La mamma di Guido di Mario Bassi

La mamma di Guido pA CASA DI GOZZANO | La mamma di Guido iiiiiiiiiiiiiiiiii»iiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiin unni miiiminmmiiimiiii n nummi 11111% <<ju pariavi Mamma: la melodia della tua I rendo, perchè tu riviva le gioie della giovinezza,, voce suscitava nella mia mente la visione del tuo sogno perduto. Or ecco : ho imprigionato il sogno con una sottile malia di sillabe e di versi, e te lo « Vonticlnqu'annl!... Sono vec- uwo,sono-vecchiormiagjo-1vinezza prima, - e in dono mi la- = ciò, nell'abbandono, - un libro di g passato... ». Poiché io fui tra gli = amici di Guido Gozzano, oso dire, | orse il più intimo, il manoscritto ; del Kbro di passato, ch'egli mi do- = nava, e altre sue carte, compreso Eg£ ia^u^eeaidrrn0: !pubblicarsi, sono rimasti ad arric- ■■chire preziosamente la mia biblioteca. Quand'egli parti per il gran viaggio senza ritorno, il 9 agosto 916, il giorno dopo l'occupazione dì Gorizia, io era sul fronte del'alto Isonzo, sul Rombòn, co' miei alpini. L'ultimo suo messaggio era stato la poesia La bella preda, una delle quattro, per quanto mi consta, che gl'lspirò la guerra, nostra grande guerra d'allora; e in cui canta l'aquila uccisa dall'alpino, con una fucilata, sull'Altissimo. L'alpino, un canavesano, credo del battaglione Ivrea, aveva mandato la spoglia della regale pennuta al suo paese, Aglié, dove Guido dimorava; che fosse imbalsamata, per conservarla come trofeo. E il poeta, che invano s'era offerto volontario alla guer ra liberatrice, respinto e costretto nell'inerzia dal male implacabile che lo minava, trasfondeva in que sti versi il supremo suo disinganno e sconforto. « Fanciullo formidabile, soldato - dell'Alpi, e tu mi chiedi - ch'io celebri il tuo gesto in. versi miei - Non trovo ritmi, oimé!, non trovo rime - cosi come vorrei... * E. l'ultima strofe è un singhiozzo di rovello e di spasimo: «... Sarcasmo' inconsapevole! E tu mandi - oggi la spoglia a noi, che con bell'arte - le si ridoni immagine di vita... * ...Nessuna sorte è triste, - in questi rossi giorni di battaglia, - fuorché la sorte di colui ohe assiste... - E' sarcasmo indicibile per noi, - scelti ai congegni ed alla vettovaglia: - tu strappasti l'emblema degli eroi - ed a noi mandi un'aquila di paglia!...» Nelle soste anche rapide de' miei viaggi, non rinunzierei mai alla delicata commozione di visitare una vecchia e carissima signora, più che ottantenne, e da oltre trentatrè anni paralizzata in una poltrona; che vive assistita amorosamente dai congiunti, figli e nipoti e pronipoti; ma solitaria in ispirito, co' suol ricordi, tuttora sempre presenti e vivaci nella mente lucidissima: i ricordi che la sua voce, solo un poco affiochita, richiama e rianima e colora, con soave mestizia o con sorridente arguzia, quando tomi a lei un sopravvissuto amico del lontano lonano allora. S'io chiudo gli occhi, ci uè' suoi capelli di tenue argento, rhe oggi lasciano scoperta per intiro la fronte alta e convessa e corea, li rivedo neri corvini, che frangiano la fronte, che s'annodano in trecce intorte sulla nuca, il suo volto rivedo liscio e rosato, con uno scintillare profondo e vezzeggiale delle pupille ardite; la sua piccola persona, avvolta oggi di nero, quasi d-n un saio monacale, immobilizzata nella poltrona, rivedo sdutta e agile, bellamente adorna degli abiti più eleganti e di pregevoli monili. E , muovere a feste, a teatri, a ritrovi geniali e gai. La rivedo nel suo salotto di ricevimento,. nella sua casa cosi ospitale e placente, qua a Torino, al numero 3 di via Montecuccoll; o nella sua settecentesca villa presso Aglié, il Meleto, doviziosa dimora agreste, col ri goglioso frutteto, e prati e bosco e il laghetto, e l'isola in mezzo al laghetto, collegata alla riva da un ponticello rustico, e la coppia dei cigni che vanno lenti sullo spec chio dell'acque, e il chiosco nel1 l'isola; tra piante centenarie, rivestito del caprifoglio e dei convolvoli, che rampicano alla graticciata. Una poesia di Guido Gozzano diciottenne, Primavere. romantiche, stampata postuma, nel '24, In pochi esemplari fuori commercio, con una nota di Piero Glacosa, e con disegni di Mario Codognato, un opuscolo diventato una rarità bibliografica, naira di una fanciulla, nell'isola, che si lascia sedurre a gettare a un sopraggiunto cavaliere la chiave del cancello che chiude il