Storia di un leone viziato di Antonio Antonucci

Storia di un leone viziato SOLIMANO CADE NELL'ABISSO:.. Storia di un leone viziato GORIZIA, gennaio. Ho veduto Boliviano, figlio di Negus, un leone troppo viziato da piccolo per non risultare una disperazione da grande. Ancora cucciolo — un amore — andò da Milano a Torino come richiamo pubblicitario di un negozio in via Roma. La gente si fermava, gli elogi fioccavano ma nessuno avrebbe detto che il piccino gongolasse. Anzi sembrava indifferente ad ogni vano splendore e, se, ogni tanto, spalancava profondamente le fauci non significava minaccia ma sbadiglio (sollievo non proibito ai leoni); quanto ai saltuarii ruggiti, questi facevano parte della pubblicità, dal che si può dedurre che il piccolo era bene educato. Proveniva infatti da un giardino zoologico e il latte materno era presumibilmente ricco di vitamine civilizzate. Poi Solimano crebbe e, da giocattolo, divenne una preoccupazione. Niente più carezze o sguardi che gli somigliavano. Le sbarre della prigione, da legno si trasformarono in ferro e soltanto la pietà del municipio torinese permise alla belva di rimanere nella città della sua gloriuzza. Si parlava di fargli nascere intorno un giardino zoologico e intanto fu vìesso in un angolo, quasi come un oggetto dimenticato. Forse fu allora che Solimano cominciò a diventare nervoso. Per il sopraggiungere di complicazioni più serie, il progetto del giardino zoologico a Torino svanì è il povero leone — decZassiJ[icato a un soggetto qualsiasi — fini in un altro giardino, dove ben presto — malgrado le ottimo informazioni da cui era preceduto — si distinse per Za suo cattiva condotta. Un discolo, a dir poco. E, fin qui, sarebbe stata un'attrattiva. Già infatti so ne pai lava come di una viva curiosità di cronaca quando Solimano, esagerando, uccise un guardiano. Con umana bontà, e in considerazione del suo valore commerciale, gli fu perdonato pur facendogli comprendere con qualche colpo di forca che non era quella la maniera di com¬ portarsi. Solimano so l'ebbe a male, il suo sistema nervoso, già scosso, peggiorò a vista d'oecftio e pare che un secondo guardiano facesse la fine del primo, o quasi. Era troppo. E Sohmano fu condannato a guadagnarsi la vita con i proprii mezzi, c cioè ai lavori forzati in un circo. Ed eccolo ora in una gabbia esigua, magro, sempre più magro, come se avesse in programma di appiattirsi per scivolar via tra sbarra e sbarra in un'ultima disperata avventura; la criniera irta, arruffata, un po' sudicia lo riaccosta ai leoni veri, quei poveri re della foresta che sono presi per i capelli dai rami intricati, e Za. preda bisogna pure scovarla quando si nasconde; la fronte, piena di rughe, è segnata da tre ferite che non rimarginano mai, perchè irritate dal continuo dar di testa, contro la prigione infrangibile. Nella gabbia accanto, la leonessa Tagiura, distesa come una sfinge e immobile del pari, non degna di uno sguardo il virino rumoroso: che ci sia sotto un dramma d'amoreT No, no: nella sua qualità di femmina, Tagiura è ragionevole e, con l'adattarsi al peggio di buona voglia, par quasi felice. 17 suo pelo luccica, gli occhi risplendono, la rotondità dei fianchi non tradisce le privazioni di guerra, ogni giorno più incombenti. Non essendo ancora giunta quell'epoca, prevista da Isaia ' e durante la quale i leoni « mangeranno paglia come i bufali », per iZ loro appetito bastano, sì e no, dieci chilogrammi di carne al giorno. Non sempre se ne trovano a sufficienza, e così bisogna digiunare, più di quanto è previsto settimanalmente dalle norme di igiene e dall' amministrazione. Guai a non essere rassegnati, come Tagiura! Talvolta, poi, ci ii mette di mezzo qualche disguido stravagante, di carattere troppo sottile per essere illustrato alle belve, com'è il caso di Lea, vecchio cane danese, diventato una specie di carne inutile dal punto dt \yista del lusso e che i proprietari non si sentivano di uccidere. Gac e Gli avevano voluto tanto bene, ed allora ben arrivati i leoni di un circo! Ma anche i proprietari del circo furono presi da tenerezza, c la povera bestia fu destinata ai leoni, sì, ma per uso esterno, per partecipare cioè insieme con essi a- un numero di attrazione. Mica che sia divertente, anzi il cuore scoppia, ogni muscolo trema, gli occhi si appannano e par di morire, ma, insomma, si vive. I leoni guardano Lea con appetito arretrato, perchè il giorno del suo arrivo ci fu razione ridotta. Quando non dà spettacolo, Lea è cane di guardia. Destino amaro per un essere di eccezione, abituato a muoversi in una cornice di attenzioni e di comodità continue, dai tappeti persiani al veterinario di famic/lia ma la ruota della fortuna gira e schiaccia chi si ri bella. Solimano impari! Ma oramai è troppo tardi. Anche nel circo Solimano si è comportato male e sta scivolando verso l'abisso. ^Dall'occhio sinistro non ci vede più, ed è quindi inutile che, da quella parte, l'orso Magus continui a guardarlo dondolando la testa come un patriarca desolato. Eppure, Solimano poteva contentarsi del suo destino! In fondo, gli era toccato un circo di persone buone, di fama quasi centenaria, che fa pienoni ogni sera è gli applausi fioccano! Alla sua illustre persona badava un domatore di gran lustro. Niente! Il cattivo carattere lo spinse persino ad aggredire il domatore e gli saltò al collo mentre egli voltava le spalle. Fallito il colpo, gli addentò una coscia, insensibile agli spari di rivoltella, i quali, pur essendo di sola polvere, secondo la teoria dovevano terrorizzarlo. I colpi di forca — uno dei quali doveva costargli un occhio — lo smossero appena e soltanto un secchio d'oc qua — ridicolo estremo! — lo in du'ssc a fuggire. — E' pazzo!... — disse il domatoro, con un tono tra il- compatimento e l'insulto. • Antonio Antonucci

Persone citate: Negus, Solimano

Luoghi citati: Gorizia, Milano, Torino