Piaceri pochi, dispiaceri molti di questa magica tentazione di Antonio Antonucci

Piaceri pochi, dispiaceri molti di questa magica tentazione A PROPOSITO DI GIOCHI D'AZZARDO Piaceri pochi, dispiaceri molti di questa magica tentazione Il recente inasprimento delle sapene per i giocatori di azzardo, Pestabilito dal Consiglio dei Ministri, Scè una difesa dell'uomo contro una Rdelle tentazioni più magiche alle quali vada soggetta la sua debolezza, rimasta inalterata attraverso 1 secoli, se non è peggiorata un tantino. Soggiacquero ad essa anche persone di grande intelletto, principi e sovrani. Racconta Valerlo Massimo che Volumnlo, re di Vejo, giocava ai dadi, quando ricevette la visita di un'ambasceria romana. Volle il caso che proprio In quel momento 11 suo avversarlo avesse un colpo di straordinaria fortuna, onde egli esclamò: « Occide! » (Ammazza!). Le guardie del corpo non domandarono spiegazioni ed uccisero 1 Romani con noiose conseguenze. Enrico IV, re di Francia, stava giocando quando gli comunicarono 11 rapimento di una donna alla quale egli voleva bene. Gli spiacque molto la notizia ed alzatosi di scatto, disse al signor di Basscmplerre: < Tenete vivo il gioco che vado a sentire notizie più particolareggiate ». Quando Didlo Giuliano fu proclamato imperatore passò sul cadavere insanguinato di Pertinace per recarsi a giocare al dadi nella stanza accanto. Egesiloco, tiranno di Rodi, giocava agli allossl le più belle donne del suo dominio. Persino il severo Filippo II, re di Spagna, giocava d'azzardo e— diverso in ciò da pagiinbe11202. 22 i Caterinna II, imperatrice russa 1guardava con simpatia coloro che r r n i e e . i i e a r o . l n a a , . a r , : i i , a o a a o o ea a ruae si a o e o a o i ase a s^ a, ne. ra. e». ò iahe nlha a, lo facevano vincere. Nascita dei tarocchi Il più antico gioco d'azzardo è certamente la morra, di origine egiziana, poi vengono 1 dadi, la cui invenzione, secondo Platone va attribuita a Thot, il semidio che scopri 1 numeri, il' calcolo, la geometria, l'astronomia e scrisse volumi a migliaia. Anche la luna si lasciò tentare dal gioco del dadi e, in una partita impegnata con Mercurio, perdette la settantesima parte del tempo in cui essa rischiarava l'orizzonte e che da Mercurio fu regalata alla terra. La luna ne resto cosi male da "apparire tuttora pallida ed immusonita. La terra ci guadagnò soltanto le complicazioni del suo calendario. Il gioco ha radici Cosi sicure nell'Istinto umano che quando l'Egitto non fu più in grado di far fronte agli invasori, i suoi sapienti —' preti ed iniziati — radunatisi in assemblea studiarono il mezzo migliòre per trasméttere ai posteri le loro conoscenze segrete, e fu deciso di ricorrere al vizio. Sopra, piccole lame metalliche, vennero incise figure misteriose, simboleggiami per l'appunto i segreti da tramandare, e da esse nacquero 1 tarocchi. Trascurando la scienza, 1 posteri se ne servirono per divertirsi ed anche per interrogare il futuro a spese degli Ingenui. Infatti, il cosidetto « Libro di Thot » utilizzato dalle gettatici di carte, fu scritto in tempi abbastanza recenti da un garzone di barbiere. Il Rig-Veda (15 secoli a. C.) contiene un inno al dadi che dovrebbe mettere in guardia i suoi amatori, paso dice: « Io amo follemente 1 figli del grande Vibhadaca (Dio del giuoco), i dadi che si agitano, cadono nell'aria e rotolano al suolo... Ho una sposa che non ha contro di me né collera né brutte parole... Ed ecco la mia donna devota che io lascio per tentare la fortuna... « E la suocera mi odia, mia moglie mi respinge. Rifiuto i soccorsi al povero. La sorte del giocatore è quella di un vecchio cavallo da nolo. « Altri consola la donna di colui che ama 1 dadi trionfanti... < Quando rifletto, non voglio più che i dadi mi rendano Infelice, ma, passando, gli amici mi spingono. I dadi neri, cadendo, mi fanno sentire la loro voce, e vado dove essi sono, simile a una donna perduta d'amore. c ...1 dadi sono come il guidatore di elefante, armato del pungolo con cui lo preme... Non cedono nè alla collera, nè alla minaccia... Lo stesso re s'inchina davanti a loro... O Dadi, io saluto con rispetto il sovrano e 11 capo della vostra armata... Io non disdegno i vostri doni e vi tendo tutt'e due le mani. Ma dico In verità: O giocatore, lascia stare i dadi. Lavora piuttosto la terra e godi una fortuna, frutto della tua saggezza... ». Nel giorno di Waterloo I governi indiani trovarono invece più saggio sfruttare la debolezza umana, onde avevano un < Sovraintendente ai piaceri pubblici » che sorvegliava le case da gioco dalle quali ricavava un reddito per il tesoro, aumentato dal monopolio Bulla fornitura del dadi. Anche il tesoro di Giustiniano ?