I cavalieri della macchia di Concetto Pettinato

I cavalieri della macchia I cavalieri della macchia C'è chi li chiama ribelli, c'è chi li chiama partigiani, c'è chi li chiama, nientemeno patrioti. Il nome poco impprta. La cosa, pero, è grave è importa moltissimo. Non possiamo stendere veli su una delle più brutte piaghe del momento. I camerati tedeschi hanno proceduto in materia a qualche operazione rapida, energica e coronata da successo. Ma si tratta di imprese incresciose, che rientrerebbero nel novero degli ordinari compiti di polizia e che dovremmo essere o metterci in grado di assolvere al più presto da noi, con forze nazionali. Ieri le avremmo affidate senz'altro ai Carabinieri, i quali le avrebbero disimpegnate con l'accortezza, la pazienza e lo spirito di sacrificio ch'erano stati sempre, 3in qui, il loro vanto. Oggi il destino dell'Arma è sub judice, e non pare del resto che il concorso' da essa dato all'opera di repressione in discorso sia stato fin qui dei più calorosi nè dei più proficui. 'Dobbiamo imputare questa mancanza di entusiasmo a un disorientamento morale o. a, una diffidenza di massima seguiti al colpo di Stato del 25 luglio? E' essa invece il prodotto di uno stato d'animo più preciso nei riguardi delle bande da sopprimere? Difficile dirlo. Quello che ci sembra ovvio, in attesa che il delicato problema dei C.C. venga chiarito e liquidato per il meglio, è l'urgenza di sfatare Faureola che si è tentato creare, e sino a un certo punto si è creata, intorno ai latitanti della montagna. Diciamo subito che scrivere « montagna » non è ormai più tanto esatto, giacché a poco a poco, col crescere dei rigori invernali, la montagna propende a diventare collina e la collina tradisce una non equivoca inclinazione a mutarsi in pianura. Ci affrettiamo pero ad avvertire che se le bande tendono a scendere al piano, tèndono anche a liquefarsi. I/una cosa compensa l'altra, e potremmo anzi aggiungere che un avversario fl quale si avvicina nel tempo stesso che s'indebolisce e un avversario il quale facilita sia pur senza farlo apposta, il .compito di chi deve combatterlo. Lo facilita per ragioni militari evidenti, e lo facilita anche per una ragione morale. Se i « cavalieri della macchia » vedono sfaldarsi i propri effettivi è, infat ti, perchè a poco per volta nelle loro file si effettua una discriminazione. I migliori, i sinceri, i patrioti se ne vanno. Restano gli altri. Ora è proprio il fatto che « restino gli altri » quello che deve, prima o poi — e speriamo piuttosto prima che poi — convincere la grande folla dei sentimentali-o dei gonzi pronti a farsi succubi e coadiutori di tutte le favole messe in giro da chi ha interesse a impedirci di risorgere, che le loro segrete simpatie sono state mal col locate e che la loro buona fede è stata sorpresa nè più nè meno di quella degli uo mini che ora lasciano, a gruppi, la macchia per tornarsene a casa. Nelle regioni limitrofe alla zona alpina, dal Canavese al Biellese e al Varesotto, gli occhi cominciano ad aprirsi. Cominciano ad aprirsi, a quanto crediamo sapere, anche nel mondo dei combattenti, quelli veri, sin qui in parte irresoluti ed esitanti, in omaggio al sentimentalismo di cui sopra e forse a. un eccesào di pregiudiziali politiche, ma oggi consci, finalmente, che nell'ora del pericolo l'interesse della patria passa avanti a tutto, e impazienti di menar le mani. Bisogna, tuttavia, disingannare al più presto anche quella parte della popolazione la quale, non avendo ancora mai avuto a che fare, per sua ventura, coi « cavalieri della macchia » e non avendo mai assistito alle loro gesta, piglia come oro di coppella tutto quanto si narra sul loro conto dagli emissari interessati e ha persino la dabbenaggine di andare attorno di nascosto per le case a raccogliere quattrini e indumenti di lana per spedirli ai presunti eroi. I presunti eroi non hanno davvero fatto nulla nè fanno né faranno mai nulla che Jiossa meritar loro tale quaifica. Si sono vantati di aver Ereso la macchia per comattere i Tedeschi. Ma la loro preoccupazione principale e,, salvo errore, quella di evitare di incontrarne. Questi baldi giovanotti, che all'estero la stampa, ligia al nemico dipinge come un piccolo esercito — qualcuno farnetica addirittura di trecentocinquantamila uomini, infaticabili nello spingere puntate offensive e nel com¬ piere scorrerie alle spalle delle forze del Reich —, per poco che si imbatta in un reparto germanico non ha nulla di più caro del darsela a gambe. A Graglia, per citare dn nome fra tanti, quindici membri delle S.S. sono bastati a mettere in fuga un grosso nucleo di quei fulmini di guerra. A Borgosesia altri dei loro hanno alzati i tacchi anche di fronte a un modesto reparto di militi nazionali. Il genere di spedizioni in cui rifulgono i nostri Robin