Congedo di Filippo Burzio

Congedo Fanciulle del tempo perduto Congedo «Voi due volete farmi morire. 10 non merito tanto, non sono mai stata* amata così ». Parole dell'ultimo fcior/io, dette durante l'ultima passeggiata che facemmo insieme : e la poesia del ricordo colora indissolubilmente di sè quella del luogo. Com'era torbido il cielo sulle nostre teste, e come il cupo verde accennava; quali fosche parole di conforto diceva la turbata natura alla turbata anima mia ! Bombavano le selvagge acque déntro il Gouffre che si avvicinava; rombava un dolore eroico e trasfigurato, e quasi non più dolore, ritmato dalle selvagge musiche dentro il mio cuore. Lungi, lungi si estende il plutonico regno: e là dov'esso confina con le praterie grandi massi tra l'erbe ne son come le prime vedette. Man mano che si procede il luogo si fa più orrido, il fragore dell'acque più cupo: quasi anche 11 cielo s'infosca. Poi, dove la valle non è più che una forra, protetta da granitici spalti che immani incombono, cinta dal torrente che rugge profondo, e più volte varcasi, la capitale. Ponte lanciato con arco aguzzo fra le nude rocce, ballatoi umidi sospesi sopra l'abisso, esile gruppo di case, accosciate a mezza costa come un gregge tremante sotto il volo del falco, custodi della porta ìnfera, e del suo orrore comprese ! Là, sotto un pergolato conteso allo strapiombo, stretti gli uni agli altri per il breve spazio, restammo a lungo insieme, nel pomeriggio dell'ultimo giorno. «4 L'indomani, egli doveva partire per la città, io per la montagna, entrambi di buon mattino ; ed ella sarebbe forBe rima sta ancora fino al giorno dopo: ma la sera eravamo tutti occupati per diversi impegni. Ci salutammo pertanto prima di, ce> na, e furono freddi e banali saluti. -Sbrigati i miei affari, tornai all'albergo ch'era tardi. Credevo di trovar tutti a letto, invece essi stavano ancora giocando, insieme con altri, nella sala a pianterreno : mi fermai a guardare. Ero silenzioso ed astratto, non m'importava più di niente. Quando gli altri si alzarono, volli andarmene anch'io, e lasciarli soli. Ella non mi disse: «Aspettate», ma non mi rese il saluto, e si mostrò sulle mosse per venir via. Attesi, salimmo insieme. Suo fratello ci accompagnò fin davanti alla sua camera, dove voleva prender qualcosa. Là feci ancora per salutarla ; mi disse: «Torno subito», ed entrò in camera con lui. "Uscirono, scomparvero. Io attesi, in piedi presso la porta socchiusa. Tornò, mi prese per mano : « Venite » ; entrammo. «Non volevo che ci lasciassimo così. Vi avrei aspettata fino a qualun que ora». Mi chiese un' ricordo, volle che scrivessi per lei qualche parola. «Quando voi sarete famoso, io conserverò ancora questa vostra cartolina». Non mi aveva mai fatto elogi ; mi" parlava con una'gravità tenera, come una mamma ad un bimbo imbronciato. Sembrava dirigermi, con risoluta benevolenza; non più civetteria, non finzione: era contenuta e sincera. Io sentivo sciogliersi il gelo, non venir le fiarole. Come in una sorta di deirio lucido, sorse allora in me la volontà ferrea di salvarmi, di esprimere ad ogni costo quel che sentivo, di dire quel che dovevo, di consacrare quel_ nostro, attimo estremo nella poesia. Mi alzai di scatto, mi misi a camminare a grandi passi, eccitandomi col moto violento. Avevo la mente stanca ; la sbarazzai di tutti i pensieri vani, delle parole banali che la ingombravano: la sbarazzai dicendole. Dicevo . tutto quel che mi passava pel capo, senz'ordine, pur di non smontarmi, di non perdere il filo. Seguivo il mio pensiero, parlavo 'a ecatti, senza guardarla. «Domani soffrirò come un dannato, e stasera sto zitto. Mi roderò l'anima di aver taciuto, di averla lasciala partire cobi. L'amo, e non-so che dirle. Perdio, è una cosa da matti. Non troverò mai più un'occasione come questa, e la sciupo. Lei è lì che mi vede, mi giudica; guai se perdo anche stavolta. Lei non capisce niente di quello che dico: fa niente, mi guardi in faccia e capirà». Sconnessioni, 1 trivialità, fraseologia commerciale, fuori tutto : e ogni tanto una gemma. Ella ascolta' va quel profluvio di parola Benzi stupirsi, leggendo nel mio viso il mio spirito, che cercava e si dibatteva. Ero come uno che corre sopra una strada irta di