LA NAZIONE IN LUTTO PER LA MORTE DEL DUCA D'AOSTA di Mario Bassi

LA NAZIONE IN LUTTO PER LA MORTE DEL DUCA D'AOSTA LA NAZIONE IN LUTTO PER LA MORTE DEL DUCA D'AOSTA Il Re e il Principe recano parole di contorto alla Reggia di Capodimonte L'omaggio del Duce alla memoria dell'Eroe di Cheren e di Amba Magi Se non fosse nato principe avrebbe meritato di diventarlo a , a e Per una di quelle coincidenze forse soltanto fortuite, o forse cui determinano ignote corrispondenze di sensi soprannaturali, reconditi e sorprendenti accordi di telepatie, Si parlava di Lui, del nostro Principe, precisamente l'altra notte; che fu una notte, a Palermo, più che agitata e strepitosa, notte guerriera, come la ci ta il Bollettino di ieri del nostro Quartier Generale delle Forze Armate. Tra l'una e l'altra delle sus seguenti ondate degli aerei inglesi, in una sosta del bombardamento, avevamo lasciato il ricovero, dove ci eravamo incontrati e improvvisati compagni, un gentiluomo palermitano, già capitano di artiglieria in Libia, e io; ed eravamo saliti su un'alta terrazza, a contemplare la città buia sotto l'incombere dell'ostile minaccia e del flagello, e il nuvolone denso stagnante della nebbia artificiale, che nascondeva il porto, e l'incendio di un piroscafo, che vi divampava attraverso, e faceva luminosamente sanguigna di balenanti riflessi, la nuvola, e alzava al cielo vortici di fumo. pAotodmrrceddpcntmarrettai/il carattere II mio commilitone, conversando, mi aveva comunicato pur allora la triste notizia che il Duca d'Aosta era gravissimamente am malato, laggiù, nella sua sconsolata prigionia, nel Chenia, nei pressi di Nairobi. Persona accolta alla Corte gli aveva dolorosamente confidato che le ultime informazioni giunte dichiaravano disperate le sue condizioni, e da temere la catastrofe imminente. Non erano le esalazioni cleridriche della nebbia artificiale che ci facevano lacrimare gli occhi; ma un interno affanno lancinante, quale per l'annunzio del pericolo mortale di una persona straordinariamente cara. E nelle eccezionali ed eccitanti circostanze delia notte combattuto, e nuòvamente giù nel ricovero, fra la svariata gente ivi raccolta, durante il successivo assalto dei bombardieri inglesi, sino verso l'alba, rievocavamo ricordi del Principe, cui eravamo entrambi legati dalla più sincera e fervida devozione? i Chi lo accostò, quell'uomo impareggiabile e indimenticabile, Amedeo di Savoia Duca d'Aosta, o meglio chi ebbe la preclara fortuna di accompagnarsi con lui, di osservarlo da vicino, chi godette della sua amicizia, della sua familiarità, e tutti che lo conobbero, un giorno o lunghi anni, ne ritrassero ■ immancabilmente il convincimento di una eccezionale ed assoluta superiorità di spirito, di una supremazia rarissima per doti d'ingegno e di'cuore, quali lo, personalmente, nel molto mondo che ho veduto, nelle molte personalità che ho avuto agio di incontrare e frequentare, non conobbi mai di più pure ed elette. Era una autentica intelligenza viva e operante, ma più ancora, era un carattere che mostrava la limpidità e il pregio del diamante, era una tempra di uomo nobilissima e fortissima e perfètto. Un saggio e autorevole comandante militare, che l'aveva avuto giovanissimo alle proprie dipendenze, riassu dotordioque rusaqugorolalela tecopaziotazaavcotituFmSriva conclusi^nte li pSprio *giudizio nel suoi riguardi, cosi:!2a ei o a . a e a i i ù l e a e i i di aà o ci e pn— Se non fosse noto principe, meriterebbe di diventarlo. Questa la. verità. La nobiltà, l'elevatezza regale del suo rango, non erario, in lui un titolo concessogli dam sórte/'uh" attributo conferitogli da quel caso per cui si nasce di illustre prosapia o plebei, poveri o ricchi; egli era nobile e regale per se stesso, nell'animo, prima che nelle forme e dei modi: