Stenghal l'ospite appassionato di Ferdinando Neri

Stenghal l'ospite appassionato Stenghal l'ospite appassionato Chi dice a Ivrea, e chi a Novara : la narrazione della Vita di Henri Brulard è, a questo punto, ambigua, ma un» lettera di Beyle — non si chiamava ancora Stendhal — alla sorella Paolina (confermata dalla cronistoria dei teatri locali) ci assicura ohe proprio a Novara il giovinetto -disceso nella primavera del 1800 por la valle d Aosta, al seguito dell'esercito napoleonico, assistette ad una rappresentazione del Matrimonio segreto di Cimarosa ed ebbe la rivelazione della musica italiana. Anzi, di tutta la musica, com'egli l'intese poi sempre : il dono di una sensazione sublime, a cui non si possono assomigliare se non quelle dell'amóre, nella sua- forma più. pura. • ; Apparve Novo del, nova terra, e quasi un . . ' [raggio Divino al pensièr, mio... E quando, più tardi, lo Stendhal ei mise a comporre un trattato Dell'amore (di cui egli 6 un personaggio, come in un romanzo), lo corninolo con queste linee: «Io cerco di rendermi conto di questa passione, di cui tutti gli sviluppi sinceri hanno un Carattere di bellezza!. Questo legame nativo, indissolubile, fra il «sentimento» e-!a « bellezza », compresa l'espressione dell'arte, fu il massimo, se non l'unico valore che lo Stendhal riconobbe nell'esistenza: vi credeva perchè nelle sue fibre più intime lo sentiva ; e per esso gli pareva di staccarsi, con pochi altri spiriti fraterni, e felici, dal gregge comune. E dice un suo eroe, in un'ora assai grave, poco prima della morte: «Conveniamo, amica mia, che le passioni non sono che un accidente nella vita, ma. un accidente che non ei riscontra se non nelle anime superiori ». " Pure, la sua educazione intellettuale non era stata quella di un poeta, ma.di un ideologo: il quale riportò il suo metodo e i suoi computi sulle probabilità di riuscire nella «caccia alla felicità»: sapendo che, per parte sua, la felicità non poteva cercarla fuori di un'aura di passione e di bellezza. In questo senso si dispone e si spiega la sua predilezione per l'Italia, la simpatia che lo ani mò fin dalla prima giovinezza e lo avvinse, e s'approfondì, nel suo soggiorno più lungo a Milano fra il 1814 e il /21j allora per lui la vita ed il _ sogno si penetrarono colorandosi a vicen da, lasciandogli di .quegli anni una perenne nostalgia, il cui ultimo ricordo e documento è in ciso sulla sua tomba, nell'epi graie italiana ch'egli scrisse-da sé, con uso stile che commuove, trepido o ingenuo che sia: «Arrigo Beyle milanese...». Si molto discusso sull'indole, e sul grado, del suo affetto e della sua comprensione dell'Italia; e poiché si accostò al gruppo del Conciliatore, e fu inviso al Metternich, parve che la sua attività letteraria si delineasse nello spirito del Bisorgimento : mentre fu soltanto, per un certo periodo, nello spirito del Romanticismo italiano. L'Italia di Stendhal ha cento nomi: Cimarosa, Paisiello, Rossini...; Raffaello e il Correggio; Ariosto, Cellini, Metastasio ; Ludovico di Breme, Silvio Pellico, Bianca Milesi... ; e profili leggendari, Vannozza Farnese, Vittoria Accoramboni, Beatrice Cenci; e, non ultime, le donne che amò, irraggiungibili o raggiunte: Matilde Vi scontini « Angelina Pietragrua...: una serie, una moltitudine di entusiasmi, di esperienze, di dolcezze, di cui sono'costituiti i suoi libri di arte e di viaggio, così saltuarii, così precisi, a tratti così personali: Roma, Napoli, Firenze, le Passeggiate romane... Non mai essa, l'Italia, come una creatura viva e diletta. Il nodo, a me sembra, è tutto qui; e se ' lo i Stendhal tentò di adunare tutti quegli elementi dispersi e affascinanti in una concezione dell'enegia passionale, che risale dai costumi italiani del suo tempo verso una sfera primitiva e selvaggia,. non abbiamo a mostrarci nè riconoscenti, nè scon trosi: tutto questo si svolge fuo ri della nostra civiltà, fuori, ap punto, del nostro Risorgimento; è un tema d'artista, che ha vita nella