Arte e non arte a Venezia

Arte e non arte a Venezia jgMSR UN NOSTRO CINEMA Arte e non arte a Venezia In questi giorni, ci si radunava a Venezia. Era ormai una consuetudine, ina sempre più stanai. Perché la bellissima idea che aveva suscitato la Mostra, e nella quale molti avevano fervidamente creduto, era andata sempre più decadendo. Rievocare episodi, figurine e figure, sarebbe ora assai facile; ma altrettanto pettegolo. Poiché invece l'iniziativa veneziana fu certo la migliore espressa nei suoi primi anni dal nostro piccolo mondo cinematografico, e aveva e avrebbe lieriti vitali, esaminiamola pacatamente. Non si offenderà nessuno se si dirà che la Mostra nacque da esigenze turistiche. La « stagione » veneziana, nel '30 e nel '31, aveva rasentato lo squallore; occorreva perciò dare un incremento a vecchie e nuove tnicinftvc; e fra queste fu inse?-ito un Festival internazionale, con i varii film immuni da qualsiasi vaglio di censura: una specie di «porto franco » di versioni « originali ». Così, con il suo nome, Venezia dava patenti di nobiltà alla nuovissima arte; e facendosi promotrice di quei convegni intendeva offrire una puntuale visione dei migliori film di ogni Paese. Per poco che ordinamento e realtà del la Mostra fossero poi stati sorretti da sani principii, ne avremmo avuto il privilegio di un raro strumento di cultura cinematografica, l'unica mostra d'arte dello schermo; e fummo all',ra tutti d'accordo, italiani c stranieri, nel dire che ciò sarebbe stalo possibile soltanto nel glorioso nome di Ve\nezia. La prima Mostra, nel '32, \quasi improvvisata, fu una ri- velazione; la seconda, nel 'SU, ne fu una vistosa e clamorosa conferma. Cominciare meglio sarebbe stato impossibile. Anche la locale crisi turistica andava nel frattempo risolvendosi; e anche di quella felice « ripreso» si attribuì più di un merito alla Mostra, che per un mese adunava una puntuale folla di produttori, registi, interpreti, critici, spettatori. Per motivi di lavoro, o di vivido interesse, o di elegante snobismo, i fedeli della Mostra di anno in anno aumentavano; al punto che si dovette ben presto pensare a una degna sede per la manifestazione. Sorse così il Palazzo del Cinema, in gran parte offerto dalla vene ziuna Compagnia dei Grandi Alberghi; e se un ente turistico aveva ritenuto opportuno un simile gesto, era assai probabile che dovesse trovarvi il suo tornaconto. Ma l'organismo che sembrava tanto fiorente in una sua giovanile baldanza era invece minato da un mal sottile: U virus della politica, all'arte sempre nefasto. Lo si era presto avvertito. Troppe si profilavano le interferenze; i benpensanti facevano di tutto per limitarle; e soprattutto vedevano nell'assegnazione dei pie mi un problema sempre più importante, delicato e difficile. Nella giuria, internazionale, erano infatti troppi i delegatiti funzionari, i rappresentanti molto « ufficiali» di questa o quella carica, tutte legate a interessi politici. I politicamente disinteressati, pensosi soltanto dell'arte, costituivano un gruppetto sempre più esiguo, a ben pochi gradito per la sua indipendenza. Molte pressioni cominciavano « esercitarsi pri ma ancora che la Mostra si aprisse. Poi le solite ragioni turistiche locali pretendevano che la si protraesse al massimo, anche se l'eccessivo numero'degli spettacoli andasse a detrimento della scelta e della qualità dei film proiettati; i nostri produttori, sempre più protetti, accampavano sempre maggiori pretese; e l'assegnazione dei premi doveva infine quasi ogni volta attendere una altissima e definitiva sanzione. Si giunse così al '37, che ancora vide una premiazione in complesso plausibile: non per nulla confermò Valloni evidente supremazia del film francese. Ma fu l'ultimo tentativo di far predominare le ragioni dell'arte. Allontanatisi i più testardi e... pugnaci dalla giuria, questa diventò sempre più ufficiosa e ufficiale; pressioni e opportunità, sempre e tutte di indole politica, furono sempre dCqncngzcdgsz più ascoltate; e la balorda premiazione del '38 ebbe in alcuni Paesi echi quasi di scandalo. Subito dopo quegli echi la Francia annunciò, per il '39, una sua dissidente Mostra a Cannes, sorretta dagli aiuti del cinema americano, che aveva nel frattempo disertato quella di Venezia; e dal '33 ne cominciò l'ultimo declino. Se la guerra uccise prima, che nascesse l'iniziativa di Cannes, sempre più ridusse i limiti di quella veneziana: che dopo