Paracelso di Filippo Burzio

ParacelsoUN FAUST SENZA GOETHE Paracelso Dobbiamo considerar Paracelso come un Faust senza Goethe, cioè come un personaggio di leggenda e di mito cui sia mancato iinora il suo poeta; o non piuttosto come una figura di prevalente valore storico che ci appare, alle soglie del Cinquecento, come una anticipazione e prefigurazione sintetica, insieme, di iVaust e di Goethe? Nel.bel saggio che gii ha dedicato (e che ;1 Guanda <tta per pubblicare nella traduzione italiana), Friedrich Uundolf non si stanca di parago tiare il famoso medico e filosofo del Rinascimento — di cui la Uermania ha celebrato solenne mente, l'anno scorso, il quarto centenario della morte, riconoscendo in lui, quasi alla pari con Lutero, non solo un fondatore delia lingua e un antesignano della scienza, ma un eroe della razza — al Dottore magico e al suo autore; e sembra propendere piuttosto per la prima alternativa, pur prospettando anche la seconda, che del resto non esclude l'altra, e che a noi sembra la più importante: «Paracelso non ha trovato un Goethe, come il miracoloso e incompleto Faust, forse perchè era già lui stesso troppo ricco, troppo pieno e troppo esplicito per stimolare la forza trasformatrice di un creatore così puro*. Comunque, l'essenziale (per cbgliere l'importanza e il significato di Paracelso nella storia dello spirito tedesco ed universale) è ch'egli sia messo strettamente in rapporto con' la coppia Faust-Goethe; allo stesso modo che parlare di caratteri «faustiani», e di altri caratteri «goetbiami, della sua natura è anche il miglior modo di approssimare, psicologicamente e intellettualmente, il suo problema personale. A parte i suoi meriti specifici, e diremo professionali, essere stato embrionalmente, a due secoli e mezzo di distanza, Faust e Goethe insieme, è infatti il maggior titolo di gloria di Paracelso. Conviene riferirsi, a questo punto, alla distinzione ovvia, ma qui utile a ricordare, secondo cui Faust non è tutto Goethe, sebbene; nell'ultima parte del poema il personaggio tenda ad adeguar pienamente il suo autore: in Goethe c'è il lato sublimemente «borghese» e il lato «olimpico», od apollineo, i quali mancano in Faust, e soprattutto in Paracelso, che non è nemmeno demiurgico, ma piuttosto dionisiaco; la sua agitazione, ed insazietà e dismisura, giovanili, il suo Sturm und Drang, Goethe le ha colate e sfogate nell' Vrfautt e in Werther : il borghesismo e la olimpicità, sopravvenuti nel corso dol suo sviluppo,, han dato origine ad altri miti e suggestioni, di vasta eco anch'essi nella storia della cultura; goethiani sempre, ma non più faustiani. Così pure, in altro campo, non . più unicamente ed esattamente faustiani possono dirsi gli aspetti concreti assunti dal pensiero goethiano nella filosofia e nella scienza. Orbene, con una schematizzazione legittima sembra possa dirsi che: nel temperamentOj nella psicologia, nella vita episodica Paracelso sia profondamente faustiano, più faustiano del sedentario Goethe; mentre nella sfera dell'intelligenza, nel senso e-nella visione del mondo, egli eia goethiano, più concretamente goethiano di Faust. Come agitata ed errabonda la vita del medico di Einsiedeln, come violente le sue passioni, come inesausta la sua sete di conoscere, di sperimentare, d" fare! E',' senza confronti nem meno con Lutero (influenza storica a parte), la figura più mossa di quel Rinascimento tedesco, tanto più primitivo^ in bene e in male, in senso positivo e in senso negativo, del Rinascimento italiano. Se, sospinto da quella stessa ansia, Faust si è spinto fin sul suolo dell'Eliade, a evocar l'ombra di Elena, argiva, ed è poi sceso alle Madri, profonde nei regni bui ; dove, a sua volta, non è andato a cacciarsi Paracelso, nel corso della sua tormentata vicenda? L'ardore divorante che lo spingeva a lasciare le chiuse aule per andar a esplorare nelle miniere le viscere della creazione, gli fece percorrere tutte le regioni del mondo allora accessibile: egli voleva conoscere, sotto ogni latitudine e longitudine, le cause e gli effetti Lo stesso spirito che guidava allora un , Colombo, un Vasco de Gama: il possesso della terra, la credenza nella verità del mondo sensibile, la volontà di decifrarne il segreto, animavano Paracelso, ma al modo tedesco, che è di cercare le forze dietro le cose... Paracelso cercava la natura nel vasto mondo; e, nella natura, le forze e i succhi, le sorgenti e le ragioni, le piante e l'almo sfera... egli non s'Interessava soltanto ai minerali, alla loro estrazione e trattamento; con la sua visione nuova delle cose studiava l'effetto del metalli e del vapori sugli operai, ne osservava il genere di vita, 11 contegno, l'aspetto... Unico della sua specie, egli colpiva la gente ovunque