Battaglie dipinte di Marziano Bernardi

Battaglie dipinte Gli antichi e la uerra Battaglie dipinte Perchè i pittori moderni non dipingono più battaglie? Perchè, se eccezionalmente ne dipingono, son mossi soltanto da fini di documentazione illustrazione propaganda quasi in gara con la fotografia e col giornale scritto o «girato.? €he la guerra, divenuta sempre più vasta per mas-: se sterminate e epazi immensi, abbia annullato l'elemento uomo dal punto di vista di quel pittoresco che rendeva plasticamente suggestive le mischie d'armati e il cozzo dei cavalli nei dipinti del tempo andato, non è forse motivo bastevole. Sì, il combattente dissimulato nelle pieghe del terreno, le armi mimetizzate, i campi degli scontri quasi deserti, lo navi che s'impegnano a dieci miglia di distanza, i duelli aerei nella stratosfera, l'urto apocalittico ma severamente te cnico dei carri armati e delle truppe di rottura, certo tutto ciò ha 'allontanato la guerra d'oggi 11011 solo dall'attenzione ma persino dalla possibilità della rappresentazione pittorica. E tuttavia altra ragione si deve cercare a questo disinteresse figurativo, che_ non è per nulla prova (esempi innumerevoli, proprio in questi anni fatali, testimoniano il contrario) di un affievolito spirito guerriero. La realtà è che la pittura ha perduto l'antico senso epico che l'artista infondeva persino nelle grandi scene religiose. Come stupirsene? A parte il Neoclassicismo che fu la più artificiosa (se pur tanto spesso deliziosa) di tutte le estetiche, sia il Romanticismo con la sua esaltazione della Natura qual fonte d'emoziono poetica, sia il Realismo della metà dell'Ottocento, sia il Verismo connesso col Positivismo filosofico e scientifico, non potevano che spegnere progressivamente — e forse per sempre — il gusto per l'epica che direttamente dipende dalla piena e autonoma libertà fantastica dell'individuo artisticamente pensante. Limitare la pittura alla rappresentazione delle vicende quotidiane, far di una natura morta, di un oggetto inerte il nucleo di un'avventura spirituale e stilistica (e son queste <r avventure », altri lo ha detto, che dàn sostanza all'immaginazione moderna), significò allontanarci irrimediabilmente da un mondo del quale solo l'uomo era creatore e regolatore. Qual poeta oggi canterebbe un nuovo Orlando, se non col prurito, forse, d'ironizzarlo? Qual pittore cercherebbe nel Pier della Francesca della Disfatta di Cosroe o nel Tintoretto delia Sattaglia di Zara qualcosa di diverso dei puri e semplici «valori decorativi », luce o luminismo, massa o movimento, spazio o linea? (E figuriamoci, poi, i critici ermetici!). IVepica è dunque, grazie a tali bellissime teoriche — e in un secolo fra i più drammatici della storia umana — anticaglia da museo. E poiché i musei son chiusi e le chiese mascherate e le raccolte sparpagliate per le campagne a godere il riposo della vita agreste, ben venga lo speciale numero natalizio di Domus, questo splendido volume che s'intitola Battaglie, a rievocarci, con grandi riproduzioni d'insieme e di particolari, il caduto regno dell alta fantasia rinascimentaleE non è, no, il nostro, lagno diEiagnoni. Scriveva l'altro giorno >e Chirico che «non sono mai esistiti grandi pittori che abbiano dipinto male*, e quindi «il soggetto in pittura non ha nes sima importanza», e la sola cosa che conta è «la qualità» del dipingere. D'accordo. Ma poiché non è escluso che anche oggi vivano ottimi ed eccellenti pittori, che cos'è dunque che fa la differenza sostanziale fra il normale quadro odierno con la bottiglia, la beccaccia e la solita ragazza smunta accasciata in un angolo dello studio, e la Rotta di S. Romano di Paolo Uccello? Forse (diciamolo piano, con pudore e timidezza) forse il soggetto: sempre che per soggetto non s'intenda un «contenuto», genere tavola a colori da settimanale illustrato, ma quello che veramentin arte deve essere il « soggetto » cioè nuli'altro che la qualità dello spirito dell'uomo, la staturdel suo ingegno, il suo particolamodo di vedere e di pensare, dsentire e di rappresentare. I pittori che dipingono male non ci interessano. La discussione comincia quando, a parità di buona pittura, si guarda che cosa questi buoni pittori dipingono. E allora — proprio come per la poesia da Dante a Manzoni, e per la musica da Monteverdi a Rossini — vengon fuoridifferenze e opposizioni fra artista e artista, civiltà e civiltà, cultura e cultura, che altrimenti non si giustificherebbero. Cos'è che ci incanta nel Sogno di Sant'Orsola se non la rappresentazione deliziosa di quella stanzetta, la castità di quel sonno verginale, l'annunzio fatale recato dall'angelo a quel piccolo essere ignaro, e il tutto dipinto in modo perfettamente appropriato al