Il telegramma del Maresciallo

Il telegramma del Maresciallo Il telegramma del Maresciallo Roma, 9 settembre. Il Maresciallo Badoglio ha inviato ieri, 8 settembre, al Fiihrer a Berlino e ai nostri rappresentanti a Tokio, Bucarest, Budapest, Sofia, Zagabria e Bratislava, per comunicazione ai rispettivi Governi, il seguente telegramma: « Nell'assumere II Governo d'Italia nel momento della crisi provocata dalla caduta del regime fascista, la mia prima decisione e il conseguente primo appello che rivolsi al Popolo Italiano fu di continuare la guerra per difendere il territorio Italiano dall'imminente pericolo di un'invasione nemica. « Non mi nascondevo la gravissima situazione nella quale si trovava l'Italia, le sue deboli possibilità di resistenza, gli immensi sacrifici al quali essa doveva ancora andare incontro. « Ma su queste considerazioni prevalse il sentimento del dovere, che ogni uomo di Stato responsabile ha verso il suo popolo, quello di evitare cioè che II territorio nazionale diventi preda dello straniero. < E l'Italia ha continuato a combattere, ha continuato a subire distruttivi bombardamenti aerei, ha continuato ad affrontare sacrifici e dolori nella speranza di evitare che il nemico, già padrone della Sicilia, perdita delle più gravi e delle più profondamente sentite dal popolo italiano, potesse passare nel continente. < Malgrado ogni nostro sforzo, ora le nostre difese sono crollate; la marcia del nemico non ha potuto essere arrestata; l'invasione è in atta. « L'Italia non ha più forza di resistenza, le sue maggiori città, da Milano a Palermo, sono o distrutte o occupate dal nemico; le sue industrie sono paralizzate; la sua rete di comunicazioni, cosi importante data la sua configurazione geografica, è sconvolta; le sue risorse, anche per le diminuite importazioni tedesche, sono completamente esaurite. < Non esiste punto del territorio nazionale che non sia aperto all'offesa del nemico, senza una adeguata capacità di difesa, come dimostra il fat. to che il nemico ha potuto sbarcare come ha voluto, dove ha voluto e quando ha voluto con ingenti masse di forze che ogni di aumentano di quantità e potenza travolgendo ogni resistenza e rovinando il paese. « In queste condizioni il Governo Italiano non può assumersi più oltre la responsabilitè di continuare la guerra, che è già costata all'Italia oltre la perdita del suo impero coloniale, la distruzione delle sue città, l'annientamento delle sue industrie, della sua marina mercantile, della sua rete ferroviaria e infine l'invasione del proprio territorio. < Non si può esigere da un popolo di continuare a combattere quando qualsiasi legittima speranza non dico di vittoria, ma fifjanco di difesa si è esaurita. L'Italia ad evitare la sua totale rovina è pertanto obbligata a.rivolgere al nemico una richiesta dì armistizio. \ BADOGLIO». H redattore diplomatico dell' « AgeJizla Stefani » registra le iripercussloni internazionali che hanno avuto gli avvenimenti italiani nelle ultime 24 (ire. Il popolo italiano ha appreso ieri sera che la guerra è ormai definitivamente perduta e che, un atto militare tanto improvviso quanto inevitabile ha posto fine ad una resistenza diventata ormai vana e impotente. Il fatto militare, maturato e deciso all'infuori di ogni valutazione e interferenza politica, fu imposto dalla realtà dei fatti, molto più che/ dal calcolo delle menti, e segna per la storia d'Italia una delle ore più nere, perchè significa il forzato arresto e la Inesorabile rinuncia a una legittima aspirazione di prestiio, di grandezza e di possibilità nazionali, quali ogni popolo senza distinzione ha sempre nutrito in fondo al proprio cuore. Evidentemente l'Italia ha sbagliato, credendo di poter affrettare troppo i tempi di un tale sviluppo, si è ingannata impegnandosi tutta nel bruciare le tappe di quella dura e faticosa evoluzione storica, che porta alla vera potenza; ma non per questo 1 risveglio oggi è meno amaro, la delusione meno grandeil dolore e l'umiliazione meno profondi. Gli italiani tutti senza differenze nè di partito nè di convinzioni sentono nelle loro carni e nelle loro coscienze che il destino è stato con loro veramente implacabile, Implacabile nel metterli nella attuale situazione senza uscita, implacabile soprattutto a condannarli a desistere, senza alcun rispetto verso le loro stesse tradizioni, dallo sforzo e dal sacrificio. E! la storia dovrà rendere comunque all'Italia almeno questa giustizia, che gli italiani non si sono arresi che di fronte ad una concomitanza di fatti più gravi, più inesorabili della loro stessa volontà. Ma la cosciènza di non aver nulla risparmiato per mutare le sorti del destino non basta a far risultare la disfatta meno grave e meno irreparabile. Dopo aver osservato che all'Italia non era rimasto più ormai che il fiato per respirare, il redattore diplomatico della Stefani scrive: «I militari, coloro cioè che delle possibilità belliche della Nazione erano i veri e unici competenti, ritennero che continuare la guerra non costituisse ormai più che un lento, ma sicuro suicidio. Ma l'Italia storicamente, civilmente e nazionalmente non può essere lasciata morire; non può, cioè, nè suicidarsi nè essere soppressa ».

Persone citate: Badoglio