ponte. La poesia reca questa dedica: /«Tu parlavi, Mamma: la melodia della voce suscitava nella mia mente la visione del tuo sogno perduto. Or ecco: ho imprigionato il sognò con una sottile malia di sillabe e di versi, e te lo rendo, perchè tu riviva le gioie delle giovinezza ». La mamma di Guido Gozzano. Quel cavaliere, che avventurato forzò il cancello, e volò sul ponte con l'esaltato impeto dell'amore, fu il suo fidanzato. Quanti anni, quanti lustri e decenni, signora Diodata? H sogno, quale si sognava nell'Ottocento, si appanna di accorata nostalgia nelle rime del figlio diciottenne, ancora ingenue e inesperte. Ed ella fu sposa felice. Troppa felicità, perchè il destino maligno non gliel'invidiasse, non le rapisse l'amato, sul fiore stesso dell'età. Vedova, ella crebbe il suo Guido, con l'altra maggiore figlia Erina (e Guido la chiamava scherzosamente te foro ce Enne, per sua severità rigida e schiva), con l'ultimo figlio, Rena lo. Oggi, Erina è nonna, Renato accasato, direttore di una prospe ,ra azienda, la signora Gozzano sbisnonna. Quanti anni, quanti lustri e decenni, signora Diodata? Più chi, ottantenne, da trentatrè anni paralizzata su una poltrona, ma ancora sempre vigile, e conversatrice volenterosa, e ancora briosa, lo. signora Gozzano vive co' suoi ricordi. Fino all'estate corsa, abitava qua a Torino, e uovamente in via Montecuccoli1 numero 2, cioè quasi dirimpetto Ila sua casa del tempo lontanole spingevano la poltrona pres. la finestra, rivedeva le finetré e il balcone dove s'era affaclata con Guido, a quel tempo delVia del rifugio, poi del Collo«ti, e con Renato fanciullo: quelle finestre che s'illuminavano a tarda notte e magari fin sul mattino, quando la gaia e spensierata «rigata degli amici di Guido convstsrsddtzrcaosGbImsrq e ia ca-L ì splri-fl di ver-| veniva ai trattamenti, onde sa s'illustrava, con ameni e tosi conversari, con dizioni di si, con improvvisazioni e prove di' recite teatrali. Per ciò eccelleva la signora Diodata Gozzano: filodrammatica appassionattssima, e dotata di autentiche qualità di artista, qualità più che notevoli, iniziatrice e protagonista delle più ricercate e scelte recite di beneficenza, applauditissima, a Torino, a Ivrea, ad Aglié; dove, l'estate, organizzava e dirigeva le rappresentazioni nel castello del duchi di Genova, specialmente diletta alla buona e compianta principessa Isabella di Baviera. L'avevane nominata, la Duse del Canavese. Ora sorride, ma lusingata, s'io glielo rammento. E ancora s'accende: — Ricordate? Che feste! E quando, allo Scribe, recitammo Goldoni e le sue sedici commedie nuove? Anche voi... Dietro a lei, appesi alla parete, ritratti, miniature antiche, fotografie, nelle loro cornici, e alternati e disposti col gusto antico: il marito, perduto cosi giovane, Guido bambino, Guido seduto in un prato, al JkfcZefo. Conosco quella miniatura: è la nonna Speranza, che suggerì a Guido la famosa Amica- di nonna Speranza, la poesia del suo stil novo, che gli valse l'inatteso più fervoroso consenso ed estesa rinomanza. Stacco là miniatura dalla parete, la porgo alla signora Diodata. — Voi sapete: io fui il primo a conoscere L'amica di nonna Speranza, persino prima di voi. Appena Guido ebbe finito di trascriverla In bella copia, corse da me « Leggi; e dimmi sinceramente se ti piace. Ma proprio sinceramente... ». — E voi? — Io non smentii, nemmeno in quell'occasione, la mia nomèa dsaccentello pedante, e per cui eglmi punzecchiava, chiamandom« l'amico Je - sais - tout ». E globiettai che aveva banalmente confuso 11 Werther con l'Ortis, Carlotta con Teresa. Dunque, tutto da rifare: « ... Fu lui a donarm quel libro, — ricordi?, che narra siccome, amando senza fortuna, — un tale si uccida, — per una, — per una che aveva il mio nome... ». E poi: «... Carlotta! nome non fine, ma dolce... », eccetera. E poi: « ... O amica di nonna, conosco le aiole per ove leggesti — i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo... ». Macché: tutto da rifare: per Teresa, il foscoliano Jacopo Ortis s'era piantato il pugnale nel petto; e non per Carlotta: a questa basta va d'avere ridotto il goethiano Werther a farsi saltare le cervelia, « con tutte le storie che c'erano dentro ». La signora Cozzano ride: — E Guido? — Guido... legittimamente se n'infischiò. Ma l'albo, signora? e la fotografia di Carlotta? con la data apposta da. lei stessa ? « ...Ti fisso nell'albo con tanta tristezza, ov'è di tuo pugno — la data: venlotto di giugno del mille ottocentocinquanta... — ... Quel giorno (malinconia...) vestivi «n abito rosa, — per farti, novissima cosa!, ritrarre in fotografia... ». Mamma Diodata crolla mesta il capo: — La fotografia di Carlotta, Guido sé l'è portata via con sè: là dove l'aveva prima ritrovata, nel cielo de' suoi sogni di poeta. Ora, dall'estate scorsa, la signo¬ i o i a , , gel ca, a e a o re e e a Ti a, nno o oil a, : a, o¬ ra Gozzano s'è ritirata ad Agliè, in una casa in paese, poiché il Meleto fu venduto, e la casa avita di Tota Mcrìimeni è passata ad altri eredi. La signora Diodata ora vive là, sempre più solitaria, sempre più co* suoi ricordi. E mi conforta il pensiero che> mi aspet ta: aspetta, come ad ogni mio ritorno dai viaggi, l'amico di Guido, per il bene che ci slamo voluti, Guido ed io. E ritorniamo insieme con lei, allora, da un tanto più lungo e travagliato viaggio, sulla fiumana dei giorni e degli anni: «Tempo, che i sogni umani — volgi sulla tua strada... — ... o tu, che tutte fai — vano le nostre tempre: — e vano dire sempre — e vano dire mai... ». Come le promisi ancor prima di partire per la guerra in Africa, devo portare alla signora Gozzano una sua poesia, di cui conservo 11 manoscritto originale. Sicuro! proprio una ^csia della mamma di Guido; e Guido giù rava che non ci aveva messo le mani. Anzi la rimbrottava, e insolitamente burbero: — Mamma, ti credevo una persona seria. E fai anche tu poesie! — Perchè la signora' Diodata compose, allora, una specie di parodia dell'Amica di nonna Speranza; in cui, con uno spirito indiavolato, e con una fluidità di versi da fare invidia al figlio poeta, ci metteva tutti quanti in burla, gli amici di casa, suoi amici e di Guido, la matta brigata; " e insieme, certe austere persone della buona società torinese, un ricco industriale, che le sospirava dietro, anelando alla sua mano, due signorine, provviste di cospicua dote, ma non di altrettante doti fisiche, che sollecitavano di pescare un marito, e più sollecitava impaziente la madre, ispida e arcigna, e custode delle chiavi del forziere; e altri svariati e risibili tipi di quello che noi, gli scanzonati amici di Guido, chiamavamo insolenti il serraglio della signora Gozzano. Pessima era la nostra fama, tra quelle degne persone, scandalizzate de' nostri trascorsi giovanili in verità poco edificanti; e che non mancavano di fare le proprie rimostranze alla signora Gozzano, yi.- la sua indulgenza ne' nostri riguardi e l'affettuosa familiarità con cui ci accoglieva, a ognora: — A sòn mac d' bohémiens ■— ci gratificava. — c'as dan d'aria perchè- ripeto Von c'a leso 'nt i liber. E poi magari s'incontrano in giro con certe donne, mscusi, che bisogna voltar la faccia dall'altra parte, e fingere dnon conoscerli... — SI: la Torino gozzaniana, « o città favorevole ai piaceri! »; e' con que' suocerti salotti — beoti assai, pettegoli, bigotti — come ai tempdel buon Re Carlo Alberto... ». Ma siate tranquilla, signora Diodata: non commetterò nessuna indiscrezione. I vostri parodistici versi di allora, cosi allegramente satlreggianti, sono custoditi gelosamente. E ce 11 rileggeremo assieme, poiché voi voleteda soli, noi due superstiti; e assieme rideremo ancora di... e della... e delle... Com'erano buffe quelle persone così serie, così am modo, e così aristocraticamente illetterate. Voi facevate gli occhiacci, a Guido, a me, agli amici per tenerci a segno, che salvassimo almeno le apparenze, in loro presenza; e poi, appena quelli sn'erano andati, poiché non erano nottambuli impenitenti come noie voi a rimproverarci gravementea impartirci il predicozzo e la morale; finché scappava da ridere anche a voi, e ridevate con noipeggio di noi. E ci avete tutti infilzati nella vostra poesia, comtordi allo spiedo, quei borghesopulenti e dabbene, e noialtri scioperaci e squattrinati. Gran bel tempo! Ricordate chio avevo tra diciotto e vent'anni? E quella mia grossa scappata aveglione del Regio con quella candida signorina, alla vigilia delle sue giuste nozze, affidata alla vostra più rigorosa tutela? Questa, allora, non me la voleste perdonare; e vi vidi gli occhiaccbrutti davvero. Mah! Où sont leroses d'antan, cara signora Diodata? appassite tra le pagine delibro della memoria. Mario Bassi La mamma del poeta eoi suo piccolo Guido.