tema, al tempo, al gusto del Carpaccio? E il soggetto dunque non centra in questo quadro affascinante? E la nostra adesione artistica immediata non è per la metà almeno adesione al soggetto ? Tanto che questa benedetta ostentata indifferenza per il soggetto in pittura finisce a sembrar un po' troppo un luogo comune postcrociano, quando non si consideri il soggetto un'entità esteriore e astratta, un componimento accademico da svolger coi colori, ma una realtà che nasce dall'intimo, pensata secondo un determinato ordine di idee, maturata in un determinato clima culturale, espressa con un determinato stile. Liricamente mosso e sottilmente allusivo, come sempre questo raffinato scrittore, il testo che Raffaele Carrieri ha premesso alle alte immagini. Egli non è cer¬ e o e n ? r i a a e e e o . i o i l a é to sospetto di simpatie contenuistiche. E tuttavia sentitelo : li Rinascimento è pervaso di pirito epico. Il primo moto lo roviamo^ nei cicli giotteschi. Pria di Giotto la pittura è immoile negli schemi bizantini. Gioto crea e irradia tutte le possibilità di sviluppo, la scioglie dalla teoretica, l'umanizza, le dà moto e forma, profondità e spazio. La terza dimensione è il nuovo spazio in cui lo spirito potrà ricreare l'universo non più composto di simboli e di gerarchie ma di creature. E con le creature la natura: la terra e il colore della terra; la luce che respira nell'aria e l'aria stessa». (Fra parentesi, creature e natura, terra e aria, questa restaurazione dell'Uomo signore nell'Universo mercè l'invenzione dello spazio, cos'è se non l'esaltazione del contenuto e del soggetto in pittura? Ma continuiamo). «E al di là della familiare luce terrena quella astrale dei cieli con le sue apparizioni e rivelazioni. La visione da statica diventa articolata, si trasforma in narrazione, è spartita in cicli». (Narrazione e cicli narrativi? E allora — in questa formidabile rivoluzione pittorica — la nessuna importanza che il soggetto ha in pittura?). «Le prospettive si allargano e si popolano. Al di_ sopra della città e dei palagi il cielo non è più un'astrazione ma una reintegrazione della natura, un luogo vivente e gremito. Tra cielo e terra si stabiliscono rap porti quasi umani, commerci cruenti. I miracoli sono reali. Gli angeli fanno parte dei paesi, volteggiano al di sopra delle case con affanno ansioso e precipitato e camminano affianco dell'uomo ; la loro capacità di sentire e soffrire è verace e dove passano lasciano l'impronta del proprio peso. Assistiamo alle grandi migrazioni che si svolgono tra il cielo e la terra ». Annunzio del nuovo mondo fantastico sul quale estaticho si stampano le Battaglie di Paolo Uccello, «formidabili macchine da guerra i cui ingranaggi metallici corrispondono a una razionale architettura combattivastrategica: sfere, cilindri, cubi, teorie di trapezi e di cubi che si cozzano; fitte diagonali di lance, criniere e scrosci di penne ; cimieri che s'aprono come grandi girasoli». Poi, sempre su! filo sottilissimo della Prospettiva («Che dolco cosa è la prospettiva!», esclamava il candido Paulo), la matematica «composta esclusivamente di numeri d'oro» di Piero della Francesca. Nell'armonia e nella moiiumentalilà delle pitture d'Arezzo quelle sfere e quei cubi si purificano «in una luce più umana e clemente ; il ferro delle corazze sembra avere un altro suono, dei timbri celesti e azzurri che la chiarità del giorno inargenta». Leonardo teorico muove quindi «come un cavilloso stratega» l'intero dispositivo della battaglia, e detta le leggi della rappresentazione bellica: «L'aria sia piena di saettimi e... e le ballotte delli scoppietti (vivesse oggi vedrebbe' che ballotte...) sieno accompagnate d'alquanto fumo dirieto al lor corso ». Ma siamo già nella rappresentazione realistica del cartone di Raffaello per la Battaglia di Costantino a Ponte Milvio, che Giulio Romano con altri allievi tradurrà con mano pesan te ; siamo — documentario avan ti lettera —• alla meravigliosa scenografia tintorettesca della Battaglia di Zara, «ultima gran de fiammata epica » "di vertiginosi teatri di guerra, prima che i tardi paladini e i cavalieri degli ultimi tornei secenteschi e settecenteschi nel galoppo precipitato e sonoro ci salutino «con la punta della sciabola». Il ciclo è chiuso. Le battaglie dipinte mandano con gli antichi i loro estremi clangori, e smilze retroguardie sono i cavalleggeri di Fattori con i colbacchi dalle foderine bianche. L'epica è declinata in lirica — la lirica, oggi, dei barattoli di Morandi, delle conchiglie di De Pisis, la lirica delle marine di Carrà, un palmo di mare con una bagnante rossa sulla spiaggia grigia. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Arezzo, Ponte Milvio, Sant'orsola, Zara