L'ultima lettera da Batavia

L'ultima lettera da Batavia uas L'ultima lettera da Batavia Non solo fu l'eroe che tutti conosciamo, ma fu anche uomo ricco di sani e profondi sentimenti - Soprattutto ricordiamolo per aver voluto sacrificare la vita cerando per l'Italia un inizio di prosperità nei mari dominati dall'Inghilterra e dalla Francia Stalo! H nome stesso sibila come una saetta e s'attaglia all'Immagine di lui tradizionale, che è quella di un demone della batta' glia, incurante di sè, inesorabile col nemico, ma più con quelli dei suoi che si dimostrino soltanto pigri. Sul campo di battaglia, o quando si trovi in pericolo, in mare r In terra, égli pretende che ognuno si comporti come lui; pretesa eccessiva, poiché, come lo definisce il suo biografo, tutt'ora Insuperato, Giuseppe Guerzoni, egli fu un uomo eccezionale veramente: « Nuotava come un pesce, saltava come un capriolo, rampicava come ùn mozzo, cavalcava senz'arte nè eleganza, ma con tutta la forza del marinaio avvezzò a stare in equilibrio sulle verghe quando infuria il fortunale. E all'agilità accoppiava sempre, non scemata dagli anni, la forza: visceri di ferro, muscoli di acciaiò, ossa di bronzo Sul « Lombardo » H suo corpo, però, altro non era per lui che un devoto milite al servizio di un animo forte, di una volontà ferrea, di una dedizione assoluta ad un ideale superiore: immagine compiuta dell'eroe, che sa armoniosamente fondere la forza fisica e l'energia morale in reciproco aiuto. Tutta la sua vita è testimonianza di questa irruente forza, da quando, per insofferenza della casa paterna, ribelle, cerca la sua via, come mozzo, sul mare, a quando, ritornato uomo fatto, autodidatta prodigioso, in Italia, alla vigilia del 1848, ai pone subito ai primi posti, forte della fiducia che in lui ripóngono dapprima Mazzini e Garibaldi, e poi Cavour e Vittorio Emanuele. Non ha possibilità di dar la misura di sè durante la prima campagna del 1848, alla quale pure partecipa fra 1 primi volontari, con Goffredo Mameli; a Roma però, dove si affretta non appena si proclama la repubblica, può finalmente misurarsi da par suo. Nella giornata del 30 aprile 1849, mentre da Porta San Pancrazio 1 difensori inseguono 1 fuggiaschi umiliati, un loro ufficiale, il maggiore Picard, reagendo al panico, si apposta In certi cascinali per tener testa al volontari italiani. H momento è grave; 11 Bixio, avvedutosene, si avventa di galoppo contro di lui, lo ghermisce al collo,' e lo trascina in mezzo al suo ■ battaglione ordinandogli la resa, pena la vita. I Francesi, sgomenti da tanto valore, si arrendono abbassando le armi. Nè qui si arresta la sua volontà ardente di far pagare caro ai Francesi la loro albagia e tracotanza; il 3 giugno, alla testa dei legionari scagliati da Garibaldi alla ripresa di Villa Corsini, si slancia all'assalto, ripetutamente; gli muore 11 cavallo colpito da ben dieci proiettili; non sosta però, ma riprende gli assalti a piedi sino a che una grave ferita all'inguine resolo impotente a reggersi, è portato via dalla pugna. E' ancora tutto lui quando, nel porto di Genova, impossessatosi del Lombardo e del Piemonte, con un atto di finta pirateria, non appena salito a bordo trae dalla tasca un berretto di Tenente Colonnello, se lo calca sulle orecchie e con voce che non ammette discussione dichiara: « Signori, da questo momento comando io: attenti al miei ordini »; nè si amen tisce, dopo aver preso il comando del Lombardo avviato all'impresa leggendaria dei Mille. E' suo questo caratteristico ordine del giorno, dettato In alto mare, con 11 quale esprime in modo nettissimo qual disciplina egli richieda ai suoi volontari: « 1) Il comandante del Lombardo è dittatore; 2) I Comandanti della seconda, terza, quarta, quinta e sesta Compagnia siedono in Consiglio permanente esecutivo che riceve ordini dal dittatore; 3) Il Consiglio ha una guardia formata da. dieci uomini a turno giornaliero per ogni Compagnia che riceve ordini dal Consiglio e 11 fa eseguire in modo assoluto e istantaneamente ». Quest'ordine del giorno era stato da lui dettato dopo una' scenataccia, causata in pòrte da un atto poco riguardoso di un volontario, in parte