dieci edizioni si vede in questi giorni costretta a tenere per la prima volta chiusi i battenti Quanti ne parlano come di una fine ci appaiono assai sbrigativi; e sarebbe almeno sciocco non voler tentare di convertire i gravi errori del passato in una non inutile lezione per l'avvenire. e e r ù . i i o n o, a i Sarà certo molto difficile, ri dare una sua vita alla Mostra. Concorrenti iniziative come quella di Cannes riaffioreranno; molteplici interessi, turistici e di prestigio, le aiuteranno; e tutte avranno il vantaggio di poter sfruttare esperienze e manchevolezze di ben dieci Mostre veneziane. In più, il dopo-guerra, con le sue incognite. Ma il Lido è il Lido; e, soprattutto, Venezia è Venezia. Molto, nel suo nome, potrà essere dimenticato; ma perchè ciò avvenga sarà tuttavia necessario che alcuni elementari principii non siano più traditi. Eliminare il connubio arteturismo: nel senso che una ma nifvstazione veramente d'arte non potrà non giovare al tu riamo locale, ma come conse guenza, non come scoilo. Eli minare il connubio arte-politi ra: nel senso che un film da proiettare alla Mostra dovrà essere come un quadro da appendere in un padiglione della Biennale ai Giardini; quando questo criterio d'accettazione, collocazione e premiazione sarà stato nettamente stabilito, e da tutti fatto scrupolosamente osservare, finiranno tutti per volentieri inchinarutsi. Eliminare il connubio arte-enti statali: nel senso che Ministeri e Ambasciate e Consolati e Direzioni Generali dovranno dare alla Mostra tutto il loro spicciolo e richiesto aiuto, per quanto loro potrà competere: un «.invito » da favorire, una « pratica » da facilitare, un « permesso » da ottenere; e non dovranno mettersi temente, per ciò solo, di dover sindacare scelta e premiazione dei film. E infine e soprattutto eliminare il connubio arte-incompetenza: nel senso che direzione, comitato e giuria do vranno essere affidati a noni- ntglnpsbfdrsnmcdrqgqs i disinteressati e competenti, anto meglio se scelti fra i miliori di ogni Paese. Particoari organici e di coordinazioe si potranno poi liberamente rospettare e discutere; ma arà un bene che negli amienti dove dovrà dare i suoi rutti si faccia, fin d'ora straa la convinzione che gli erroi del passato non avranno ervito a nulla se per l'avveire non saranno nettamente mutati principii e sistemi. »** Così, nel nome di Venezia, he per Un nostro cinema di omani potrà essere un auguio, siamo giunti al termine di uesta rassegna dell'attuale nostra situazione cinematografica. Per la quale altri rimedi non vediamo se non uelli che si sono delineati: aolire ogni sovvenzione statae ai produttori, con un coneguente adeguarsi dei costi bolire la cosidetta censura preventiva; indirizzare i gio vani che vogliano accostarsi llo schermo; tonificare giornali e documentari, che per quei giovani potranno essere un'ottima palestra; difendere una critica libera e intelligene; guarire dei suoi mali la Mostra di Venezia, E' uno chema complesso, lo so; e difficile, da attuare, difficilissimo. Al punto che già da qualcuno si comincia a chiedere: e chi potrà provvedervi, chi porà averne i mezzi, l'autorità, a competenza t O recente passato, di quanto mal sei padre. Ancora, in ciucile domande, si scorge il piccolo timore di chi ancora e sempre vorrebbe un « papà » die a tutto provvedesse. Le poche decisioni, quasi tutte negative, e tutte benefiche per le casse dello Stato, saranno assai facili da prendere; e poi, entro quelle linee, sotto a chi tocca. Sappiano i produttori essere dei produttori, siano i giovani dei giovani, i critici dei critici, sia una mostra d'ar- te una mostra d'arte. Se ^Coqs«cla: perchè i non-produttori non potranno mai essere dei produttori, i non,giovani dei giovani, i non-critici dei critici, wna non-mostra d'arte una mostra d'arte. Mario Gromo I precedenti articoli di questa serie, che oggi ei conc-.ludf, sono apparsi nei numeri de-i criorni 30 luRlio 5, 8 12 OH e 29 asostoinvece gli «omini a tutto ciò interessati, lottando e discutendo, e soprattutto tenacemente e liberamente lavorando, non sarattno riusciti a rag-, giungere risultati apprezzabili je concreti: potranno allora es- serne benjicuri, nessun « pa- tpò» sarebbe riuscito a crearejl'impossibile, un tutto dal nui-j e Alida Valli in «Apparizione» Elisabetta Simor e Carlo Kovàcs ne «La casa sul fiume»

Persone citate: Alida Valli, Carlo Kovàcs, Elisabetta Simor, Mario Gromo