> . ltava 1 «locatori d'azzardo. Golene la legge romana accordava al perdente IT diritto di reclamare il quadruplo del perduto, Giustiniano la reclamava per i perdenti che non usufruivano del loro diritto e destinava ll-rlcavato ai lavori pubblici. Fortissimi introiti ricavava il governo francese dal Palaia Royal, dove i piaceri pubblici erano sfruttati, diremo cosi, razionalmente. Vi erano infatti ristoranti, ltdadctte«a3dSeiMslafauditcaPplA sale da giuoco e sale da donne Peggio quindi che navigare tra ScuTa e .Carlddi. Al « Palaia Rovai >, il 'gioco non fu disoccu- a i e a e o a a pato nemmeno sul finire dei cento giorni di Napoleone, ed ecco un interessante specchietto del suoi benefici: 18 giugno 1815 (giornata ' S di Waterloo) F. 11,174.67 19 giugno 1815 » 11.901,30 20 giugno 1816 «ritorno (li Napoleone a Parigi) » 1.730,45 21 (riugno 1815 (vigilia . dell'abdicazione di Sa- . poleone » 8,70 22 giugno 1815 » 16.890,70 23 giugno 1815 ». 5.927,45 mcvsomp?.cecccsIdce è e a e o a e a i n a a . Gli Alleati vittoriosi, lasciarono le penne al « Palais Royal » (tanto, si dice, da poter pagare l'Indennità dì guerra) e lasciarono anche debiti per franchi 933.849, dei quali 170.109 « vagamente recuperabili ». Nemmeno la religione potè molto contro li gioco d'azzardo. Una tavola di marmo, trovata a Roma e decifrata dal Sumaise, diceva: « Gesù Cristo fa guadagnare ed assiste coloro che giocano ai dadi 3ul sopra e che ci hanno scritto lpro nome ». Se vogliamo credere ad Emilio Gebhardt, anche San Pietro non disdegnò il gioco ed ecco come fu. Satana, partendo in campagna con il suo Stato Maggiore, confidò la guardia delle sue caldaie a un povero menestrello, finito all'inferno, per troppo amore alle carte. Con in tasca un fioco di carte, san Pietro, al corente della faccenda, gira Intorno all'inferno, si fa invitare ed offre una partita di picchetto al povero menestrello. Perseguitato dalla sfortuna anche dopo morto, e dato che San Pietro poteva fare miracoli, l'infelice perderla chitarra e quindi la camicia: nell'ansia di « rifarsi », mette come posta le anime affidate alla sua custodia. San Pietro, le guadagna tutte e riparte con il suo bottino.. Quando Satana ritorna e trova vuoto il suo-nido, immaginate la scenata! Egli dà al menestrello un calcio cosi potente da spedirlo fino alle porte del paradiso, dove San Pietro lo accoglie con un sorriso paterno. E qui il menestrello-giocatore se la cavò bene. Andava viceversa a malissimo agli Unni, i quali si giocavano persino la loro vita e dovevano pagare. I cinesi, rimasti senza denaro, si giocavano le dita, onde avevano sempre a portata di mano un vaso di olio di sesamo per curare la ferita. ?.. «j.^.ir * "1' *,< * * V ^, - * -r "' *■»'- L'« elefante ubriaco >i Tornando alla religione, diremo che Bautrii, favorito di Mazzarino e giocatore, sfrenato, invitato dal cofjfessore, a meditare sopra un capitolo della Passione a suo piacimento, scelse quello in cui le .vesti del Redentore erfeno giocate ai Idadi." Un altro nobiluomo (D'Es crivaisnes) giocatore inguaribile, o , a a : d i o e o o o e o n ro e o a aia di e a. e o o n o e a al confessore che lo metteva di fronte alle responsabilità del suo peccato e che gli chiedeva: « Che cosa rispondete? », disse astrattamente: « Banco! ». E giacché siamo in tema di aneddoti, voglio "anche riportarne uno che potrebbe finalmente spo destare quello troppo vecchio del padre che lamenta: « Non ini dispiace che mio figlio giochi: mi displace che voglia rifarsi ». Anche qui c'è un padre ved anche qui c'è un figlio nelle medesime condizioni. Il padre gli chiede: — Ma perchè continui a giocare ? — Per rifarmi. Il padre* si toglie il berretto e mostrando la sua testa calva, osserva dolcemente: —• Guarda: è come se io corressi dietro ai miei capelli! Naturalmente, ai giochi d'azzardo è anche possibile vincere. Il re egiziano Rampsinite, sceso all'inferno, sfidò ai dadi 1 suol guardiani e tornò su con una bella salvietta d'oro, ma è probabile che si tratti di una leggenda, motivo per cui i- giochi d'azzardo non-saranno mal deplorati, abbastanza. Tra le altre colpe, essi hanno an che il torto di rovinare, con la loro violenza, quell'armonia che do vrebbe costituire il fàscino di ogni gioco. Fino a 130 anni or sono, gli scàcchi giapponesi avevano un pezzo chiamato «l'elefante ubriaco » la cui onnipotenza (paragonabile alla nostra «matta») impediva il calcolo e uno svolgimento logico della lotta. Esso fu abolito con un decreto Imperiale. Antonio Antonucci

Persone citate: Didlo Giuliano, Emilio Gebhardt, Enrico Iv, Gesù, Guarda, Palaia Royal, Platone

Luoghi citati: Egitto, Francia, La Morra, Mazzarino, Parigi, Rodi, Roma, Spagna