dalla sua Impulsività. Ricordate come lo narra Abba ohe ne fu testimone? «Il caporale Plona ai lasciò sfuggire non' so che brutta parola, e Bixio giù! gli scaraventò un piatto in faccia. Ne venne un-po' di subbuglio. Come un razzo Bixio fu sul castello gridando: «Tutu a poppa, tutti a poppa! ». E tutti ad affollarsi .a poppa rivolti a lui, ritto lassù ohe pareva 11 per annientarci. E parlò: « Io sono giovane, ho trentasette anni ed ho fatto 11 giro del mondo. Sono stato naufrago e prigioniero, ma sono qui e qui cornando lo! Qui lo sono tutto, lo Czar, il Sultano, il Papa, sono Nino Bixio! Dovete obbedirmi tutti: guai chi osasse un'alzata di spalle, guai chi pensasse di ammutinarsi! Uscirei con 11 mio uniforme, colla mia sciabola, con le mie decorazioni e vi ucciderei tutti! Il generale mi ha lasciato, comandandomi di sbarcarvi in Sicilia Vi sbarcherò. Là mi Impiccherete al primo albero che troveremo; ma — e misurò collo sguardo lento la calca —, ma in Sicilia, ve lo giuro, vi sbarcheremo! ». jEroe mitico A Calataflml, a Palermo, al Volturno la sua gagliardla d'animo e di corpo furono tali da farne quasi un eroe mitico: a Palermo ferito, si estrasse con le sue mani dal petto una palla che l'aveva colpito e prosegui a com battere; a Reggio, ferito ad un braccio, se lo fasciò e risalito a cavallo si- lanciò come un bolide contro 11 nemico; al Volturno precipitò da cavallo e si fracassò una gamba, ma non per questo si smarrì d'animo. Questo novello Aiace che per ben sei volte fu ferito In battaglia, ed una volta in duello, era l'Immagine della fierezza dell'uomo terribile che fa tremare soltanto con uno sguardo. Chi lo conobbe da vicino afferma che la gagliardla dell'animo gli si leggeva nel volto. Due curve ovali tagliate in mezzo da una linea diritta, rigida secca, sormontata da una fronte ossea, spaziosa, prominente; due occhi azzurri e scintillanti; uno sguardo duro, severo, preoccupato, 11 più delle volte sdegnoso; una calotta di capelli fitti, corti, ritti come 1 crini di una spazzola rara la barba, piccoli, uguali, completi, veri zannimi di lioncello 1 denti; un'onda perenne di sangue che fluisce e rifluisce dalle labbra alla fronte, e la imporpora o la stinge, a seconjda che la marea procellosa del cuore monta e discende; Insomma 11 ritratto di Giovanni de' Medici, dipinto dal Tiziano, ecco la testa di Nino Bixio. Certo più fido testimonio delia sua terribilità non si poteva richiedere. Chi lo vedeva, anche non conoscendolo, era tentato a pensar subito < deve essere un uomo poco domestico ». Verso l'Oriente Questo era il Bixio, ma non tutto il Bixio. Oggi che conosciamo finalmente già buona parte del suo epistolario, per merito di una esimia studiosa Emilia Morelli, la quale amorosamente lo ha raccolto, un lato ignorato dell'animovsuo viene messo in vivissima luce: non soltanto una bontà d'animo eccezionale, ma anche delicatissimi sentimenti, rivelanti un'acuta sensibilità quasi femminile. Il suo amore per la cugina Adelaide-Parodi che diventò poi sua moglie, non soltanto è puro e sublime, ma è commovente, come è l'affetto per 1 suol figli Giuseppina, Riccarda Camillo, Garibaldi, per i quali ha tenerezza quasi femminea. Chi frequentando* la casa sua potè vederlo nell'Intimità, racconta com'egli, scamiciato e discinto, giocasse a strillare ed a ruzzare con 1 suol bimbi, bimbo egli stesso, forse più di loro; attaccassimo alla famiglia, dalla quale era quasi sempre lontano, e desideroso che ad essa'nulla mancasse, al sacrificava in ogni modo per essa. Una 'sola grande ambizione ave va: quella di dare un'educazione rigida ed una istruzione completa al suol figli, che avrebbero dovuto onorare il. suo nome. E fu proprio per dare loro l'agiatezza che, abbandonato l'esercito, ancor giovane, quando gli parve che ben poco ancora potesse farsi, avendo il Governo italiano, dopo la guerra del 1866, Instaurata una politica del piede di casa, si diede tutto a preparare un'Impresa non meno ardua di quella già affrontata quella di far forte e potente l'Italia sul mare, perchè fosse nel futuro padrona del Mediterraneo. A leggerle oggi, ci appaiono vera mente profetiche le parole ch'egli scrisse