"Ho pregato il re di non scrivermi più,,

"Ho pregato il re di non scrivermi più,, UNA DONNA ALLA CORTE DI LUIGI XIV "Ho pregato il re di non scrivermi più,, NON crediamo che Mazzarino, ad onta delle lettere di Luigi XIV e di Anna d'Austria, s'allarmasse gran che, al contrarlo. Il fatto stesso che la lettera del re fosse « succinta », dimostrava due cose: ch'essa era il frutto d'uno scatto irriflessivo e che Luigi non ai sentiva in grado di controbattere metodicamente ed efficacemente le ragioni del Cardinale; Inoltre, la lettera non impediva a quest'ultimo di continuare i negoziati con la Spagna, e questo era l'essenziale. Nonostante i timori d'Anna d'Austria, pur riluttando e protestando, il re s'adattava all'Idea che il suo matrimonio con l'Infanta fosse inevitabile; Mazzarino non chiedeva di più. La lettera con cui egli rispose a quella di Luigi, cerca di lenire le ferite inferte all'amor proprio de! giovanotto: se il re crede veramente di aver dei motivi di lagnarsi del suo umile servitore, gli Indichi 11 luogo nel quale egli deve recarsi per subire il meritato castigo, ed egli non solo vi si recherà Immediatamente, ma riconoscerà altamente le ragioni del re e la propria colpevolezza. Ma questa colpevolezza che si dice disposto ad ammet- penna tra le dita, egli la nega, Un plicitamente. Non solo afferma che nulla può togliergli la libertà « che le leggi divine e umane gli danno di disporre della sua famiglia », ma scrive: « Se vi foste dato la pena d'esaminare la mia lettera, avreste trovato largamente di che testimoniarmi la vostra riconoscenza per quello che vi scrivevo spinto da un puro e indispensabile motivo e nell'interesse del vostro servizio, gloria e onore >; a ogni modo, conclude: « per abbreviare il tempo del vostro matrimonio, ne firmerò gli articoli insieme con quelli della pace, secondo l vostri ordini, dopo di che andrò a finire i miei giorni nel luogo che vi piacerà indicarmi, contento di aver avuto la fortuna di servire per trent'anni il re vostro padre e voi, senza che le vostre armi e i vostri interessi abbiano perso nul la del loro prestigio». Ormai lapartita pareva vinta, e Mazzarinosi sentiva disposto a fare le piùgrandi concessioni verbali al sotvrano; e infatti, in una lettera del 2 settembre, con un'ironia che non sfuggirà a nessuno, gli scriveva: « lo ho una tale venerazione e un così profondo rispetto per la vostra persona e per tutto quanto viene da voi, che il pensiero dì dissentire da voi su qualche punto, sia pure di lieve importanza, non può neanche sfiorarmi. Al contrarlo, non faccio nessuno sforzo a sottomettermi ai vostri sentimenti, e a dichiarare « che voi avete ragione in tutto ». Maria nella disperazione La lunga crisi si avviava veramente alla fine. Pare che in quei giorni Luigi XIV, scrivendo a Maria, non riuscisse a celare il proprio turbamento : può anche darsi ch'egli le scrivesse lealmente che l'amore doveva cedere alla ragion di Stato. Notizie precise sugli Impegni che Mazzarino stava per assumere in nome del re le giungevano, certo per volontà di suo zio, da uno dei più fidi collaboratori di questo, il vescovo di Fréjua. Ma nonostante tutto, Maria restava Incredula: essa capiva che tutto ciò era vero, sono parole sue, ma la sua anima si rifiutava d'ammetterlo. Per fortuna c'era la Venel, pronta a confermare le informazioni del vescovo di Fréjus: il re, disse la Venel, s'era compiaciuto di ricevere l'ambasciatore di Spagna che gli aveva parlato del matrimonio con l'infanta. « E come ha risposto il re? > domandò Maria. « Col silenzio, segno di consenso dei sovrani in tali occasioni ». Queste parole della Venel piombarono Maria nella disperazione. Ma essa era forte, lo sappiamo. La Venel le andava dicendo che ormai, se non voleva diventare la donna