Tutto è chiaro

Tutto è chiaro Tutto è chiaro e Chiediamo scusa al lettore, se lo intratterremo una volta tanto su un modesto caso personale. Domenica la Gazzetta del Popolo pubblicava, in notevole evidenza, al centro di pagina, in corpo otto <s con titolo su due colonne, una notizia che sì, confessiamo la nostra ingenuità, ha avuto la virtù di allarmarci. Essa annunciava in termini elvari, perentori e recisi, ohe chiunque avesse presentato alla Commissione di inchiesta sulle ruberie del fascismo una denuncia, che fosse poi risultata infondata, sarebbe stato processato, di ufficio, per calunnia. Ritenevamo — e Ja Gazzetta sembra farcene carico — che l'informazione, pubblicata dal confratello in quei termini e con quel rilievo, dovesse avere un minimo di attendibilità e abbiamo subito preso posizione contro una decisione, che ci è appajrsa-, e non poteva non apparirci, equivoca, assurda ed estremamente pericolosa; e non abbiamo potuto tacere la nostra sorpresa nel ved>sr pubblicato, senza una riga di commento, di riserva o di dissenso, un annuncio, il cui effetto facilmente prevedibile sarebbe stato quello di scoraggiare e disanimare i cittadini dal dare all'accertamento delle ricchezze rubate, con le loro segnalazioni, quell'opera di collaborazione che il Governo sollecita invece da tutti gli onesti. La nostra sorpresa e, diciamolo pure, il nostro sospetto, sono stati aggravati e avvalorati nel constatare che il giornale, nella stessa notizia, affacciava l'ipotesi die l'inchiesta, e allindi la confisca dei beni, potessero essere limitate a quei gerarchi e a quei funzionari, che hanno avuto diretto maneggio di pubblico danaro. Ci è parso veramente singolare che si potesse soltanto prospettare una simile eventualità, non mostrando neppure di notare che, con siffatta restrizione, la riparatrice giustizia avrebbe avuto corso' soltanto nei confronti di una minoranitu di arricchiti, e forse neppure dei più grossi e dei maggiormente colpevoli. Ebbene no, diamone atto al nostro confratello, ci siamo sbagliati. Avevamo torto, ed ha ragione la Gazzetta. La quale ci fa sapere che la notizia in questione non era una notizia sua propria, ma una notizia della Tribuna, che il giornale torinese ha obiettivamente riportata. Avremmo dovuto capirla subito. Obiettività vuole appunto, come tutti sanno, che un giornale riporti le notizie degli altri senza citare la fonte, e il lettore ha il sacrosanto dovere, se non è un imbecille, di individuarne ugualmente la derivazione. Le notizie non sono come i prodotti farmaceutici; e se ne deve riconoscere l'origine senza il marchio di garanzia. La Gazzetta non é quindi in causa; e i nostri rilievi avrebbero dovuto rivolgersi, per,poco che fossimo stati più accorti, al giornale romano non nominato. Nell'appropriarsi della notizia, il confratello torinese intendeva valersi del beneficio di inventario, tacito e sottinteso così come era tacita e sottintèsa l'evidente partei-nitddella notista. Ma non basta. La Gazzetta fa capire che nel dare la notizia, sapeva benissimo che non era vera. L'ha data dunque per quel tale dovere di obiettività il quale, inteso in senso lato, comporta l'obbligo di dare al pubblico anche le notizie non vere, affidandosi per la necessaria cernita al giudizio del tettare. Questi deve distinguere a lume di naso le notizie che sono del giornale da quelle che non sono del giornale; e deve altresì saper discriminare quello che è vero da quello che è falso. Ottimo principio: si esercita l'intelligenza del pubblico, facendo delle colonne di un giornale una specie di rebus perpetuo. Anche la distinzione tra ciò .che è giusto e ciò che è ingiusto, assurdo, immorale appartiene alla sfera dei doveri dei lettori. La Gazzetta annunciava l'arresto e la condanna di presentatori di denunce non fondate; ma è d'accordo con noi nel considerare un tale principio inaccettabile. Anzi, più ardente di noi, arriva a raccomandare una saggia utilizzazione degli anonimi. Tutto attesto la Gazzetta non lo scriveva domenica, lo scrive martedì: ma tutto è comunque chiaro, semplice, convincente. Tanto chiaro, che non ci saremmo ulteriormente occupati dell'argomento, e avremmo lasciato senza risposta le spiegazioni del confratello, se esso, noli'offrirci attesto suo stupendo saggio di logica cartesiana, non ci avesse grati- ficati di « untuosi» e di « maligni ». Si rassicuri la Gazzetta. Lungi dal possedere quella sterminata dose di malignità che essa ci attribuisce, noi siamo straordinariamente benevoli nei suoi confronti. Essa non immoti ina neppure quanto le siamo benevoli, e se fo sapesse ci sarebbe grata. La verità è un'altra, ed è che noi non abbiamo quel grado di intelligenza che essa usa a buon diritto pretendere dai suoi lettori. Non eravamo neppure inteiari ai criteri della difficile ermeneutica che va applicata a una lettura del giornale di corso Valdocco. Ma questa lezioncina ci ha ammaestrati. Nell' avvenire, se ci sarà fatto di leggere sulla Gazzetta una notizia del tipo di quella citata, penseremo subito: 1) che si tratti della notizia non della Gazzetta ma di un altro giornale; 2) che la notizia non sia vera, avendola il giornale riportata e fatta propria solo in omaggio ad un suo personale concetto dell'obiettività; 3) che la Gazzetta, pyr riportandola senea commenti, e avendo magari l'aria di ritenerta gii*' sta, logica, naturale, in sostanza d'accordo pienamente con noi nel considerarla assurda, bestiale, immorale. A questo mondo, in definitila, tutto sta a intendersi.