Pagine del Bruno di Ferdinando Neri

Pagine del Bruno Pagine del Bruno Uno dei nómi più noti: Giordano Bruno: e forse il solo nome di filosofo, in Italia, che sia corso sulle labbra del popolo, e che talora vi ritorni ad. evocare una memoria, o piuttosto, una innaspine precisa : l'alta persona, severa, dietro una. barriera di fi.inijue. M l a (i.uelle fiamme si ferma la nozione comune : e l'uomo, ed i suoi libri, ed il suo pensiero appaiono, quali sono veramente,' lontani e difficili. Sì che Una scelta delle opere, come questa che presenta augusto Guzzo, insieme con un '.nitido prof ilo biografico « critico • (Bruiiùy edit. Garzanti), giova ad avvicinare 10 scrittore, nelle sue espressioni più vive ed efficaci ; ci,al}itua al suo mondo, ne rivela 1 primi caratterini quali, più profondi, ma con un'intima costanza, rimangono i suoi, anche dove l'ascesa si fa impervia e più aspra. Poiché v'è un'arte —; se. così fhiò dirsi — del Bruno, che segue una sua linea, e pare che le obbedisca, sebbene sia di un'indole così ribelle: arte che, naturalmente, non è esterna al ' pensiero, ma ne segna il ritmo, 11 polso, il colore. La Cena de. le Centri,' Qli eroici furori, La .calala del Cavallo pegasèo... Como d'un poeta, ogni suo libro muove da uno slancio della fantasia. Che cos'è lo Spaccio della bestia trionfante? titolo oscuro; e il solo che delle opere del Bruno sia citato nella sentenza romana, poiché gli si attribuiva un'intenzione di satira sacrilega, di cui non è traccia nel libro. Si tratta del cielo stellato: lo scintillìo, i nodi, le figure degli astri, che portano gh antichi nomi dei miti. E quanto l'hanno _ mirato, il cielo notturno, i poeti ! Dal Paradiso di Dante fino alla poesia cosmica degli umanisti ; e chi lo vede tutto fregiato a cesello ed a smalto: e argentei sul cupo azzurro i Dioscuri, e la chioma di Berenice, e Orione che declina fra le tempeste, e gli dei del l'amore e della guerra; e chi raffigura la grande fascia dello Zodiaco, simile ad un arazzo, rabescato, trapunto di luci.. Bruno guarda il cielo, e alla sua mente, che accentra nell'uomo l'infinito corso della vita universa, le costellazioni non sono che simbolif emblemi; e perchè ciascuno dev'essere associato non ad una gloria, ad un nobi le spirito, ma ad un fallo degli dei pagani? L'ariete, il toro, l'aquila, il delfino, il serpente...^; e l'Orsa, la stessa Orsa, la- più evidente, che suggella il setten trione con le sue borchie gemmate, deve eternare il ricordo dj una ninfa rapita, di una vergine violata da Giove? Conviene sgombrare il cielo da tutta quella genìa, dalle favole ini monde, dalla «bestia» che trionfa, e sostituirvi le virtù : ' al pò sto dell'Orsa la Verità ; del Drago, la Prudenza, e così via: Questo è il tema del dialogo, che bì evolge nei modi lucianeschi; e. l'esempio di Luciano — che aveva già^ incontrato larga fortuna fra gli scrittori satirici di tutto il Rinascimento euro peo — si adattava assai bene al proposito del Bruno, il quale, sotto il velo dei nomi stellari annunzia i principii di una ri forma morale. Gli dei dell'Olimpo si sentivano avviliti e spregiati ; nel loro crepuscolo, aspiravano ad una luce nuova, oer cavano di salvarsi, di vivere ancora («se così, renderemo novo il nostro cielo»):, riconoscevano la necessità di crearsi una «coscienza» più seria. E qui Bruno li affronta, cioè esce dal giuoco della fantasia e dichiara j ter mini del sua problema. Un vampo fantastico, a tenta re la conquista, la comprensione delle cose attraverso una loro apparenza poetica, non è raro nella «filosofia naturale» del tempo: balena nel Telesio, in Della Porta, si propaga nel Senso delle cose del Campanella; gli aspetti della realtà si fioriscono d'un valore misterioso, e anche « magico ». Ma gli uhi, più contemplativi, s'appagano di quella visione come d'una plaga superna, di un'« alta specie» che si libra • sulla verità. Bruno v'irrompe con tutta la sua energia spirituale, e quasi con la sua persona; si esalta, s'accende, s'adira. Come se le immagini lo mordessero, lo