ostacoli, che incespica, cade, si rialza, riprende. Non più freni, ne scrupoli di contegno, di parole, di modi: sentivo eh 'essi s che un sol grano di sabbia, ini avrebbero ricacciato in basso, mi avrebbero smontato per seni pre, e allora la pièna volontaria li travolgeva. Nei silenzi, con le mani in tasca, mi mettevo a fischiettare, senza fermarmi. Anche la tensione muscolare che atteggiava duramente la maschera facciale giovavami • e soprattutto il rapido moto. Dei brividi finalmente mi scossero, sentii che la mèta era prossima, che la battaglia era vinta ; sentii che padroneggiavo ormai l'attimo dall'alto i delle scatenate potenze espressive. Successe un po' di trambusto in una camera attigua, e avevamo lasciato la porta semiaperta. Passarono due camerieri, guardarono dentro, ci videro, vicinissimi, quasi abbracciati. Ella ne fu turbata, e rimase per un po' muta, perplessa ; poi corrugò la fronte, crollò le spalle, disse: «Non importa, purché non facciate niente di male» — e andò a chiuderla a chiave. Dietro la porta chiusa io la «presi, per la ftrima volta in quella èera, nele mie braccia. Potevo tacere, ormai ; e tacqui, finché la tenni. Ma quando la vidi arrovesciarsi sulla mia spalla, ed abbandonar¬ ppdgesLvttndqt1dnsCddtcbqrntt1tWLtnlrdcrsdpVdnVdpp1fpdslds visi; e con gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, in cui incontravo la durezza e l'umidore dei denti,'ricevere inerte i miei baci; quando sentii che l'avrei presa, volendo, qual tenerezza, qual terribile amore! Era la mezzanotte passate, ero stanco, perchè non dormivo da varie notti, e il mattino dopo 'all'alba dovevo partire : ma se il mattino dopo avessi dovuto fare il Cervino, e da quel riposo avesse dovuto dipendere la mia sorte, credo che avrei passato la nòtte vicino a lei, se lei l'avesse x°'uto. Ogni vile prudenza fu travolta da quella piena: per la prima volta provavo sentimenti così formidabili ed esclusivi, di così chiara origine, di così decisiva efficacia; per la prima volta la veemenza e semplicità della mia natura si sentiva libera di manifestarsi, rompendo le sue solite dighe. Per due giorni, allora, la mia condotta fu determinata dal mio sentimento in ogni partico lare, in modo irrevocabile e sen za esitazioni, con assoluta cer tezza della bontà di quel che fa cevo: mi sentivo mosso come da una forza della natura. All'alba partii. Per via, la stanchezza e il furioso desiderio di rivederla mi «fecero pensare a un compromesso : un ritorno nel pomeriggio. Bastò che mi balenasse il suo viso stupito, il nostro disagio dopo le parole definitive scambiate, la banalità di una seconda notte, per decider mi a proseguire. Salii con gli altri a una baita, dove pernottammo. Ella doveva partire il mattino dopo, verso le dieci. Durante la notte pensai ai casi miei: come nel pomeriggio :vevo capito ch'era troppo presto per ritornare, così, ora, sentii ch'era tempo, e giusto, che la rivedessi. Tutto ciò che sarebbe accaduto: quello scendere a precipizio, quel giungere inatteso al momento della partenza, il saluto semplice .in faccia alla gente, straziante nei nostri cuori, l'ombra di passato e d'irrevocabile su tutto ; quel ch'era stato, il desiderio, rinnovato dalla presenza, e già vano — tutto ciò sentii ch'era bello, e lo feci. Sul far del giorno discesi; gli altri non vollero seguirmi, e n'ebbi piacere. Non credo m'inganni il ricordo se dico che quella strada non può percorrersi in minor tempo. Giunsi mezz'ora prima della partenza, ma non potemmo più restar soli, e fu. bene. Dopo, nei pochi giorni che passai ancora lassù, l'energia non mi sostenne, e soffersi. Poiché m'inibivo di pensare, per _ contenere il dolore nei limiti del tollerabile, era da sensazioni casuali, da raffronti inevitabili che sgorgava la sofferenza. Era dal non vedere le sue scarpette- davanti alla sua porta, al mattino ; era", nelle visite che non potevo trattenermi di fare alla sua camera, la nudità delle pareti, ricoperte già dallo sue vesti; dei tavoli, ingombri già dei suoi oggetti di toeletta ; deserti, ora, di quell'intimità così cara ; era lo svanire del suo profumo, l'ultima cosa di lei che mi restava, e di cui, al secondo giorno, già non era più traccia. Filippo Burzio

Persone citate: Benzi, Congedo