apparisse, fiero e povero presso i ricchi, buono e cristiano con gli umili, orgoglioso nei rapporti con le corporazioni, modesto in faccia a Dio e alle creature, gaio e turbolento in lieta compagnia... Ciò che aveva cominciato av iliaco, lo proseguiva in Svezia, più tardi a Meissen e In Ungheria. Le folle stupite fecero di questo ricercatore, che 11 suo dèmone spingeva a sperimentare, un mago volante.» Già, perchè a rendere più completa l'analogia, anche Paracelso ebbe la sua brava leggenda alla Faust: e se non resuscitò, dopo un anno, dalla to-nroa dove, per consiglio del diavolo, si era fatto tagliare in minutissimi pezzi mescolati a dello sterco di cavallo, fu per l'impazienza del servo OporinuB, che scoperchiò il sepolcro due giorni prima ; . Paracelso vi giaceva metamorfosato in un bell'adolescente, ma il cranio non era ancora formato, vi entrò dell'aria, e così morì, prima di esser rinato. * Passiamo ai. caratteri intellettuali. Ciò che, nel poema, Faust è solo vagamente e simbolicamente, cioè un « filosofo della Natura », Goethe tenta di esserlo concretamente, come mineralogo botanico e zoologo, come teorico dei colon ecc. ; e più di lui Paracelso: e realizzano insieme un tipo scientifico sui geneih's, il tipo che si può chiamare paracelsogpethiano, diversissimo così dal tipo anstotelico-scolastico, che li ha preceduti, come dal tipo galileiano-newtoniane, che li vincpra. Si differenziano dagli scolastici perchè non credono più che la logica astratta possa dominar la Natura, e son posseduti — come dice Gundolf — da «una frenesia ingenua di esperienza»; sentono il Mondo come una cosa nuova, piena di sensi da decifrare, di enorme valore e significato proprio, e vogliono esplorarlo con l'esperienza: solo che quella loro esperienza è piuttosto qualitativa che quantitativa, morale che meccanica, soggettiva che oggettiva; soprattutto ignora, o ripudia, lo strumento matematico. Per essi la Natura, il Cosmo, è un gran Vivente, di cui bisogna penetrare le intenzioni, mentre per lo spirito galileiano-newtoniano essa è un gran Meccanismo, di cui bisogna scoprire le legni. Finora, cioè nei quattro secoli trascorsi dall'epoca ai Paracelso, la vittoria è stata di Galileo-Newton: innumeri verifiche, gloriose e formidabili applicazioni son venute dal loro metodo e dai suoi presupposti, lino a produrre addirittura una nuova epoca della storia umana, 1 età della Tecnica: e oggi sentir dire da Paracelso (pUr posteriore a Leonardo, e coevo di Galileo) che la Trinità divina si rispecchia nella triade zolfo-mercuno-sale ; sentir' dire da Goethe (pur posteriore a Newton) che la pressione atmosferica è una specie di respirazione della Terra, sembrr. una inferiorità enorme, e fa ridare. Pure, a guardare al di là delle apparenze, l'ultima parola non è ancora stata detta "on solo perchè una tecnica voi ta alla distruzione, e una vita resa ' disumana dalla visione « scientifica », materialistica e quantitativa del mondo, stanno attraversando una tremenda crisi, che potrebbe anche sfociare in uno spengleriano «tramonto dell'Occidente», e della scienza con esso ; non solo per ciò (che ben potrebbe imputarsi non alla scienza ma all'uomo, alla inferio rità morale dell'uomo, incauto apprenti-sorcier, incapace di adqprar bene i preziosi strumenti scientifici messi a sua disposi¬ |■ o i ¬ zione) — ma soprattutto perchè la scienza galileo-newtoniana riesce bensì nella Natura inorganica, ma sempre meno nella sfera della Vita ; della Vita, dove, forse, se non i metodi ingenui e rudimentali di esperienza, alme| no l'ispirazione fondamentale pa■ racelso-goethiana è più conforme alla naturavdell'oggetto e più vicina alla profonda realtà ; tanto che, proprio in questo campo, sia Paracelso che Goethe colsero i loro veri, e soli, successi scientifici. E che cosa sono, in fondo, le recenti dottrine biologiche, a partire da Lamarck e da Darwin ; che cosa e, soprattutto, la grandiosa costruzione bergsoniana della Evoluzióne creatrice se non del paracelso-goethianiBmo aggiornato, raffinato e riuscito? Se, come voleva il positivismo ottocentesco, la Vita è riducibile a processi fisico-chimici (se, cioè, l'inerzia e il meccanicismo dominano il mondo, e l'attività libera è un'illusione), allora GalileoNewton avranno ragione definitivamente ; ma se, invece, la realtà fondamentale, e primordiale, è la Vita ; se la materia non è che una scoria della vita, e la « legge » fisica un'abitudine transitoria della materia, allora Galileo-Newton non daranno che delle approssimazioni, e sarà l'intuizione di Paracelso-Goethe a dominar l'avvenire. Dei caratteri^ specifici di Paracelso, che lo differenziano anche da Faust e da Goethe, diremo in un prossimo articolo. Filippo Burzio

Luoghi citati: Svezia, Ungheria