltivare le piantagioni di canna da ' zucchero, di grani, di barbabietole, e coatti ?H00 squallide creature colpevoli di tutte le colpe più turpi sui duemila abitanti, in- tutto, dell'isòla) ; chissà che cosa avrà detto quel comandante dal cuor d'oro ai suoi uomini/ Possiamo immaginarlo facilmente. « Si vede soltanto un fiocco bruno sul mare, una striscia sottile. E' la terra di San Fernando de Noronha. I brasiliani ne hanno fatto una colonia di negri ai lavori forzati, è un- immenso penitenziario. Era un'isola senza gloria, il suo nóme era macchiato e maledetto..Le ali italiane lo sollevarono alla' gloria e alla storia facendovi scalò nei loro voli transatlantici... ». Adesso un'altra volta il nome dell'isola maledetta è consegnato atta storia, atta gloria e atta vittoria da un italiano che con il suo sommergibile ••• ha affondato una delle ' piw potenti navi del mondo. Ma si che il comandante Romei sarebbe tanto felice stasera! Del resto io non lo vidi mài triste, nemmeno quando a bordo del Pier Capponi, in missione di guerra nel Mediterraneo, ci parve che da- un momento all'altro,-con vertiginosa fatalità, la morte stesse per entrare dentro lo scafo, ceHto metri sotto il pelo del mare; e il nostro cuore- tremò. Oggi, atta nostra base da dove parti H Barbarigò per ' le sue vittorie, e- dove con. u suo bilancio glorioso — aita la bandiera in torretta — ritornerà, oggi, qui alla nostra base da dove parti U comandante Romei per le sue vitto. rie, e dove un giorno — tanti giorni — invano lo abbiamo atteso e non è ritornato; oggi qui sulla banchina, da dove anche il comandante Botti, un fresco giorno di primavera, è partito per la sua epica impresa e non è ritornato, oh! che tutti « quelli delle coraz- zate », gli affondatori delle coraz zate, eran presenti fra noi! ■ Tutti presenti fra noi: quelli che sono con i marinai degli abissi sulle più segrete vie del mare e dell'Oceano, e quelli che. ormai stanno con gli angeli sulle strade del cielo e popolano i nostri so gni e le nostre verdi speranze i sonò per noi, sommergibilisti, co me l'avanguardia destinata a precederci, nel trionfo del sangue e dello spirito, sull'oro e sulla materia, il giorno della vittoria sotto l'arco millenario di Tito. Dove si tengon le fila Devo anche sottolineare la galvanizzazione che con Volta sua onera assidua, affettuosa, il più possibile capillarizzata, l'ammiraglio comandante in capo della squadra sommergibili compie con un ritmo che, nei confronti del nemico, è diventato travolgente, se in Mediterraneo le grosse forte inglesi (appunto anche a causa dei nostri sommergibili) hanno dovuto accusare questo periodo di carenza e so in Atlantico le nostre gloriose unità subacquee hanno potuto realizzare tale somma imponente di vittorie. Oli è che questo nostro ammi- raglio dei sommergibili, con principio squisitamente fascista, comanda le sue mirabili squadriglie non soltanto con le dot\ d'un alto e chiaro intelletto che informano la strategia italiana — tutca" originale e ricca di ulteriori sorprese — della guerra .sottomarina, ma anche con un cuore grande cosi, che lo fa essere — egli glorioso comandante di som mergibili e dffondatore nell'altra guerra — vicino, vicinissimo allo spirito e al cuore dei suoi stati maggiori e dei suoi equipaggi, sollecito della loro vita, amico delle loro creature, ogni giorno ogni ora talvolta ogni minuto palpitante per i loro destini. Ammiraglio nel senso pù classico e più italico di questa grande parola. Ammiraglio i cui sapienti calcoli tattici hanno cifre e bandiere in tutti i mari del globo, dove i sommergibili italiant portano l'audacia delle loro prore e la purezza fiammante della loro fede. Attilio Crepa*

Persone citate: Botti, Enzo Gròssi, Romei, Romeo Romei, Volta