COBRA

COBRA LIBRERIA COBRA i i n a n t a i o a a a é , e n eo e a r enci. eieosi, na he lno n? rU pai no sa si le mi Vecchie India; non si può dire che l'argomento non sia stato sfruttato letterariamente. Nè par facile rinnovarlo, ricondurlo — vivo e ameno — tra vivi e ameni interessi di lettura, di osservazione e di fantasia. Vittorio G. Rossi, In questo volume: Cobra (Bompiani Ed.), ci è riuscito forse senza deliberato proposito o impegno di rifar tutto da capo, ma cosi, bravamente, come gii venne, secondo il suo modo, un po' istintivo, un po' manierato, di realista, impressionista ironista. Anzi,' svelto com'egli è nella scrittura,, talvolta ha concesso un di più a quella simulata rapidità, e immediatezza che certi cacciatori di impressioni, magari ispirandosi alla spezzatura e al primitivismo sintattico del discorso « futurista », - spesso - affettano a rendere l'elastica e capricciosa simultaneità e liberta. Usi fatti della vita. E non è questa che illusione. Ma, a parte Fuso non infrequente, e un po' semplicista, dell'* infinito. »,\ che esprimerebbe l'improvviso e primordiale sorgere delle cose e degli atti alla percezione, e i raddoppiamenti' non coordinati di aggettivi e verbi, a. ribattere e sfaccettare concetti e immagini, a parte il .ritmo rotto, frammentario di qualche tratto che vagamente ricorda le parole in liberta — momenti saltuari, che hanno J-ato subito nell'occhio ad altri e a'nbLV— Rossi è scrittore di per sè, : e senza ' eccentricità, brioso, pronto, veloce e astuto nelvedere, nel ritrarre, nel jJJar sua la realtà, nell'attegglarla "sulla pagina con spicco gustoso. Nè si ha da scordare, che scettico1 e scanzonato, egli con epigrammatica malizia,— sali volteriani, come furon detti — scioglie la troppo fitta densità o convenzionalità del pittoresco in un conversevole e ilare- racconto. E Ciò che è più tristemente e dolorosamente-umano, e ciò che è decorativo, suggestivo, ' « letterario », egualmente trovano compenso e riscatto nella scaltrezza di un carattere, di un tipo intellettuale che non si lascia mai prendere del tutto dalle sensazioni e dal sentimento del mondo. Come se, viaggiatore e descrittore, curioso di costumi strani, avido di avventu- e eruni o roriare re er nri in ui oirmino nadiCè re paesaggi, e, insomma, cercatore della diversità e varietà del l'uomo, riserbasse poi l'ultima parola, l'estrema e durevole certezza, all'intelligenza che avverte < coglie i segreti della vita, e li dispone sui plani disincantati di una disceverante esperienza e comprensione. Cosi egli ha scritto altri bei libri di viaggio: Tropici, Via degli Spagnoli, Oceano, Sabbia, e di lui già ci occupammo con ampiezza su queste colonne; e ora ci basti accennare a quest'ultimo volume, ohe è pure coloritoi divertente, e che nel riprendere figure, aspetti di una ben definita provincia letteraria, qual è l'India, non vi 8' intristisce. Quello che qui si vede è certo tradizionale — come già qualcuno osservò —, ma ne traspare il tempe rammentacelo attivo e allegro dello scrittore. La giungla, il cobra, la saggezza dell'elefante, e le grandi strade bianche accecanti, e il nume, là presso la Città Santa., il Gange a Benares, e i paria e i lebbrosi, e gli dei repugnanti, fé i fachiri, sì, certo, chi ha notato che tutto ciò non è inedito, ha più che ragione, ed anzi, quasi si direbbe che l'autore abbia insistito, per civetteria nel ricalcare schemi e quadretti ben acquisiti alla letteratura. La copertina, che pare un ottocentesco < cartellone » da teatro per qualche spettacolo d'illusionismo, ve ne dà l'indicazione, non senza una punta appena percettibile di arguta mistificazione; ma dallo sfondo «letterario» si stacca poi, con duplice rilievo, il descrittore e narratore, diciamo cosi, da trattenimento, quegli, cioè, che si fa leggere, che vi attrae lietamente, e lo scrittore suggestivo: . « Immobile sta il lebbroso, e grida: — Sri Rama! Sri Rama... — Un grido acuto, vitreo, che si scaglia aggressivo nell'aria: quando lui ode un passo avvicinarsi, grida, quel grido, sempre lo stesso, gli occhi e la bocca volti in su, al cielo, come se chiamasse qualcuno che è lassù, in alto, e.non sente; e quando il suono del passo muore, lui si tace, ma resta con gli occhi e la bocca volti in su ». Che poi dal libro si possa anche trarre una facile lezione di relativismo, sui vari e infelicissimi modi di vivere e di morire sotto le varie latitudini del globo, è cosa che a parer nostro non impegna troppo il pensiero e la riflessione, nè va oltre l'amenità del luogo comune, nè accresce o raffina la qualità dello scrittore gustoso e scettico, ma la definisce, come il Capasso rilevò tra il « candore » istintivo, e la « malizia» razionale. f. b. sipddnnBLsgDvdtegfF■CMPflilnmnmUdz

Persone citate: Capasso, Rama, Sabbia

Luoghi citati: India