"I PIU' BEI POLI li portavano a Roma ...,,
"I PIU' BEI POLI li portavano a Roma ...,, "I PIU' BEI POLI li portavano a Roma ...,, Il nostro amico e collaboratore Carlo Linati ci scrive: « Le nostre città o provinole si videro portar via, ad una ad una, iniziative, rappresentanze, prerogative d'ogni genere, nate, cresciute e pervenute ad eccellenza per virtù d'ingegno, di lavoro e di tradizione. Queste imprese erano insediate d'autorità in Roma, affidate sovente a degli incompetenti che ne ricavavano le più laute prebende ed esse erano costate anni di studio e di passione ed erano ricche di quel genio tradizionale che in Italia solo può dare la provincia od il municipio... ». « Un sistematico attacco alla diligenza. Un amico ambrosiano soleva paragonare l'Italia d'allora ad una stia gigantesca dentro la quale il fascismo andava palpando; giorno per giorno, tucc i so pollastre! per sentire quali erano i più grassi ed i meglio appastati; e quelli portava a Roma per tirarvi il collo. Ahimè, /u cosi; purtròppo, che di pollastrcllo in pollastrella, sinmo arrivati al vuoto completo, pneumatico ». L'esposizione del nostro collaboratore è viva ed' esatta. Con la parola d'ordine: « tutto a Roma » le nostre città « hanno perso l'anima e non l'anima soltanto ». Centralizzare, perchè nessuna attività e nessuna iniziativa, sfuggano al loro immediato, diretto controllo è sempre stata un'idea fissa di tutti i dittatori. In Italia, in regime fascista, l'opera di centralizzazione ha assunto, sovente, aspetti grotteschi. Roma era e rimane la nostra Alma Matcr, lo rimarrà nel futuro anche se il meglio di quanto noi possediamo non sarà trasferito tra le sue mura. Anche perchè molti « polli > regionali o cittadini, che avevano nel loro luogo di nasata basi morali ed economiche per vivere e prosperare, trasferiti nella capitale vegetavano a spese dei contribuenti. Non morivano per una sola ragione: la loro morte avrebbe scritto la parola « fine » per delle prebende e delle sinecure dovute ai privilegiati del regime. dnscddndFlnlbpmticqrctcgsbgfslcdtagi l id
Persone citate: Carlo Linati
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