La classe dirigente

La classe dirigente 11 problema «fi domani La classe dirigente o i i o i i e a e i ro di forti personalità, che ne rimase abbastanza per governare l'Europa, anche dopo il terribile consumo che ne fece la ghigliottina. Tutti i processi di formazione degli uomini politici fra i quali soprattutto le autonomie municipali e le amministrazioni locali, che ne sono la scuola ed il vivaio, diventano impossibili in un regime di dittatura, non determinata da transitorie contingenze, ma eretta e proclamata a norma continuativa di governo. Tale regime apre due vie soltanto ai temperamenti politici, che non sanno rassegnarsi all'astensione: o le cospirazioni e le rivolte, o la cieca sottomissione. Non solo, ma la dittatura, colla soppressione dei grandi partiti organizzati e delle forze politiche disciplinate, ha fatto venire meno quelle condizioni in cui si martellano e si manifestano gli uomini pubblici e si affina la loro sensibilità politica, Ricordiamo che Max Veber, nel suo famoso « Parlamento e Governo » attribuì sce a quell'art. 9 della costituzione dell' Impero, che vietava di far parte del go verno centrale ai membri del Reichstag, il profondo de cadimento della classe politica dirigente germanica, discesa dalla titanica potenza di Bismarck alla mediocrità dei Caprivi e dei Bethmann-Holweg. « L'essenza di tutta la politica è lotta, raccolta di alleati e di seguaci volontari, mentre non è proprio del funzionario lo scendere nell'agone politico, a lottare secondo i proprii convincimenti, senza di che non vi può essere nemmeno l'ombra dell'uomo di Stato, per la cui formazione occorre la lotta dei partiti ». Ma, ritornando alle cose nostre, appare fortunatamente fondata non solo la speranza, ma anche la viva sensazione che tutto un vivaio di uomini nuovi, preparati e solidi, si sia già formato nel duro clima della dittatura. Lo ha alimentato quell'istintivo lievito di protesta e di resistenza contro ogni oppressione che è nell'animo generoso dei giovani; lo hanno maturato la meditazione, e, per molti, i patimenti sofferti per una fede fieramente professata. Questi giovani hanno anche saputo formarsi una cultura politica, malgrado la cappa mortifera della cosidetta bonifica libraria, che ha invano cercato di fare loro ignorare, insieme colla stessa storia politica dell'Italia prefascista, le correnti del pensiero moderno. Molti di essi non sono ancora noti, ma li riveleranno, ed altri ne formeranno, le discussioni sul riassetto degli ordinamenti costituzionali, politici, sociali ed economici della nazione, non appena la situazione internazionale consentirà di riaprire la libera palestra di tali dibattiti. Ai superstiti, non diciamo fisicamente, ma moralmente e politicamente, della vecchia classe dirigente, potrà spettare ancora il compito di aprire la via a questo nuovo Stato Maggiore della Nazione e di apportare nella vita nazionale il contributo di una maggiore esperienza, ma non certo quello di ripri>♦♦♦»♦♦♦•»♦♦♦♦>♦♦♦♦♦ lbvNmtsecgpzprpdsetgrnb stinare situazioni superate, che potranno in ogni caso costituire solo un punto di partenza, pure evitando il rinnovarsi di errori duramente scontati, ma non certo di arrivo per la nuova vita nazionale. Tutti gli elementi sani della Nazione dovranno contribuire a riportare senza soverchie scosse la vita della Nazione nei suoi binari normali e ordinati. Molte dittature prolungate hanno lasciato dietro di sè fosche eredità; tutte ci insegnano che solamente il rispetto degli istituti costituzionali rappresentativi colla partecipazione del popolo alla vita pubblica, possono risparmiare i tristi retaggi dei regimi puramente personali. Il nostro popolo ha fondamentali qualità di buon senso e di equilibrio morale e sociale. Se veramente potrà guidarlo una classe dirigente, alla quale l'avventura fascista abbia appreso non solo ad odiare un padrone ma ad amare la libertà, ad apprezzarne il valore supremo, a conoscerne e praticarne quei doveri, che soli possono meritarla e conservarla, allora l'Italia avrà veramente ripresa la tradizione del Risorgimento, e, superato il periodo più difficile della sua storia, avrà collaudate la sua unità nazionale e la sua maturità politica. Marcello Sòleri Uno dei maggiori problemi che si presenteranno, dopo che sarà