la sua costituzione morale era nobile, il suo spirito era regole. Più che nato principe, e anche più che meritare di diventarlo, egli era principe da se stesso, e dovunque e sempre. In qualunque condizione di vita, in qualunque stato sociale, egli non avrebbe mai potuto andare smarrito tra la folla, confondersi tra gli innumeri; ma sempre sarebbe emerso, avrebbe primeggiato più avanti degli altri, più e sopra gli altri. Io penso anzi che il suo ereditarlo grado di principe reale, invece che avvantaggiarlo con le sue prerogative, l'abbia frenato e costretto; perchè seguendo la tradizione antica e non mai smentita dello sua augusta Casa, egli fu sommamente peritoso e scrupoloso di non derivare nessuna specie di privilegio o di profitto, nemmeno l'ombra di uno prevalenza da quel suo eminentlssimo grado; ma l'accettò e lo portò invece come una più dura disciplina, se ne fece un obbligo costante di rinunzia, una regola più severa, subordinatamente ed esclusivamente al servizio della nazione, e qualunque servizio gli fosse attribuito. Lavoratore e soldato Il mio commilitone, tra quel fragore tempestoso della cannonata, fra quel martellare rabbioso delle mitragliatrici, fra gli schianti delle bombe che facevano paurosamente tremare le pareti del ricovero e il suolo, come per terremoto, l'altro notte, ricordava il nostro. Principe, quando erano stati compagni di studi qua all'università di Palermo. Perchè questa appunto fu tra le sue inclinazioni e applicazioni: equipararsi nelle attività al tempo attuale, ai secolo cui apparteneva. E volle «conquistarsi la suo laurea in giurisprudenza; che consegui a questa università a pieni voti con lode. E non fu per niente, come potrebbe anche sospettarsi, cortigianeria del consiglio accademico; ma fu merito suo schietto, come testimoniano tutti i suol compagni, orgogliosi di averlo avuto tra di loro, affascinati dolio sua fraternità goliardi ca, espansiva di cordialità, di le tizia, di vita prorompente. Aveva cercato, di sua Iniziativa, e voluto questa esperienza studentesca; e primeggiò, come sempre. Ma primo, a 17 anni, se non erro, era stato volontario di guerra, in quell'altra grande guerra, che la mia generazione ha gagliardamente combattuto e vinto. E si era guadagnata la prima medaglia d'argento al valore, e si era guadagnata la promozione sul campo. Poi... era lui stesso che mi raccontavo, una notte di bivacco, in Libia, nel deserto sirtico. Aveva voluto, ancora una volta, mettere se stesso alla prova. Si era proposto: — Saprei, io, guadagnarmi la mia^vita? — Ed era partito, assumendo il nome di conte dello Cisterna, in memoria della nonna; e aveva emigrato al Congo; e aveva cercato impiego in una compagnia Industriale. Pochi mesi gpcdldglzvtbHfpmusdgtsnfspdmiltsndsmrdagCsrccgez o dopo, lo promuovevano vice-diret- qutore dell'azienda, con uno stipen- amdio adeguato e cospicuo. Anche ququesta esperienza era superata, perude esperienza di lavoro; ed egli sapeva cosi che, fosse stato uno qualunque, si guadagnerebbe regolarmente la vita, con la sua operosità, col suo lavoro. Io lo conobbi in Libia, durante la campagna detta del 29" Parallelo, a Gasr bu Hadi, nella Sirtica, a sud di Sirte; anno VI-1928. Egli, tenente colonnello di artiglieria, comandava allora i Sahariani, reparti di sua ideazione e costituzione;, lui infatti li aveva progettati e creati, lui li'aveva organizzati e tatticamente addestrati, lui aveva trasfuso in loro un.particolare spirito di audacia e combat- j tività, uno spirito acceso di avventura e una idealità romantica. Forse avrete in mente quel dramma cinematografico, bello davvero, Squadrone bianco: sono i Sahariani del Duca, come si chiamavano, e riprodotti con quanto pos¬ tacoscdaandesqcocoverasunechsio *«* di ,8e^a ZT™ :!210"1' senza ReParti ma" eo, nto ui