nel 1869, In occasione della apertura del canale di Suez. « Certo noi Italiani rinchiusi nel Mediterraneo dalla diplomazia e dalla infingardaggine nostra, dobbiamo vedere con piacere aprirsi questo nuovo passaggio. Il Mediterraneo è naturalmente nostro, lo è stato e lo sarà un giorno». Ma per raggiungere questo fine occorreva che l'Italia diventasse una grande potenza marittima curando l'espansione sua anche e soprattutto In Oriente. Uomo di poche parole e di molti fatti riuscì, dopo lotte asperrime, a tradurre In atto 11 suo disegno, armando uno del più moderni e potenti piroscafi, da lui chiamato Maddaloni, In ricordo della gloriosa aspra battaglia vinta., E, dopo aver partecipato alla presa di Roma, si decise ad ab- bandonare l'esercito. Al Guerzoni, il 13 ottobre del 1870 scriveva: « io sono sulle spine. Ditemi voi una parola di conforto! Il mare è cosi bello! e poi debbo io lasciare le mie figlie nella miseria ? ». La nuova impresa, oltre essere principio di un bene futuro all'Italia, avrebbe potuto rendergli tanto da' mettere la famiglia adorata in una condizione finanziaria die non fosse, come era sempre stata e non per colpa sua, un po' precaria; perciò, obbedendo a un forte richiamo del dovere e, facendo sacrificio di sè (e quanto gli pesasse allontanarsi per tempo indefinito dall'adorata moglie e dagli adoratissimi figli si.rivela in qualche sua lettera) decise di scegliere la via più ardue. Se la febbre d'azione non l'avesse divorato, egli ormai tenente generale dell'esercito italiano e senatore del Regno, avrebbe potuto vegetare, come tanti altri suol compagni; ma per lui questa sarebbe stata una colpa. E si avviò pieno HI speranza e di orgoglio sul Maddaloni, per aprire nuove vie di prosperità al" Italia verso l'affascinatrice via dell'Oriente: « l'annunzio ne corre la Penisola colla celerità di un pubblico avvenimento. Era la prima nave mercantile di si grossa portata, costruita in ferro a doppia forza di vela e di vapore, che sotto bandiera italiana, comandata da un Italiano, passava da un porto italiano diretta per l'estremo Oriente, ad un'impresa in cui l'interesse privato e nazionale si confondevano talmente insieme che quasi si identificavano ». Siamo alla fine del giugno del 1873; il vapore giunge normalmente a Singapore, ed il Bixio incomincia la nuova sua missione con viaggi per Batavia, per Saigon e per Samerang, dove 11 2 ottobre i marinai festeggiano il suo giorno na- talizio; giorno triste per lui, perchè il suo pensiero è ancor più del solito accanto ai cari lontani. L'amarezza è però temperata dalla certezza che il suo sacrificio non sarà vano. Tornato a Batavia trova il conforto di notizie da casa, con l'annunzio che una sua nipote, Matilde, figlia di sua sorella Marina, si avvia alle nozze col giovane Edoardo Rolla e 11 9 ottobre, proprio alla vigilia di essere colpito dall'epidemia imperante, il colera, che troncherà, con la sua vita, la sua ultima impresa, si raccoglie un momento e invia l'espressione del suo profondo affetto al familiari, dando alla giovane sposa consigli che sono 10 specchio della sua concezione serena e onesta di vita. Le augura, infatti, molti e buoni figli; poiché, è sottinteso, l'Italia, se tutte le donne nostre imiteranno 11 suo esemplo tornerà, come un tempo, prospera e potente. Ecco la lettera, inedita, sino ad oggi conservata gelosamente dal figlio di Matilde Rolla; lettera che conferma luminosamente qual senso di umanità avesse il terribile, l'Inesorabile, il crudele Nino Bixio; quanto affetto nutrisse nell'animo e di quanto affetto avesse bisogno per assolvere 11 suo duro compito. L'unico conforto, nell'aspra vita impostasi, era il pensiero che ogni sacrificio era lieve perchè avrebbe portato al suol cari l'agiatezza. Egli ben poco esperto della penna,. lascia che 11 suo animo detti ciò che dentro tumultua in lui nella piena degli affetti: « Carissima Matilde, la fu» lettera d3l 25 luglio mi è giunta in ritardo d'un corriere, causa il mio viaggio in Cocincina col Kaldaloni nel settembre ultimo. Questo ti spieghi il ritardo a rispondere alla graziosa ed affettuosa tua. Oggi parte la posta per Singapore ed Europa : ti