La coltura della bietola

La coltura della bietola La coltura della bietola nel mese di aprile 1 p e i mrca i tii l e i ò . . l a e o l e 0 l : Per quanto disturbate e più o meno ritardate da un decorso stagionale poco propizio, le semine della barbabietola potevano già considerarsi come ultimate, nella maggior parte dei nostri comprensori bieticoli, entro la prima decade del corrente mese. Quelle pioggerelle sottili e persistenti, che dovevano rendere difficili e brigose le operazioni di ùltima preparazione delle terre e delle semine, hanno però, in contrapposto e a inatteso compenso, favorito in pieno la germinazione, per cui in rare annate, come in questa, è dato di vedere le piccole piante profilarsi regolari e continue quali verdi nastri, specialmente 11 mattino allorché 11 suolo è ancora inumidito dalle benefiche rugiade notturne.., In una situazione di privilegio si sono trovati quest'anno i po deri nei quali d'abitudine la Se mina della barbabietola ai effettua a mano a postarella. La semina a macchina, tanto più se a trazione funicolare, non può, come è risaputo, eseguirsi se le carreggiate siano più o meno impregnate di acqua ristagnante, mentre le semine a postarella possono, nella peggiore ipotesi, essere compiute in due tempi: in una prima fase sul colmo degli appezzamenti e in una seconda fase nel tratti perimetrali più depressi. Vero è che si hanno, in questi casi, nascite disformi, ma il successo della coltura è nell'Insieme meglio assicurato. Notoriamente la semina a mano è preferita da molti agricoltori, anche in aziende relativamente vaste, e pur dove si seminano a macchina tutte le altre piante di grande coltura, soprattutto tenuto conto che con detto metodo si può localizzare accanto al seme il fertilizzante ideale della barbabietola, il perfosfato. Di fronte però al grande numero di coloro che si sono sempre dichiarati senza riserve soddisfatti del sistema, si è levata ultimamente qualche voce in senso contrario, in quanto la localizzazione del perfosfato avrebbe determinato ritardi e irregolarità nelle nascite e talvolta persino impedita la germinazione del seme. Il caso va preso certamente In considerazione: si renderebbe anzi senz'altro molto opportuna una piccola inchiesta, onde possibilmente chiarire perchè sull'applicazione del principio In sè possano sussistere opinioni cosi contrastanti. Come novità in tema di coltura è stata quest'anno avanzata la proposta, quanto mal ispirata anche nel superiore interesse del Paese, di consociare alla barbabietola il girasole (due file di girasole al lati dei campi Investiti a bietola e possibilmente anche una fila centrale). L'unica consociazione, attualmente In atto, e largamente adottata da un passato ormai lontano In molte aziende delle Provincie più canapifere della Vallata Padana, è quella della barbabietola con la canapa da seme. Non ebbe modo invece di affermarsi, benché più volte tentata, la consociazione della barbabietola col granoturco, come se una impossibilità di convivenza esistesse tra le due piante. Nè potè neppure prendere slnora piede la consociazione delle barbabietole col ricino, a sua volta tentata in alcune zone bieticole del Piemonte. Quale sorte sarà riserbata, nella grande pratica, alla odierna propugnata consociazione col girasole? L'esperienza sola potrà dirlo, • ptpdrlrlcdlnnpntti o l a a o o e i i Tornando ancora un istante alla nostra pianta vista In se medesima, superfluo sarebbe raccomandare all'agricoltore di praticare tutte quelle cure (zappature diligenti, applicazione giudiziosa di nitrato, diradamento in due tempi) che essa attende e reclama onde essere efficacemente sorretta e sostenuta sin dal primo periodo, che è il più delicato, della sua vita: cure che Integrano e completano quelle salde fondamenta, su cui solo può appoggiarsi l'edificio degli alti rendimenti unitari. Venne più volte, e a giusta ragione, negli ultimi tempi rilevato che se dagli accertamenti compiuti in occasione delle recenti gare provinciali e nazionali è nettamente risultato come si possano, pur con l'adozione delle comuni varietà, registrare altissime produzioni (sino a 800 e più quintali per ettaro, con titoli spesso del pari molto elevati), ciò addimostra in modo ultra evidente e Inoppugnabile che i possibilismi della nostra pianta sono praticamente amplissimi. Sarebbe certo un non senso partire dal presupposto che la produzione globale italiana potesse bruscamente fare un deciso salto all'insù. Ma non si potrebbe d'altro canto logicamente ammettere che ogni bieticoltore, che aspiri ad essere considerato veramente come tale, non dovesse sentirsi stimolato a compiere egli stesso un maggiore sforzo inteso al perfezionamento dei propri metodi di coltura, tra l'altro mirando sin d'ora ad assicurarsi investimenti regolari e uniformi, che costituiscono una delle più efficaci leve per il conseguimento di più alte medie. Gli inizi non potrebbero essere più promettenti: al saggi e preveggenti di saperne trarre un adeguato profitto. (1287

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