stato risolto quello incombente della guerra — che, anche per la tragica attualità dèlie quotidiane rovine, ci rende esitanti a scrivere oggi di argomenti politici — riguarda indubbiamente la formazione di una nuova classe di dirigenti della vita nazionale. Non che l'Italia ne avesse a dovizia prima dell'avvento del fascismo, se pure non pochi uomini di altissima statura politica abbiano onorata la vita pubblica italiana, ed altri minori a fianco di essi abbiano servita con fedeltà ed onore la Patria. Intendiamo per classe dirigente un complesso di uomini che nei vari campi dell'attività nazionale abbiano raggiunto autorità e prestigio, oltreché per la loro capacità, per l'esempio costantemente dato di probità, di dignità e di senso di responsabilità. Le qualità morali ed intellettuali di elezione, più che non gli uffici coperti, designano e selezionano lo Stato Maggiore di un Paese. Non hanno certo titolo per farne parte, proprio per di' fetto di senso di responsi bilità o di dignità, gli intemperanti demagoghi che hanno aperto la via alla dittatura, che è nemica, come la sua sorella demagogia, del la libertà e delle istituzioni democratiche, rispettose e tolleranti delle opinioni altrui; ne i prosternati adulatori del regime dittatoriale. Quando si scriverà la storia incredibile di questo ventennio, i nostri nipoti si chiederanno per quale vocazione di livrea non pochi uomini, rivestiti di alti uffici e dignità, e che nemmeno nulla avevano più da temere, si siano indotti ad atti di vera defezione dal loro compito nella vita nazionale, in contrasto colle opinioni sempre professate, mentre a loro sarebbe bastato, per salvaguardare la propria dignità, di non imbrancarsi nei turiferari di un sistema nel quale non credevano affatto. Ed essi si chiederanno ancora perchè nel campo economico si sia tanto inneggiato al discorso di Pesaro, quando i competenti erano ben convinti che quota novanta non rappresentava un premio, come fu qualificata, m_ invece un castigo per il popolo italiano, al cui lavoro ed alla cui produzione precludeva, con inutile strage e per peccato di orgoglio, gli sbocchi sui mercati stranieri, per il rincaro dei costi, in quanto non fu accompagnata da una corrispondente ed inflessibile economia nelle pubbliche spese e da una severa politica di deflazione. E finalmente non comprenderanno perchè nel campo militare così poche siano state le voci — poiché qualcuna ve ne fu, ed autorevolissima fra tutte — che di fronte alle retoriche iperboli degli otto milioni di baionette, non abbiano segnalato come male venissero spesi i miliardi che furono richiesti ai contribuenti per armare l'Italia, ponendo alla resa dei conti, e cioè nella guerra attuale, i nostri combattenti — che sono sempre quelli di San Martino e di Vittorio Veneto ■— in condizione di avere potuto soltanto dimostrare col sacrificio di se stessi, e nella più impari e talvolta disperata inferiorità di armamenti e di approvvigionamenti, l'inesausto valore del soldato italiano. Né certo il ventennio fascista ha potuto creare una classe dirigente, non fosse altro perche la dittatura teme altrettanto l'affermarsi delle forti personalità e dei possibili successori, quanto la indipendenza dei giudizi. Essa produce l'indifferentismo, l'apatia, il disinteressamento dei più dalla cosa pubblica, quando non quelle manifestazioni di entusiasmo per uomini e per atti che pur la coscienza disapprova. Come ha scritto F. Cambo nella sua diagnosi sulle dittature, « il regime ditta« toriale, sopprimendo la ra« gion d'essere delle voca« zioni politiche le farà spa « rjre del tutto, salvo quelle « che prenderanno una dire« ztone nettamente rivolu « zionaria. Le personalità « vigorose si forgiano nella «lotta: una volta soppresse « le occasioni della lotta, le « personalità politiche de «vono sparire». Il Cambo - porta ad esempio la dittatura di Napoleone, che in quasi vent'anni non ha prodot to una sola forte personali tà — tantoché gli uomini con cui ha governato l'Eu ropa provenivano sia dall'antico regime, che dalla rivoluzione — e la pone a confronto colla rivoluzione del 1789 che, in meno di die ci anni, creò un tale nume¬ rngdczcllcvbttemnspsclsstmvvR

Persone citate: Bismarck, Max Veber

Luoghi citati: Europa, Italia, Pesaro, Vittorio Veneto