esasperassero. Forse perchè tutto si connette e s'avvince, per lui, nella visione, molteplice, animata, di quell'essere ch'è uno ed infinito; e nel gorgo, nel vortice, assiste al rumare delle creature, fugaci, torbide, affannose. In ogni opera del Bruno, a un certo punto, si schiude l'attimo del furore ; e allora quella sua loquela abbondevole e grezza si fa_ nervosa, vertiginosa e propriamente drammatica. E poi, come nelle tempeste, v'è un grave silenzio, e vi risuona l'eco della parola anelata, raggiunta fra le inquietudini, finalmente posseduta : quasi il conforto sicuro della lunga pena: «Parimenti non può essere cosa appresso la veritade ; perchè, se è dopo lei, è senza lei ; se è senza lei, non è vero; perchè non ha la verità in sè ; sarà dunque falso, sarà" niente ». E quando Bruno si sente nel vero, nessuna forza lo può distogliere. Nelle storie letterarie, il suo nome si registra di solito per una commedia, // Candelaio, in cui la dovizia verbale si vena di una focosa sensualità, si compiace dell'espressione carnosa, densa, plebea. Vi si volle scorgere — e provare, anzi, su di un raffronto di te6ti, che a me sembra casuale — un'intima analogia col romanzo grottesco del Rabelais. Analogia cne muove dallo stesso carattere della letteratura napoletana ; e non in quanto sia provinciale, poiché il Bruno, che insegnò a Tolosa, » Parigi, ad Oxford, a Wittenberg, potè rispecchiare la sua impronta nativa, non solo negli epigoni del Rabelais, ma in cento foime dell'arte barocca, esu¬ berante e, prima che il suo «ecolo finisse con lui, secentista. La commedia del Bruno raduna un immenso viluppo di sciocchi, di marioli, di furbi, di bari, di male femmine ; e il pedante Manfano, e il negromante Scaramuré, e l'alchimista Cencio, è madonna Carubinà ; e tutti ciarlieri, chiassosi e turpi. Dalla dedica alla «Signora Morgana » s'intende .come molti di quei. tipi, egli li avesse colli sul vivo, e dal complesso della commedia il suo giudizio degli uomini non risulta di- certo benigno, E' il giudizio di un esule, di-un fuggiasco, che guarda innanzi a eè e non dispera ancora «di ricovrare il lardo, dove ha persa l'erba, se non sofct'un mantello, sotto un altro ; se non in ÉtAÉ«É>à*à ^tH una, in un'altra vita». Anche sul basso mondo del Ctindehiiu egli stende la sua filosofia che «gli aggrandisce l'anima e gli magnifica l'intelletto ». E così la stendeva sulla sua vita grama, che ci è narrata da lui nei costituti del processo di Venezia: ultime pagine, le più semplici "'del volume, e non le meno preziose! perchè nel te*-, sere i suoi ricordi, sulla ecorta di quel che può importare al giudice, le vicende più teuui risorgono iii linee precise, familiari (dopo che certi domenicani di Padova l'avevano persuaso a ripigliare l'abito, «cou questo pensiero» egli andò a Bergamo: «e mi feci far una vesta di panno bianco di buon mercato, e sopra essa vi posi il scapolare, che io avevo conservato quando io partii da Roma ; ,e con quest'abito me inviai alla volta de Lione...»). L'esperienza umana del Bruno fu intensa, ampia, ttlttt«tt>IM0éti>>tnM talora vien- fatto di chiamarla picaresca ; Uomo povero e avventuroso, mescolato, nei paesi più vari, con la gente d'ogni cèto (e in quésto, l'essere Stato frate, sin da giovinetto,'gli aveva dovuto conferire una franchezza spigliata, con gli umili ed i potenti) : maestro di grammatica «a' putti»..e lettore nelle grandi Università : sempre sospinto da una smania di'cose nuove, e sempre inseguito da un sospetto o da una minaccia; sdegnoso, entusiasta, e d'un alto sentire di sè. Quel breve racconto dei costituti è la trama del romanzo ch'egli visse, e che gli storici si sono studiati di ricostituire fedelmente Bili documenti ; ma su di esseogni lettore scorge il riverbero dell'opera sua, che v'infonde più vivo il suo spirito, il suo accento, e quell'ceroico furore» ch'è il tratto inseparabile dalla memoria del Bruno. Ferdinando Neri M«t»OM»«»«mtM"«Vm

Persone citate: Cencio, Della Porta, Giordano Bruno, Guzzo, Morgana, Orione, Rabelais