eole a e n a e ù i e e a u e a ; e al e o l li ae ndi o. e : mra e a er oio ti di ii e a o e ra, he asi ara ul cin va re omi to, llo a; vemesi gnifici, come si mostrarono alla prova, In tutte le compagne dello conquista libica, fino a CurVa. A Brr Tagrift Seguii il principe, allora- Duca delle Puglie, in quella memorabile campagna del 29° parallelo, condotta da Rodolfo Graziani, allora generale di brigato. Fui con lui olla conquista di Zeli a, quando Graziani gli inflisse un aspro rimprovero per il suo troppo ardimento. Ricordo il principe, che torna a tarda ora dall'avere incalzato i ribelli fuggiaschi fin verso il monte Harugi, che ascolta il rimprovero, fermo, irrigidito sull'attenti. E dopo, tornando verso la sua tenda, mi. confessò con semplicità e umiltà: n generale ha ragione. Io mi sono lasciato andare, nella foga del combattimento. Ma lui ho ragione: in Africa, e qua nel deserto, bisogna soprattutto saper essere prudenti, non lasciarsi trascinare. Una sciocchezza è troppo facile ad essere commessa; e non si sa a quali conseguenze possa portare. Ero con lui al combattimento di Bit Tagrift.'Lo vidi diritto, ammantato del suo bournus bianco, impavido in mezzo alla gragnuola delle fucilate. Lo pregai: Altezza Reale, mettetevi a terra: qui le pallottole tempestano. Mi rispose sorridendo: — Vi pare? Per poche fucilate non mette conto di sporcarsi la divisa. Poi andò all'assalto, in testa ai suoi sahariani, eretto sul suo dromedario da corsa. I suoi sahariani, per tutto il Gran Deserto, dai confini dell'Egitto e del Sudan ai confini della Tunisia e dell'Algeria, dal Gebel tripolino e dal Cirenaico Gebel El-Achdor al Tibesti, lo chiamavano l'Emiro, ossia, figlio di re; ma non per riferimento alla sua discendenza di cui avevano vaga nozione; ma perchè, per loro, per elezione loro di gente volontariamente ligia, egli era loro principe, e domani sarebbe stato re. E quel' loro comandante, cui tutti si piegavano, di cui tutti riconoscevano l'autorità e il valore, che tutti seguivano per la vita e per la morte, non poteva essere che* stirpe di re, cosi li avvinceva, cosi li trascinava, cosi lo riconoscevano senza discussione, sopra di loro, sopra di tutti, Emir. E badate che quelle nostre popolazioni della nostro Africa Settentrionale, genti arabiche, genti berbere, beduini, cammellieri del deserto, tuaregh!, sclammàh, hanno un istinto e una penetrazione intuitivi, che non fallano. Allora, il Duca delle Puglie aveva preso il brevetto di pilota, alla scuola di Arturo Ferrarin. Passerà poi nell'arma aeronautica, comanderà la brigata aerea a Gorizia. Ho volato con lui: era un pilota di qualità eccellenti: come sempre, in tutto, primeggiava. A qualunque cosa egli si applicasse, voleva e si studiavo riuscire il meglio possibile; e riusciva ottimamente, e per la freschezza e la versatilità dell'ingegno, e per quella sua volontà sempre tesa e potente. La sua volontà era come quell'arco formidabile di Ulisse, nel canto immortale di Omero, che gli infiacchiti Proci non riescono a flettere; e l'eroe invitto di mille arti tende senza sforzo apparente, e ne scocca il dardo, infallibile al bersaglio. Nostro Principe! Duca d'Aosta, aretlplnptacIamspecfiglstesqspgsNisttdlgtcnppissmbAlvsn quanto ti ammirammo, quanto ti amammo! Eppure, non ancora quanto immènsamente meritavi, per le tue virtù e per la tua bon¬ j ¬ ta magnanima e la cavalleresca cortesia. Davvero tu eri a noi disceso da ■ un poema cavalleresco, dalla < gran bontà dei cavalieri antiqui »; e con-la fiera prestanza della persona, e con la signorilità squisita di ogni atto e gesto, e con la dotta loquela e arguta, e con imperterrita coscienza, davvero senza macchia e senza paura; e ciò che più importa, con la suprema fede nell'ideale, nel bene, in tutto ciò che eleva l'uomo, che