più disgraziata del !mondo, le conveniva (tentare di 'rappacificarsi con Sua Eminenza, ; ed essa si decise rapidamente. Il Ì3 settembre la Venel poteva scri[vere al Cardinale: «Essa [Maria] mi ha fatto l'onore di garantirmi questa sera che non scriverà più al re»; e Maria stessa confermava: « Credo che d'ora in poi Vostra Eminenza avrà motivo d'essere contenta di me per la condotta che terrò. Ho pregato 11 re di non offendersi se non gli scriverò più e di fare anch'egli la stessa cosa... Inoltre, supplico umilmente Vostra Eminenza di credere che io non ho altro pensiero che di conformarmi in tutto e per tutto alle sue intenzioni e di obbedire a tutti ì suoi ordini... ». Permettiamoci di ammirare per un momento Maria. Essa è una buona giocatrice: convinta di aver definitivamente persa la partita, non sì lagna. Che 11 colpo sia stato duro è cosa di cui non si può dubitare, benché ella, con quel geloso pudore dei propri sentimenti che le conosciamo, sorvoli nelle sue memorie sull'impressione provata vedendo crollare tutte le proprie speranze. Essa s'era lusinga ta che 1 negoziati con la Spagna non giungessero in porto, ma, dice, tutte le difficoltà furono sor. montate, « e questa fu la sola mia disgrazia che rimase irrimediabì le ». Ma essa non perse la testa per questo, e, come abbiamo vi sto, si preoccupò immediatamente di riconquistare la benevolenza e la fiducia del Cardinale. Maria aveva uno scopo: trovare al più presto un marito, vedere le pro> prie nozze celebrate prima di quelle del re, per non aver l'aria d'essere stata abbandonata. Per questo chiedeva se il principe Carlo di Lorena, nipote ed crede del duca regnante, di cui aveva sentito molto parlare, non potesse essere un buon partito per lei. Il Cardinale non chiedeva di meglio che dar marito alla nipote, ma anche in ciò 11 suo parere differiva da quello della ragazzaMaria voleva fare un matrimonio che le permettesse di rimanere In Francia; Mazzarino, invece, voleva darle marito in Italia. Che motivo avesse Maria per voler restare a Parigi, è cosa che non sapremmo dire: è da escludere che essa sperasse di diventare, una volta maritata, l'amante del re, di essere al fianco di Luigi XIV quello che Diana de Poitiers era stata al fianco di Enrico II. Quando, più tardi, il re le farà questa proposta, essa la respingerà sdegnosamente. Può darsi che, nel suo immenso orgoglio, essa temesse di rendere più evidente, esiliandosi dalla Francia, la propria disgrazia; può anche darsi che meditasse una bella e femminile vendetta contro Luigi XIV: mostrarsi a corte sposa felice e innamorata del marito, o d'un altro, ed esasperare cosi la passione dell'amante Infedele, che, di ciò era ben certa, non poteva essere sopita. Le ragioni di Mazzarino erano più semplici: egli aveva sperimentato che diavolo di donna fosse la nipote, e voleva vederla lontana. Non mancavano in Italia principi degni di imparentarsi con la sua famiglia; e infatti, egli aveva posto l'occhio su I «renzo Onofrio Colonna, duca di Tag'Uacozzo, principe di Palliano e di Castiglione, Gran conestablle del Regno di Napoli e vicere d'Aragona. Ma per il momento si guardò bene dal contrariare Maria, e non fece obiezioni al nome del principe Carlo di Lorena. Sarebbe stato un vero peccato dissipare l'atmosfera idilliaca che andavano assumendo le sue relazioni con la piccola ribelle domata. Chi non si consolava In quel giorni Maria aveva voluto lasciare la Rochelle per Brouage. Le ragioni di questo trasferimento erano affatto romantiche: Maria aspirava a un soggiorno che s'accordasse col colore dei suoi pensieri: non agivano così, quan¬ do erano disperati, i personaggi dei suoi cari romanzi? « La solitudine era, allora, l'unica cosa che mi attirasse — scrive nelle sue memorie — come la più adatta