sua fantasia e s'impersona nelle sue favole, per attuare quella sua, visione d'ambre e di bellézza che solo, e realmente gl importava. t • nacquero ì grandi roman zi di Stendhal: Il Rosso e il Ne ro, Luciano Leuwen e La certosa di t'arma. Il primo è condotto con un polso più fermo, sì da dominare pienamente il proble ma di un età storica, di una ge nerazaone «napoleonica» piegata e vinta alle insidie e alle scaltrezze della Ristorazione; e fra quelle strette ostinate, nell'impegno e nel pericolo di chi deve combattere con le armi non sue e vi gioca la testa, campeggia carattere di Giuliano, d'una si gnificazione più profonda, più amara che non sia quella del Figlio del_ secolo di Musset e di tanti altri. Il suo stesso amore, prima per la signora di Renai, e poi per Matilde de La Mole, s'inizia sotto specie di una lotta, tanto più ansiosa, tanto più dolorosa, Sorretta da un'energia disperata; e le due figure femminili, che sorgono, strenue e schiette, di, fronte a quel destino, ne traggono una risonanza drammatica, che va oltre i casi del romanzo e attinge le pure solitudini della coscienza. Leuwen e la Ctrtosa procedono su di un tono più abbandonato, con un accento più personale, ch'è, ad un tempo, memore e desioso; Stendhal sogna ad occhi aperti la vita che avrebbe Voluto viv.ere negli anni mila¬ nesi con Matilde, ' che non era più; e ne ricrea l'immagine con una ricchezza e una gentilezza di sentimento, che bì riflette d'intorno, nella famiglia del giovine Luciano e in quel tipo nuovissimo, di umanità e di umorismo, di Leuwen padre, su di uno sfondo, ch'è poi tutto satirico, degl'intrighi politici Botto il regno di Luigi Filippo. La Certosa è d'una fantasia anche più libera e lieve ; e pare che l'Italia del Rinascimento, come piaceva allo Stendhal, abbia battuto il passo fino all'alba dell'Ottocento, e le ombre dei Farnesi trascorrano dal campo di Waterloo alla corte di Francesco IV, duca di Modena (che diventa Ranuccio Ernesto IV di Par- ma); gli antichi amori rivivono anche qui, nella Sanseverina e Clelia Conti; e quelle età lontane che si confondono in una città irreale (con certi carbonari inverosimili, e una folla di marionette comiche), e soprattutto quel segreto dell'autore con se stesso, danno al libro un sapore enimmatico, che si risolve in una strana poesia. Gli «stendhaliam» se ne deliziarono senza fine. Gli stendhaliani non ' esistevano al tempo di Stendhal. Nei cento anni, che ora si compiono dalla sua morte, l'opera 6ua si innalzò per una delle avventure più singolari della storia letteraria. Com'egli aveva presagito, la sua ora giunse tardi; ma poi che giunse, egli apparve, fra i posteri, un contemporaneo. Le sue pagine, ammirate, chiosate fervidamente, si accrebbero su- tli inesauribili manoscritti ineiti: lettere, diari, autobiografie: il Brulard e i Ricordi d'egotismo. Del Leuwen, che lo Stendhal non aveva terminato (ed a cui mutava il titolo di continuo : Il rosso e il bianco, L\amaranto « il nero, L'arancio ai Malta, ecc.), fu ' pubblicato un frammento, Il cacciatore verde, nel 1855; poi, nel '94, una redazione abbreviata, e d'un testo malsicuro; da meno di vent'anni lo si è potuto leggere veramente, e intenderne tutto il valore. Alla conoscenza critica dello -Stendhal hanno contribuito in larga misura gli studiosi italiani, e da ultimo, notevolmente, il Trompeo, il Benedetto, il Natoli, il Cordiè... Si chiude, con questo primo secolo, la voga di Stendhal? Già qualche voce ne ironizza con garbo il machiavellismo amoroso, troppe volte deluso, la dottrina sensuale e sentimentale per i pochi eletti ; ed il Valéry insinua un dubbio acuto nel congegnò psicologico stendbaliano. Svanirà la manìa, come sempre; ma resterà quel che, la fece sorgere : una visione della, vita che s'è cristallizzata — come il ramoscello deposto ne\)e miniere di Salisburgo — in un'opera di poesia. L'immagine è di Stendhal, e gji si addice benissimo : per tutto il sale ch'è in quei oristalli. Ferdinando Neri