Qualche mese col Duca nelle terre dell'Impero di Angelo Appiotti

Qualche mese col Duca nelle terre dell'Impero Qualche mese col Duca nelle terre dell'Impero Ricordi di Addia Abeba. Memo- rie di un tempo '.^finitamente lon- tano. Tormento nel cuore di tutti coloro che vissero combatterono oostruirono in quella terra che gials'era imparato ad amare come la terra della Patria. Il giorno che gli inglesi entrarono in Addis Abeba molti di noi piansero di nascosto le loro lacrime più amare. Quel giorno il Duca era già sull'Amba Ailagl il Duca quel giorno cominciò la disperata resistenza dellAmba Al agi. Ognuno ch'era stato laggiù e ch'era saltato sull'ultima passerella dell'ultimo piroscafo chiamato da altri doveri avrebbe voluto in quei giorni tornare a fianco del Duca. Essere con lui, combattere per lui s con lui. Poiché raramente un Capo militare fu più stimato e più amato del Duca d'Aosta. II trionfale arrivo Giunse ad Addis Abeba un chiaro mattino di dicembre, in volo, dall'Asmara. Trentamila italiani e centomila indigeni delirarono quel mattino, e il pomeriggio, e il giorno dopo, e un altro giorno ancora, attorno al Duca d'Aosta. Quel che accadde non appena il Vicere ebbe varcato 1 cancelli del campo di aviazione e la sua macchina s'immerse nella foresta umana che s'addensava nel dolce bosco di eucalipti fino alla città bianca Imperiale fu Inaudito. Alcuni uomini e alcune donne morirono soffocati schiacciati dalla folla, poveri visi neri poveri sciamma bianchi immoti sul margini della strada erbosa poi che la bufera passò. Anche fina macchina, di noi' giornalisti s'abbattè contro la spalletta di un ponte fece lui' gran salto ai capovolse schiacciò Un caro collega, noi raccogliemmo 11 povero ragazzo in un lago di sangue lo portammo all'ospedale era tutto una ferita povero Fianca-per tre mesi i dottori ogni giorno dicevano stasera muore stasera muore. Per dire che quel giorno tutto l'Impero perse la testa, la persero i mori la persero i bianchi, fu attorno al Duca un delirio senza fine. Per ibi fenomeno unanime improvviso ognuno senti d'un tratto di amare'quell'Uomo, ognuno fu consapevole che a fianco del Duca ogni battaglia sarebbe stata una gioia. E cominciò per il Vicere un periodo di duro lavoro. L'eredità che Gli venne da Rodolfo Graziani' era tremenda, 11 generale glorioso aveva faticato come un ciclope nel primi mesi dopo la conquista, tutto da fare tutto da rifare tutto da rimettere In sesto, 11 generale duro inesorabile aveva fatto le strade gettato ponti su abissi innalzate le case prosciugate le paludi fucilato i ribelli sottomesso le regioni periferiche, 11 gagliardetto di Rodolfo Graziani garriva sulle cime del Temblen nel miasmi della foresta tropicale sulle acque del Tana sulle sponde mortifere del Lago Margherita brulicanti' d'ippopotami; T'opera del generale che non conobbe mal debolezze che fu giusto sino a sembrar crudele, era stata Imponente. Ma in quello sconfinato mondo che noi volevamo d'un subito immettere nella civiltà, in quel mondo selvaggio che ancora ospitava in qualche suo più nascosto recesso divoratori di carne umana, 1 cui uomini ancora procedevano nudi nelle boscaglie del bassopiano nudi e belli come le antilopi e come il leopardo; in quel mondo In cui la più alta espressione civile era costituita dalle corti dei ras degenerati che fiutavano cocaina leggevano Paris Plaislr grattandosi con le unghie rapaci i crespi capelli brulicanti di pldoc chi, in quel mondo di cieca violen za e di Inauditi soprusi l'opera di Graziani, per quanto possente e appassionata ed Intelligente, non era riuscita che a risolvere qualcuno del