Hood meticci ati di Wallenstein è l'assalto dei villaggi indifesi, Uvaceo dei magazzini incustoditi, la cattura degli autocarri carichi sulle strade di campagna, la grassazione spicciola e il furto a mano armata. Non nego che queste spedizioni siano talora allietate da una vaga spolveratura romantica, o romanzesca che dir si voglia. In Val d'Ossola ci è stata segnalata la presenza di un artista lombardo, una specie di Innominato, parente di un noto architetto, il quale alla testa di poche centinaia di bravi si dà le arie di governare il paese e all'occorrenza di «proteggerlo», spedisce bandi ed ukase a dritta e a manca e si fa dar man forte dalla moglie che scorrazza sola pei monti in automobile, chiome al vento e pipa fra denti, con un fucile mitragliatore a portata di braccio. Altrove il tono della musica è nettamente comunista, come là dove impera il divo Moscatello, che la voce pubblica pretende giunto da Mosca in aeroplano per insegnare ai nostri le più recenti ricette sovietiche per la conquista del potere. In Altri luoghi, e i giornali segnalano un caso del genere anche a Rivalba di Gassino, li aggressori entrano a ruare nelle case di pieno giorno con tanto di maschera sul volto come nelle pellicole americane sul Segno di Zorro. Sono gli effetti del contagio radiofonico e cinematografico. Senonchè, in tutti questi sedicenti « fatti d'arme » l'elemento brigantesco tende a soverchiare . ogni giorno meglio quell'altro. Che dire, per esempio, di episodi come quello di Borgoseaia dove, dopo esser venuti a « prelevare » trenta tende militari col pretesto di difendere i « patrioti » dai rigori dell'addiaccio, le ten de vennero metodicamente tagliate a pezzi dagli autori del prelevamento e vendu te a metro al mercato nero? Che dire dello scempio di quel villaggio di Val Susa dove trentasette altri « patrioti », per vendicarsi di un ufficiale del distretto di To rino, reo di aver disertato la macchia per ripigliare servizio nell'esercito, gli de vastarono la casa e gli vio - - — — — — -— V — — — — — — — — — — larono, l'un dopo l'altro, la sorella come autentici australiani, sotto gli occhi della madre pazza di dolore ? Chi dice bande dice, ahimè', banditi! É se fosse questo, ormai, il solo nome degno dei cavalieri della macchia? Per trapassi insensibili, quella che doveva essere lotta in nome di un ideale, sia pur falso e sciagurato, diventa puro brigantaggio. Intanto, quel ch'è peggio, dalla macchia il cattivo esempio dilaga fra i delinquenti comuni. A Rivoli ogni sera, durante la prima metà di dicembre, le operaie che rincasavano venivano aggredite e derubate per via. A Meda un gruppo di automo bilisti scortato da un autocarro dà l'assalto alla dimora d'un negoziante di pelliccerie e porta via ottocentomila lire di merce. A Lainate un drappello d'altri malviventi, di cui l'uno travestito da commissario di polizia, ferma un carrettiere e lo alleggerisce di quindici quintali di lamiera e di una ventina di pneumatici. In una cascina della stessa regione altri malandrini, camuffati da marescialli dei carabinieri, fanno man bassa su mezzo milione di roba. Che dire di più ? E' la moda del giorno, le cri du jour. In altri tempi per ostentare il proprio patriottismo si portava' una coccarda. Oggi si ruba. Ieri si gridava: « O Roma o morte! ». Oggi si grida: « O la borsa o la vita ». Lo pretendono un sintomo di rinascita nazionale. Sono le ultime fasi del disfacimento di un esercito tradito e abbandonato dai capi, del quale gli elementi migliori, per nostra ventura, esulano a poco a poco per formare un nuovo esercito. Ad essere indulgenti, il massimo onore accordabile a questi cavalieri della macchia consisterebbe nel paragonarli ai briganti che intorno al Sessanta facevano le fucilate nell'Italia meridionale per la restaurazione del Borbone che li pagava e pel fallimento dell'unità. Chi paghi i nuovi briganti non vogliamo saperlo", anche per non far dispiacere a certi industriali. Non è impossibile che non li paghi nessuno, visto che le rapine sono un modo di. pagarsi da sè. Ma il senso del fenomeno è su per giù quello d'allora, e non sarebbe forse difficile sostenere che è anche peggiore, se teniamo presente quanto è accaduto in Jugoslavia, dove la lotta contro l'Asse cominciò col generale Mihailovic, partigiano degli anglo-americani, ed è finita con Tito, uomo di fiducia di Mosca. In Italia, a lasciarli fafre, i cavalieri della macchia preparerebbero il letto a un nuovo Tito. Ci pensi chi avesse l'ingenuità di tener loro bordone nell'illusione di preparare il restauro dell'onnipotenza borghese contro una repubblica che, a dispetto di tutto, speriamo sarà domani il regime del popolo onesto e lavoratore in un'Italia libera. Concetto Pettinato

Persone citate: Gassino, Meda, Moscatello, Robin Hood, Wallenstein