L'alberello

L'alberelloL'alberello S'asciugò il sudore « si fermò un attimo a guardare giù, là dove, su Una lunga linea, altri conio lui vuotavano le carriole. Si arrestavano all'orlo, con un moto brusco rovesciavano le carriole, dalle quali si levava una densa nuvoletta di polvere che il vento slargava e_ diffondeva, mentre sassi e calcinacci traboccavano precipitando còl fragore d'una torbida cascata nel fondo. S'arrestò un attimo solo, perchè già udiva il cigolio dell'altra camola dietro le sue spalle. La polvere aveva fatto velo dell'aria e a respirarla lasciava in bocca un sapore cretoso. Riprese con la carriola vuota il cammino inverso ; l'altro veniva spingendo'curvo il suo carico e non alzò neppure gli occhi quando s'incontrarono. La terra. Nell'attimo nel quale aveva guardato giù nel burrone, ebbe il senso della terra. Nulla poteva ormai fargli-paura, ma la visione improvvisa di' quel livellamento la, agghiacciò. Aveva vieto sul dirupo sotto di sè un unico alberello: la polvere lo aveva incanutito 4 i colpi già quasi scalzato, sì che pareva tremare a ogni spostamento di aria che i sassi rotolando- gli facevano intorno. Egli era riuscito a risparmiarlo; ma il compagno clie nello stesso luogo stava per vuotare la sua carriola! Come ne udì la frana, sussultò nel petto quasi gli avessero schiantata una fibra. Ora davanti a lui ingrandivano, spettrali nell'aria polverosa, scheletri di costruzioni coi ferri contorti, sagome di muri diroccati. Il martellio dei picconi e il raspar delle pale si facevano più distinti, com'egli si avvicinava. Se si volgeva da un lato o dall'altro, quell'andare e' venire di carriole e di uomini curvi che le spingevano, gli ripeteva in un ossessionante susseguirsi di copie l'immagine di lui stesso. Produoevano un sordo rullio, come un tuono sotterraneo che si propagasse per tutta la landa. E su ogni cosa, intorno a ogni cosa una polvere fine, che il vento raggruppava in zone più dense e qua e là ogni tanto rarefaceva, ma senza riuscir mai a spassarla via. Tutto appariva inconsistente in quell'aria mobile e velata. Da quando s'era sporto sul dirupo, non poteva più'scacciare la visione del livellamento. Forse tutta la terra veniva livellata così, in un nembo di polvere, tra uno scenario di rovine che ogni giorno lentamente s'abbassava e un burrone che lentamente si riempiva. Mare e montagne, selve verdeggianti e tenere campagne fiorite, città candide di marmi erano ricordi che sbiadivano nella nebbia dell'anima, lontani come epoche a distanza di 'millenni, che la fantasia non raggiunge più se non a frammenti. C'era come una gobba davanti alla sua strada, un mucchio informe che non capiva che cosa fosse. Più in là vedeva avvicinarsi la figura del secondo compagno che gli veniva incontro con la carriola carica. Guardare ; non aveva ancora disimparato a guardare, gli altri non guardavano più. « Mi guardi 1 » gli aveva detto un giorno Felicina e la bocca di lei gu aveva sorriso. Quel sorriso era stato il' compenso per tutto l'orrore che attraverso gli occhi egli aveva accumulato nel proprio animo. Aveva rinunciato a pensare, rinunciato a soffrire, ma a guardare non ancora: finché gli restavano gli occhi e Felicina. Anche l'alberello tremante sul dirupo non poteva _ scordarlo: quella chioma spaurita, con le foglioline leggere sui rami pallidi, quel sognante verde sotto il velo della polvere, fresco alito che resiste all'arsura, e quel tronco ferito, gemente, fedele alle proprie radici._ Un attimo solo, e gli occhi glielo avevano impresso dentro come un'immagine a lungo accarezzata, come una paurosa delizia che si può perdere. Ma allora la terra, per quanto livellata, aveva ancora in sè dei germi per dar vita a simili creature? Felicina non a: vrebbe mai potuto vedere coisuoi occhi quell'alberello: non la mandavano là, sul dirupo. Glielo avrebbe descritto lui: ne manteneva l'immagine come un tesoro, finche fosse