cento problemi che ogni giorno si presentavano all'esame dei capi responsabili e chiedevano una Immediata o rapida soluzione, L'opera mirabile Graziani consegnò al Duca, dopo un anno o poco più di comando, quattro o cinquemila chilometri di strade stupende, tutti i centri più importanti dell'Impero collegati da nastri d'asfalto su cui 1 grossi camion dell'alimentazione e delle armi incrociavano in piena velocità, Massaua con Asmara, Asinara con Dessie, Dessie con Addis Abeba, Addis Abeba con Lekemptl, Addis Abeba con Gimma, Addis Abeba con Dire Daua e Harar, Asmara con Gondar, Gondar con Debra Marco*, Dessie con Assab attraverso l'inferno dancalo; Graziani consegnò al Duca una Addis Abeba europea con centinaia di case sorte come pei miracolo nella dolce foresta d'argento, una Addis Abeba oramai compiutamente civile col suol alberghi i suoi uffici le sue zdldang[mvggsvmeczridsomteLdcrIqgpsnl botteghe le aue vie asfaltate sol cate da migliaia di automobili; e Gli consegnò cinque o Bel altre città sorte dal nulla o rifatte sulle macerie e sulla sporcizia negus site, belle come Harar o Dire Daua, severe e aspre come Gon dar, audaci e moderne come Asmara, febbrili di lavoro e di ascesa come Dessie e Ginuna. L'opera 'del generale giusto ed inesorabile parve e fu un miracolo; ma quella che attendeva U Duca, che al Duca richiese per mesi per anni diciotto ore di lavoro giornaliero, parve e fu ancora più vasta più complessa più ciclopica. In quest'ora tristissima non ci è concesso ricordare 1 particolari e le tappe del lungo e duro cammino che il giovane Principe percorse fra enormi difficoltà con volontà indomabile per giungere alla mèta ch'Egli sperava prossima e che prossima sarebbe stata se la guerra non avesse Interrotto, bruscamente, la severa fatica. In queste brevi note affrettate troppo di lui dobbiamo dimenticare, le opere dello spirito e le opere del piccone condotte a termine sotto il suo sguardo vigile e forte: dal la Ideazione e dalla prima attua zlone del nuovo piamo regolatore' di Addis Abeba che trasportava l'abitato cette chilometri lontano dall'antica sede, In località più adatta allo sviluppo d'una moderna grande città, al sorgere prodigioso della nuova Ginuna fra la millenaria foresta tropicale e la verde pianura ricca dì messi e di greggi; dalla riconquista del Goggiam che li generale Malettl, lo stesso che due amrl più tardi doveva eroicamente cadere in Marmarle*, alla testa delle sue truppe, effettuò alla garibaldina con pochissimi uomini e pochissimi mezzi, per mesi e mesi braccando 1 ribelli dietro ogni forra nel fitto degli alti boschi di quella regione selvàggia, all'Inizio di un'altra opera colossale che il Duca fermamente volle contro ogni parer contrario contro avversità di .uomini e di luoghi, la strada dèi Grandi Laghi che su duemila., chilometri di percorso doveva congiungere la capitale alla Somalia, attraversare le plaghe più ricche e le più Inospitali, le plaghe più aspre e quelle più calde, le più lussureggianti e' le più desertiche dell'Impero e sboccare forse a Merca forse a Brava là ove l'Oceano Indiano sciaborda in tepide spume sulle arene d'argento dell'antica colonia. Un lontano episodio Non abbiamo modo in quest'ora tristissima (e ne siamo dolenti e ce ne perdoni il lettore) di ricordare tutto di Lui, quello che compi nel rapido tempo del Suo. comando e quello che sognò di compiere negli anni che sarebbero venuti, il vasto disegno di conquista e di civile ricostruzione che 11 Suo grande spirito concepì non appena quella terra terribile e magni fica che il genio di Mussolini ave va donato alla Patria apparve al Suo