mando la mia benedizione ed i miei ringraziamenti; quando ti giungeranno queste poche righe, tu sarai la felice sposa Rolla che Dio ti benedica e ti faccia madre di molti e buoni figli. Io non posso essere de1 tuoi presenti alle nozze: ho preso impegni col Governo di Batavia che dureranno qualche mese e terminati questi è assai probabile che io rimanga in questi mari per. altro tempo se mi sarà possibile rimanervi utilmente! «Tu lo vedi, mia buona Matilde, io sono destinato a vivere lontano dall'Europa e per conseguenza da te e dai miei tutti; mi conforta il pensiero che è per loro ch'io vi rimango. Dunque mia buona Matilde grazie dell'invito affettuoso: grazie della buono memoria; presenta al tuo sposo i miei augurici felicita; e dille (U Genovese in questo errore è troppo evidente) tante cose di più, dopo le tue che debbon avere gli onori della precedenza* per me. Dille da ultimo ch'i» mi invito per la seconda sera del mio arrivo a Genova al tuo tè, tè che fatto da te e portato da me dovrà essere buonissimo per noi e per me in particolar modo. Presenta i miei «aluti di zio a' tuoi nuovi Genitori. Non mi dimenticare presso Mamma e Papà tuo. Dammi un bacio alle mie bimbe ed alla mia Adelaide e stringimi la mano al barbaro tuo fratello Raffaele ed ai miei Baidoni (vezzeggiativo di Garibaldi) e Camillo e tuoi altri fratelli. Tuo zio Nino Bixio ». Egli, cosi poco portato all'umorismo, ha trovato il modo di far sorridere l'amata nipote anche con un gioco di parole; ma lò aconforto, benché accuratamente nascosto, trapela' ad ogni parola. Che fosse presago della tristissima fine che l'attendeva? E' questa certamente, l'ultima lettera da lui scritta prima di mo rlre, polche il suo.testamento «otto formai di lettera alla sua famiglia, ed al suol ufficiali di bordo del Maddaloni, testé donata dagli eredi Bixio al Duce, non fu scritto dalla sua mano; quindi è documento assai preiioso anche per 11 contenuto, che ci conferma nell'Eroe l'uomo semplice e saldamente ancorato ai valori morali della vita, alla santità della famiglia e in particolar modo conferma quanto già era noto attraverso una relazione scritta dal primo uomo dell'equipaggio colpito dal colera, il giovane Pelli che scampò dalla strage; il quale rei lasciò l'unica autentica testimonianza degli ultimi momenti del Genovese: «Era il 12 dicembre... il medico di bordo, un bravo catenese, dottor Mariano Saluzzo, udito come egli si lagnasse di non sentirsi bene, gli domandò che cosa aveva. « Non so — rispose Nino BIxlo — ma sento che la mia vita volgo al suo fine. In verità mi duole per mia moglie e quattro figli che lascio ». Ed essendosi provato il dottore a mettere qualche parola di conforto, soggiunse: «Ah se la natura mi" avesse accordato due anni ancora di vita, sarei.più contento, perchè lascierel l'avvenire sicuro al miei cari». Sempre, come si vede, lancinante, il pensiero della sua famiglia; presente più che mal la preoccupazione di non riuscire ad assicurare ad essa una vita agevole* E nella sua stupefacente energia trovò tanta forza, quando ormai era morente, da riconfermare nella sua lettera-testamento ricordata, l'unico, profondo rammarico da cui era tormentato: <Mi sento morire, e -muoio col pensiero a voi — scriveva a sua moglie —: benedicendo ite e i miei figli. Ho lasciato l'esercito che amavo, e posso dire che avevo lasciato anche l'Italia che pure amavo tanto; ma mi parve che come padre e marito mi dovevo a te ed ai miei figli. Ho fatto tutto quanto potevo nell'intenzione ùnica di collocare le mie bimbe, Giuseppina e Riccarda, ed i due miei ragazzi Garibaldi e Camillo. Io speravo di restar tanto in vita per dar loro una .buona educazione; ma la vita mi manca... ». Non dùnque solo l'Eroe che tutti conoscono fu Nino Bixio, ma anche un uomo ricco di sani e profondi sentimenti umani. Ma più ancora che della sua umanità noi gli dobbiamo essere grati di avere cercato, al servizio di uno spietato sfruttatore olandese, l'inizio di una prosperità per l'Italia che avrebbe dovuto condurlo a misurarsi con l'impero inglese e francese. Arturo Codigliela Nino BIxlo giovane. ^ •Vtì.u.y»»».; .U». ut,»»*, tati La lettera alla nipote.