venuto il momento, non sapeva quando, di scoprirlo davanti all'anima • di lei; forse in.una notte, che il vento rinforzava scuotendo la baracca, le avrebbe sussurrato il racconto dell'albero. La gobba sulla sua strada prendeva forma. Adesso distingueva : uno, rovesciato sulla propria carriola carica: era caduto in avanti, l'aveva abbracciata ed era rimasto là. L'altro che gli veniva incontro l'aveva scansato come si 'evita una pietra sul proprio cammino; senza guardarlo neppure era passato oltre, ed ora passava vicino a lui e non alzava gli occhi. '/• Si fermò ; sapeva che stava per fare una cosa assurda, ma non potè altrimenti. (Lo sollevò come uno straccio pesante, lo adagiò alla meglio nella propria carriola. Le gambe gli penzolavano di fuori, e la testa, per quanto egli cercasse di evitargli le scosse, oscillava, e ogni tanto batteva un colpo secco sullo spigolo. L'a« veva vista tanto volte quella faccia dura, bestiale, anonima, simile a molte altre; ora quel volto aveva assunto un'espressione diversa: la durezza s'era_rilassata, per- i tratti moribondi scorreva finalmente un timido senso di pace. Se avesse potuto parlare, forse gli avrebbe detto quello che i suoi occhi, riaccendendosi a tratti sotto le palpebre sollevate con sforzo, gli facevano capire: i Buttami, lasciami in disparte, io ho finito ». In mezzo al tempestio dei picconi e al fracasso dei rottami polverosi glielo tolsero dalla carriola, che riempirono di nuovo di sassi e calcinacci. Egli riprese il cammino verso il'burrone con in gola il sapore cretoso della polvere. Per la strada non cessava di sentire sulle braccia la pressione brutale con cui lo avevano immobilizzato, e udiva ancora la sghignazzata di risposta al suo invito: Portiamolo" alla baracca ». ' Felicina gli aveva detto una volta: « Pietà per tutti, anche per coloro che ce la stroncano; la pietà ci sostiene, ci fa comunicare ancora con qualche cosa che non è più in mezzo a noi ». E lo sguardo di lei era volato in alto. Egli ricordava di aver seguito quello sguardo e che una improvvisa immagine, dissepolta dal fondo di paradisi perduti, gli era balenata davanti agli occhi : una rondinella che si sperde oltre le nubi. Le parole di Felicina erano sementi vive'nel suo cuore e germogliavano proprio allora, q u and 'egli ' sentiva d'aver un pugno arido di terra, come il suolo che calpestava, al posto del cuore. Gli ritornava la visione.dell'alberello e aveva fretta d'arrivare al dirupo. Ogni tanto alzava gli occhi in alto; sapeva che nulla avrebbero incontrato se non la bassa uniforme volta grigia, contro la quale si sfilacciavano i veli della polvere. Ma in lui il ricor3o dello sguardo di Felicina aveva generato l'assurda speranza che una nuvola si formasse sopra il suo. capo, una di quelle nuvole calde, lente a muoversi fra laghi d'azzurro. Di qua e di là andavano e venivano con le carriole, curvi, bilanciando il passo alla ruota : ora indistinti come ombre, ora echi a riti dal vento che faceva turbinare la polvere più lontano : un vento caldo, a folate, senza origine, quasi fosse il pesante respiro della landa. Com'egli s'avvicinava al burrone, il rullio sordo e continuo si scuoteva in un rumor di ca Beate. L'ultimo davanti a lui ri tornava ; istintivamente, quan do gli fu vicino, egli posò lo eguardo sulle sue mani : gli parvero enormi, come etaccate dal resto, ancora vibranti dello sforzo che avevano fatto per voltar la carriola, S'arrestò, s'affacciò sul dirupo. L'alberello stroncato pendeva al filo d'una radice; non tremava più, era abbandonato al •pendio con.-la chioma rovesciata, le foglioline impastate di calcina, i rami appiccicati uno sull'altro. Egli allora aggiustò la ruota attentamente sulla direzione e ribaltò la carriola! Vide il suo carico finire quell'agonia, travolgere ralberello,_ seppellirlo nel fondo : -fe s'asciugò il sudore dal Volto. Giani Stuparich

Persone citate: Giani Stuparich