Come si risponde in Germania ad una Imprudente domanda di Roosevelt di Giuseppe Piazza

Come si risponde in Germania ad una Imprudente domanda di Roosevelt TRUFFA. JET FOImlmEA. Come si risponde in Germania ad una Imprudente domanda di Roosevelt Il Presidente americano inchiodato alle proprie criminose responsabilità - V inqualificabile atteggiamento del Brasile Berlino, 6 aprile. L'oziosa polemica suscitata ieri nei circoli giornalistici internazionali di Washington dal signor Roosevelt sul nome da dare a questa guerra, non meritava davvero l'onore di tenere il campo oltre il giro effimero delle 24 ore appena necessarie perchè l'intera cerchia del mondo intelligente avesse modo di pagare il suo tributo di ilarità alle spalle del buffone che ne ha avuto la trovata balzana. Ma siccome nulla è innocente nella buffoneria dello sciancato giullare della Casa Bianca ed egli ha lanciato il concorso alla bighelloheria internazionale unicamente nell'intento di appiccicare alla guerra, col metodi reclamistici' di un dentifricio, la sua falsa etichetta' democratica, bene fa la stampa tedesca a trattenere un poco di più 11 tema sulle proprie colonne, quanto basta cioè a dire al malcapitato piffero di monta' gna le verità che gli spettano. Una verità assiomatica All'imprudente nominalismo del signor Roosevelt che è proprio quello della corda in casa dell'impiccato, i giornali del Reich hanno subito risposto che questa guerra in nessun modo può meglio essere denominata se non col nome del suo maggiore più consapevole e criminoso responsabile e cioè « la guerra di Roosevelt ». E questa verità assiomatica che davvero non ha bisogno di dimostrazioni, essi ritornano tutti oggi ad appoggiare ricordando ad esempio, per non dirne che una. la nefanda opera missionaria dei « diplomatici del corpo » dell'ab biotto despota democratico e falso umanitario di Washington, i quali, come tutti ricordano, girarono, alla vigilia l'Europa tra Varsavia Parigi e Londra nell'apostolato affannoso di annebbiare fraudolentemente le menti dei diriti di allora e sowolgere la vie le sorti dei continente Intero per gettarlo in rovina ài piedi del folle sogno di dominio del Campidoglio newyorchiano. Citati al1 l'ordine del giorno vengono, insieme con quegli indimenticabili apostoli, anche gli scambi di lettere del Grande Oriente di Parigi col «fratello Roosevelt», come giù giù i messaggi sviscerati al « caro Stalin», con l'intermezzo della colossale truffa elettorale coti cui crudamente st fece' sfogliare foglia per foglia o piuttosto, spina £:r spina, con le mani alla fine sanguinate, al povero popolo americano l'arido carciofo della sua neutralità su cui aveva riposto tanta ingenua fede e convinzione insieme con 1 suoi veti interessi. Il risultato ne.è stato — concludono 1-giornali — che' oggi gli amerlcanv-rri-guerra non sanno perchè fanno la guerra, a meno che non sia per incassare sconfitte e perdite di prestigio affogando buio alla gola sotto la crescente Inarrestabile schiacciante valanga del disastro finanziario ed economico. Riassume queste memorabili e pure innominabili vicende della truffa rooseveltiana, tra gli altri, il VoeJfcischer Beobachter opportunamente richiamando il discorso del ministro degli esteri del Reich von Rlbbentrop del novem bre scorso in cui questo atto di accusa efficacemente culminò e prese definitiva forma per la storia avvenire. Roosevelt agiva — disse allora press'a poco il mini' atro — con piena premeditazione nell'assoluta consapevolezza della sua colpa. Egli infatti aveva internamente fatto la più' sporca delle bancarotte politiche, aveva sconvolto con il noto deal l'eco nomla del paese soggiacendo impotente essenzialmente ai medesimi problemi e ai medesimi compiti che in Germania invece il nazionalsocialismo aveva trionfalmente signoreggiato. « Non gli rimaneva alla fine altro — cosi scrive il giornale citato, rievocando il tremendo atto di accusa ufficiale germanico — se non cer care scampo e diversione definitiva, ma non certamente salvezza, nell'avventura della guerra, in cui non arretrò dal lanciare fraudolentamente il proprio paese e con esso il mondo intero e che ora egli alfine come capo Supremo delle forze armate dirige col successo ohe tutti sanno dalla sua sedia girevole di storpio». ' La guerra del «Pazzo» Quel che il New Deal insomma, disastrosamente sgonfiato sotto la pressione della pubblica opinione, non riuscì a fare, cioè ridurre tutta sotto il dominio di una nmlz sola cricca la potenza economica del paese, non poteva farlo che la guerra con lo sfruttamento e con la falsificazione autorizzata del sentimento patriottico. Cosi — questa è la conclusione a cui arriva nel suo articolo in parola il grande organo nazionalsocialista — la guerra divenne, e doveva necessariamente divenire per opera di Roosevelt, una guerra mondiale. Ma- è l'opera di un folle il quale ha creduto possibile ridurre l'intero mondo sotto la cricca che egli rappresenta, che altro non è ee non la cricca giudaica avida di vendetta. Un folle — scrive — che ha giocato col fiammifero in mano fino a tanto che ha messo l'intera, casa in fiamme; onde, più e meglio che la guerra « di Roosevelt » essa potrà passare alla storia col nome di «guerra mon-| diale del Pazzo », a cui incredibilmente un grande popolo ha affidato i propri destini. A Berlino si seguono con attenzione e si registrano una per una le spiacevoli vicende che si svolgono da qualche tempo in Brasile e che si traducono in misure di governo e in eccessi di pubblica opinione contro il nome, contro 1 beni e contro la persona stessa di sudditi tedeschi. E si di chiara che tali avvenimenti costi tuiscono certamente un elemento nuovo nello sviluppo dei rapporti brasiliano-tedeschi dàlia rottura delle relazioni diplomatiche a questa parte. Si osserva in circoli competenti che, se anche stia in dubitabilmente dietro a tutto ciò razione e la politica Bobinatrice del signor Roosevelt, non per questo 11 Governo brasiliano può essere dichiarato assolto dalle responsabilità che glie ne spettano. Le misure da esso prese e gli eccessi di folla lasciati compiere sotto i suoi occhi, costituiscono un fatto tanto più sorprendente, inquantochè si tratta di un paese che fino alla vigilia mantenne fiorenti rapporti economici con il Reich. Si pensi, si scrive fra l'altro dai giornali, che nell'ultimo anno di pace andarono dal Brasile in Germania soltanto di cotone 68 milioni di marchi e 58 di caffè. Con riferimento a cosi fruttuosa collaborazione de) tempo di pace, si constata, intenzionalmente oggi a Berlino che 11 presente atteggiamento del Brasile non sarà in Germania dimenticato. Giuseppe Piazza

Persone citate: Roosevelt, Stalin