a secondare i miei tristi pensieri; per cui scelsi il castello di Brouage, luogo privo d'ogni divertimento e dove le mie sorelle s'annoiavano assai; mi pareva che tutti dovessero essere partecipi del mio dolore e consideravo un delitto la gioia degli altri ». Da questa fortezza solitaria, circondata di paludi salmastre, Maria scriveva « al migliore fra tutti gli zii » per rinnovargli l'assicurazione del proprio affetto e della propria sottomissione. La Venel era felice. « Dopo diverse conversazioni che abbiamo avuto insieme » scriveva nella prima settimana di settembre, < due giorni or sono, la signorina mi ha fatto l'onore di riconoscere che io avevo sempre detto la verità, quando m'ero permessa di ammonirla che le persone che non sanno dominare le proprie passioni non potevano avere nè felicità nè reputazione ». Qualche giorno dopo, constatando l'irremovibilità delle decisioni di Maria, la Venel comunicava: «Il re ha scritto ancora con l'ultima posta ordinaria una letterina per la quale non c'è stata risposta », e in una lettera di poco posteriore, si spingeva sino od affermare: « io credo, Mon signore, che questa faccenda sia terminata interamente secondo i desideri di Vostra Eminenza». Il Cardinale rispondeva: « Vi prego d'assicurarla [Maria] da parte mia che l'amo con tutto 11 cuore », e poiché sapeva come la nipote prediligesse libri di filosofia, le faceva consigliare la lettura di Seneca, « nel quale troverà di che consolarsi e confermarsi con piena soddisfazione, nella risoluzione che ha prcrc •. Chi non si consciava era Luiji o e e e i e e i XIV. Egli non sapeva adattarsi all'idea che Maria non rispondesse più alle sue lettere. L'officioso Bartet, scriveva da Bordeaux che il re era diventato malinconico e rifiutava di prender parte alle feste e al piaceri della corte. Era evidente ch'egli si prestava malvolentieri a discorsi che riguardassero il suo futuro matrimonio. Quanto all'Infanta, scriveva Bartet, « io non l'ho mal sentito parlarne con grazia ». DaBrouage, la non meno officiosa Venel teneva puntualmente Informato Mazzarino dei tentativi che Luigi XIV faceva per vincere la fermezza di Maria. Egli seppe' cosi che ai primi d'ottobre il re aveva inviato a Maria un cucciolo della sua cagna favorita, sul quale la ragazza si era commossa, lagrimando alquanto. Pochi giorni dopo, ecco qualcosa di più grave: Luigi XIV, chiamato presso di sè il signor Terron, governatore della Rochelle, lo aveva incaricato di consegnare a Maria alcune lettere all'insaputa di tutti, di dipingerle a voce la sua disperazione, d'informarla che il suo matrimonio con l'Infanta era stato rimandato a primavera (cosa, questa, che rispondeva a verità), per cui non tutte le speranze erano perdute. Quel che v'era di lusinghiero nel fatto d'essere scelto come confidente del re, aveva vinto nel bravo Terron la paura che gli ispirava 11 Cardinale, ed egli aveva accettato ed eseguito la commissione. Maria, dà quella ragazza- leale che era, si portò benissimo in entrambi 1 casi: a colui che le ave; va recato il cucciolo e che le chiedeva che cosa dovesse comunicare al re, rispose di djre a sua maestà «ch'essa non poteva scrivergli, perchè lo aveva promesso a Sua Eminenza». Quanto alle lettere recatele da Terron, mise subito al corrente di: tutto le Venel e ne scrisse ella stessa al Cardinale, assicurandolo in pan tempo di voler piuttosto morire che dis¬ obbedire ai suo* ordini. Ma la Venel scriveva allarmata che < u fuoco covava sotto la cenere, cosi che al più piccolo soffio di vento, vale a dire alla più piccqla notizia, essa lo vedeva risfavillàre », e Mazzarino si senti di nuovo preoccupato. [Contìnua). Cesare Giardini Fanti tedeschi entrano In un villaggio sovietico, tra le case in fiamme. (Foto Wiesebach ■ Hoffmann).