gli dà le ali, che lo sublima: si, fede in Dio. Epopea di Alagi " a o ft a ina loo. a e , , e i a o n a o o, a e a ai ao, n lal isedi rdi li aoo, oie, di anoe oti i, !, a on elsa, oun me A sre ot e per e me se, he no lle nbita, La prima volta, ricordo, che lo andai a trovare al Castello di Miramare, presso Trieste, dove si era stabilito («O Miramele-, alle tue bianche torri - attediate per lo del piovorno... >), mi disse: — Mi avevano sconsigliato di prendere dimora in questo castello, donde l'arciduco Massimiliano mosse al suo tragico destino; * perchè dicevano che portasse iettatura. E' ben strano che si creda alla jettatura, da parte di gente che quasi quasi non crede in Dio. Io credo in Dio; perciò non credo alla Iettatura. E con mio grande orgoglio, mi mostrava, nello biblioteca del castello, mi pannello sovraporto dipinto, dove era rappresentato un episodio della conquista libica: e c'ero figurato anch'io al suo fianco. Ma purtroppo non fui al suo fianco, come più avrei amato, i giorni di Alagi. Do Cheren all'Amba Alagi a ' Gondar, la nostra resistenza nell'Africa Orientale ha costituito ciò che di più, eroico e glorioso si' vanti in questa tremenda guerra mondiale; e quella resistenza fu animata e sostenuta da lui, combattente e capo, il Duca d'Aosta. La gloria del grandi guerrieri di Casa Savoia si è rinnovata fulgente in lui. Nell'ora periglioso, nell'invasione incontenibile dell'Impero, egli si è sollevato paladino, e si è sacrificato, sempre primo, anche e soprattutto nel sacrificio. La nostra bandiera, la bandiera della Patria italiana, non è stata ripiegata In Alagi; l'hanno avvolta e infiammato 1 turbini della mitraglia, l'hanno riconsacrata 1 nostri Caduti attorno a quell'insegna, e l'hanno trasportata con loro nel cielo delle imperiture vittorie. Per virtù di tutti i nostri Caduti, per virtù del loro sommo comandante, il Duca d'Aosta, la bandièra sventola trionfalmente sull'Impero: anche Se le baionette inglesi proteggano ad Addis Abeba un negro schiavista, ladrone e assassino, a figurare una momentanea irrisione di governo; ' che è la farsa buffonesca contrapposta all'epica sublime. Ma l'epica, per quel fati che la storia persegue, ha voluto l'apoteosi di una santificazione; ha voluto il martirio dell'Eroe. Prigioniero, deportato, egli si è consumato in lento agonia, laggiù, dove le piante non perdono mai le foglie, e fioriscono strani fiori rossi e violetti; e nello sfondo della sterminata campagna, dove vagano i leoni, i leopardi, gli elefanti, 1 rinoceronti, e cui attraversano le ampie correnti dei fiumi, popolati di coccodrilli e di ippopotami, tra le rive selvose, e più-in là, sugli inestricabili mareggiano boschi, nello sfondo, alzano le' cime candide di neve maestose montagne. Sopra le montagne, il cielo si inarca e splende di cristallino azzurro. In quella prigionia, in quell'esilio dell'Africa remota e selvaggia, si è compiuto 11 martirio del nostro Principe; egli 3l è spento, lontano dolio Famiglia, lontano dalla Patria, da tutte le cose dilette più caramente, nello solitudine ' tragica, propria degli eroi e del martiri. Savoia segna le tappe luminose dell'asceso. E da Soperga al Pantheon, da Redlpuglia all'Africa Orientale, si stende nell'immenso cielo l'iride del tre colori. E questo è il pegno e questa è la certezza della vittoria! Egli, il Duca d'Aosta, è ancora il Principe, colui che va primo: è a capo dei nostri Caduti di questa tremenda guerra mondiale, di tutti 1 nostri morti combattendo, <1 fante e il marinaio e l'aviatore; e li comanda e li guida al cospetto eterno di Dio, a rivendicare l'incontrastabile giustizia umana della nostra strenua battaglia. Mario Bassi

Persone citate: Amedeo Di Savoia, Arturo Ferrarin, Del Duca, Duce, Graziani, Hadi, La Morte, Rodolfo Graziani, Savoia