I primi particolari dell'incursione nel porto di Alessandria

I primi particolari dell'incursione nel porto di Alessandria I primi particolari dell'incursione nel porto di Alessandria La temeraria impresa dei nostri mezzi d'assalto - La partenza incontro al nemico - Più di mille chilometri e circa venti ore di navigazione La nave da battaglia colpita dislocava trentamila e seicento tonnellate L'annuncio, dato solo ieri, del risultati conseguiti con l'audacissima incursione dei nostri mezzi d'assalto nel porto di Alessandria, una conferma dello scrupolo col quale sono concepiti i comunicati italiani. Sono trascorsi infatti venti giorni dalla temeraria Impresa e il nostro Comando Supremo ha atteso, per darne notizia, che gli effetti delle cariche di esplosivo scagliate dalle unità d'assalto italiane contro le navi da guerra nemiche fossero controllati con la più assoluta certezza. L'incursione su Alessandria è probabilmente, se non per la di stanza, per la insormontabile complessità delle difese avversarie, la più rischiosa tra quelle compiute dal nostri marinai dopo Creta, Malta e Gibilterra. Si tenga presente inoltre che, pur non conoscendosi per ovvie ragioni il punto di partenza del nostri mezzi d'assalto, le più vicine baisi italiane dalle quali ha potuto avere inizio l'impresa sono ad almeno seicento chilometri da Alessandria d'Egitto. Ecco le distanze dalle basi più vicine: oltre 700 chilometri da Candia, 600 da Rodi, poco meno da Castelrosso e da Scarpanto (le due isole del Dodecaneso più vicine all'Egitto), circa 500 da Bardia e un migliaio di chilometri da Bengasi dato che la base possa essere stata nella Cirenaica pure allora già investita dalla durissima battaglia che tante altre perdite navali è già costata agli inglesi. Le più vicine basi metropolitane sarebbero poi Siracusa e Brindisi a 1500 chilometri e più dal porto nemico. Tutto ciò significa, ammesso che le nostre unità siano partite da uh porto di Creta o dell'Egeo, un percorso, fra andata e ritorno, di oltre mille o milleduecento chilometri, attraverso un mare battutissimo dalle unità britanniche e percorribile solo in parte col favore della notte. Basterebbero queste distanze per dimostrare con quale cosciente e sereno sprezzo del pericolo i nostri equipaggi sono andati incontro al nemico. Tenuto conto delle più alte velocità possibili alle unità navali, se ne deduce che l'impresa ha richiesto, anche nel tratto più breve, una navigazione di almeno diciotto-venti ore; compiuta cioè, senza dubbio, per una buona parte, durante le ore del giorno. 11 bersaglio colpito Roma, 8 gennaio. La formidabile capacità tecnica della nostra Marina da guerra e l'alto spirito degli ufficiali e <Jéjgli equipaggi sono ancora uria volta dimostrati dalla violazione della munita base navale nemica di Alessandria. E' questa la quarta volta che i nostri ardimentosi marmai, continuando l'eroica e legi gendaria tradizione adriatica de} 1915-18, penetrano nelle basi irij glesi del Mediterraneo. La prima base inglese violata fu Creta e solo quando l'isola cadde in possesso delle forze dell'As se si potè avere conferma delle navi colpite dai nostri ordigni «• splosivi. Poi fu la volta di Malta, e non ancora, per ovvie ragioni, si è potuto conoscere con precisione il numero delle navi nemiche colpite. Invano la propaganda inglese, a suo tempo, tentò di minimizzare il successo italiano; erano proprio gli sforzi della propaganda britannica a confermare che i nostri marinai avevano colpito e bene. La terza azione fu quella di Gibilterra, nella cui temuta ■ rada alcuni piroscafi carichi furono raggiunti dai siluri. Gli audaci violatori di Gibilterra, rientrati incolumi in Patria, ebbero l'ambito premio di essere ricevuti ed elogiati dal Duce. Ora, il 18 dicembre, mentre ancora nei deserti libici continuava il combattimento delle forze terrestri, è stata la base di Alessandria ad essere forzata dai mezzi d'assalto della gloriosa Mai-ina I italiana.' Solo ora il Bollettino wf Zia dato notizia: cioè quando le autorità italiane sono state in possesso di una prova certa, secondo il costume che ha sempre informato il notiziario di guerra ita- 1daaccdletctaDAtcdaicvosliano. Delle quattro azioni, forse,1 questa è la più importante, indi-1 pendentemente dal bersaglio raggiunto, perchè si tratta della più forte base britannica del Mediterraneo. La corazzata inglese Valiant, gravemente danneggiata, appartiene alla classe Queen Elizabeth. Per quanto costruita durante la guerra 1914-1918 la Valiant era poi stata rimodernata nel 193V-39. L'unità ha un dislocamento dì 30.S00 tonnellate e un formidabile armamento composto di otto cannoni da 381 millimetri* otto da lrrlbgtdlcnczrlg 152, otto da 102 antiaerei, quattro da 47, sedici mitragliere antiaeree a otto canne da 40 e sedici da 20 a 4 canne. Dispone inoltre di una catapulta e di quattro aerei. La corazza verticale ha uno spessore di 330 millimetri, quella orizzontale di 76 millimetri. La sua velocità è di 24 nodi e l'equipaggio è composto di 1100-1180 uomini. L'incrociatore Phoebe, affondato da nostri aerosiluranti avanti a Tobruk, apparteneva alla classe Dido ed era stato varato nel 1940. Aveva un dislocamento di 5450 tonnellate e un armamento di dieci cannoni da 1SS millimetri, sedici mitragliere da 40 millimetri a otto canne e sei lanciasiluri in impianti trinati. Disponeva di una catapulta e di un aereo. La sua velocità era di oltre 32,25 nodi orari. Il Phoebe era entrato in servizio da appena un anno.

Persone citate: Candia, Duce, Queen Elizabeth, Rodi