sguardo in tutta la sua imponenza e nel suo fascino misterioso. Ma noi che ebbimo la ventura e la gioia di vivere alcun tempo al Suo fianco, di respirare l'aria della Sua stretta carlinga durante le innumeri spedizioni aeree verso le più lontane località dell'Impero, che fummo talvolta al Suo seguito nelle lente carovane snodantlsl In lunghe file sulle abbacinanti pianure dell'Ovest qualcosa di Lui vogliamo qui ricordare, qualcosa che non cl'escirà più dal cuore: ed è la Sua bon- tà, la Sua vigile intelligente bontà. Chi potrà più dimenticare, del le cinque o sei persone che erano quel giorno a bordo dell'apparecchio vlcereale, l'episodio del Lago Margherita ? Volava il Duca a poca altezza sulle bruciate Vistene della più desolata e lontana re gione dell'Ovest. Era reduce da una ispezione ai nostri presidi di confine, da più giorni atterrava e decollava su campi impossibili aveva messo le ruote fra la boscaglia nana, i generali erano disperati se va avanti cosi ci ammazziamo tutti. A bordo c'era ancora qualche cassetta di viveri di conforto che il Duca si riprometteva di lasciare all'ultimo presidio che avrebbe visitato, un piccolo posto di cinquanta uomini sull'ottavo parallelo, presso Magi. Ad un tratto qualcuno, a bordo, vede laggiù, fra le euforbie, sventolare un tricolore. Lo vede anche il Duca, domanda all'Aiutante di Campo, il generale Volpini (l'eroico generale Volpini che doveva cadere da prode all'Amba Alagl) chi c'è laggiù cos'è quel nostro presidio scendiamo andiamo a trovarli. Al doppio comando del trimotore siede un valorosissimo generale d'aviazione, un uomo che da vent'anni rischia la pelle e guadagna medaglie su medaglie nelle imprese' più ardue e rischiose. Dice il generale no Altezza qui è impossibile atterrare, è da pazzi metter le ruote fra quegli alberi'laggiù, 11 terreno è melmoso si vede benissimo luccica al sole affondiamo subito e capotila mo, no, Altezza, vi scongiuro ri nunclate al vostro disegno. Il Duca, osservano 1 presenti, sorride allegro come una pasqua, e inizia la manovra dell'atterraggio, il generale tenta ancora di dissuaderlo, niente da fare, questa volta ci rompiamo tutti l'osso del collo. E il Duca continua a perdere quota, descrive ampie curve alla ricerca d'un lembo di terreno ove posarsi, qualcuno laggiù dal fortino.è uscito e agita agita una bandiera. Il Duca crede finalmente d'aver trovato, plana dolcemente, tocca terra su un corridoio sgombro largo cinquanta metri e lungo cento. Ma il terreno è melmoso, come diceva il generale, 11 lago è a due passi, l'apparecchio tocca si riprende balza e ritocca, piai plaf plaf, una tremenda spanciata nel fango ecco è fermo ma affonda fino alle all nella mota. Le cinque o sei persone che sono a bordo si guardano in viso tutti sono bianchi come la cera soltanto il Duca sorride poi dà in una grossa risata. E ora signori scendiamo. Quelli del fortino Intanto sono accorsi, due ufficiali delle truppe coloniali e una cinquantine di dubat sono ora attorno al Vicere, gli ufficiali sono immobili sull'attenti i dubat fanno la fantasia, i < Da quanto tempo slete qui ? domanda il Duca. « Da quattro mesi, Altezza, risponde il capitano. « A viveri come etate T «Più nulla, Altezza. Viviamo sulla regione. « La posta quando? € E' arrivata un mese fa... ■r La radio 7 «Rotta. Batterie secche. Non funziona da un mese. « Il morale com'è ? « Magnifico, Altezza. Il Duca d'Aosta ha gli occhi umidi luccicanti. SI rivolge al generale gli dice ditemi ditemi come si faceva a non scendere? Angelo Appiotti Il Viceré sulla Vetta Mussolini, al sommo del massiccio alpino del Termaber. Wicgnèridsds§ddvp