Il diavolo a patti

Il diavolo a patti Il diavolo a patti In che modo si diventa assassini? E potremmo jioi affermare che il delitto nasca, Bcmpre, e soltanto, dall'odio e -dalla ferocia? E se invece fosse un travolgimento misterioso, un gran fiotto di dolcezza pervertita? Udite: «... trasportata dall' impeto cadevo nelle sue braccia, vi restavo spossata, Ir stringevo piangendo con un sentimento a amore «. Chi parla? Una figlia tenerissima in uno slancio di carità per la madre malata? No, un'assassina nell'atto di finire la vittima. Raccontando la sua storia crudele questa ragazza trova sfumature delicate. Vi dirà, per esempio, che la parte più profumata della sua infanzia, la fiaba della sua crescita, i fiorì in ojuel desiderio, la morte di Zia Matilde, e senza mai un attimo d'odio o d'asprezza ». Chi c costei? E' un personaggio di Guido Piovene; una di quelle figure in cui egli trasferisce i risultati della sua inchiesta psicologico-moralistica, fantasticata e romanzata, sul problema del male, e sul modo di addomesticarlo ; è la protagonista di uno dei cinque racconti che compongono il romanzo : La Gazzetta Néra (Hom/iianì Ed.). All'origine dell'inchiesta, dell'analisi sottile e sconcertante, v'è una strana concezione: che col male si debba procedere riguardosi, che col diavolo si possa venire a patti. Regola di interior «diplomazia », che Piovene aveva proposta due anni fa con le Leiteie. di una novizia. Illustravano, esse, un atteggiamento della coscienza elusivo, ingegnoso, che permetteva di medicare la vita, destreggiandosi, sfuggendo la troppa lucidità, coltivando la ricchezza ambigua delle inclinazioni, anche le peggiori. Nel romanzo della Gazzetta Nera la commistione di bene e di malo è poi così deliberatamente ricercata che, con parziali; paradosso, se ne. potrebbe dedurre che ognuno di noi ò un assassino in potenza, e che la criminalità spesso maturi tra richiami e aspirazioni angeliche. Nou perdere nulla di ciò che natura ci ha dato, realizzarci interi — è lo stimolo che Piovene sente con acutezza dolorosa e fredda.Fatti di impilisi cattivi, le nostre virtù sono vizi trasformati; e: «non desidero giungere a nessun Paradiso —-égli precisa —, se non riesco a portarci tutto il bagaglio dei miei egoismi, della mia cattiveria e dei miei cangianti pensieri ». dncpnesmdmCosì nella prefazione, « La Gazzetta Aera vuol essere, appunto un libro di inclinazioni cattive che, giungeridft- all'estremo, accennano e talvolta iniziano la loro trasformazione. Il vizio fondamentale, uno smodato attaccamento a se stessi, pieno d'/ivarizia e d'orgoglio, si sforjl in questo libro di utilizzarsi e trasformarsi». Il resultato dello sforzo e l'inizio della trasformazione tuttavia non appaiono gran che. Alle ultime pagine, a conohiude,re la storia di quel Dorigo ch'è insieme personaggio centrale del romanzo e testimonio coscientissimo dell'ideolpgia del romanziere, si passa da un furore di distruzióne alla carità; ma il mutamento sa un po' di miracolo. Giovanni Dorigo èv ossessionato dalla repuguante idea della morte. Attaccatissimo alla vitaal ricordo della vita, eglnon può accettare il fatto preciso che -piaceri, ricordiun giorno siano dissolti, spariscano nella, morte. Di fronte all'estreny) sopruso, all'ingiustizia doli morire, si smarrisce tanto tìa divenire indifferente, Irli cattòlico, alla salvezza dfelPanima, se con essa non è/salvo il corpo. Sognatore, deliberato a tenere per seraprje con sè ogni minima parte della sua umana esperienza, fantastica di evitare la [morte cominciando una vitaj immortale in questa nostra fuggevole vita. Ed ecco, a/far oggettiva e reale la prelatura partecipaziono all'ete/nu, offrirglisi la risorsa istintiva (e ultra-cerebrale) drfll'amore, di una sposadi ui* legame che porti a Dio « l'angoscia di perdurare con tro jU tendenza a dividersi >Dorigo ama Emilia, sua moglie, con violenza intellettua le, (affrontando e soffocando in lfei il gioco, il mutamentol'aVyventura. Deve essere, Exnìli a, l'ultima donna della sua/ vita, coinvolta in un patto Idi eterna fedeltà. Non v'dnibbio ; Dorigo non è un ma tìÀo facile. Con quella sino Zia dissoluto, gli manca cifche soltanto rende tollerabilalla donna la tirannia amorosa: respiro di una relativincostanza, soffio del capriccio e dell'effimero... Emilio sribella, si rifiuta a così radi Cale esperienza. E allora s.determinano in Dorigo lbrama e la volontà di ucci e a ì e a n , i a e i; n a a i , n .; e éa ei i derla. Uccidere la donna che non vuol convivere eterna, con lui eterno.- Ma, a questo punto, dall' egoismo totale nasce la «compassione acuta e paralizzante ». E' quella specie di trasformazione ulti ma e di conciliazione accomodante cui si è accennato. E milia si adatta. Proviamo, dice, contraddicendo se stessa. Ma non appare convinta E neppure noi che pure abbiamo seguito nel labirinto oscuro, con affascinata attenzione, i cerebrali tormenti e le ambagi del protagonista. Vizioso impulso alla virtù? Ma di vero, di vivo, di colto con estrema finezza qui ci è parso di vedere piuttosto il contrario : il decadere di una virtù, o meglio di uno stato di innocenza e di sogno, in pratica viziosa. Il senso dell'eterno, quel fuggire dalla morte, quel tendere all'assoluto, che sono di per sè aspirazioni angeliche, si corrompono per il peccato di egoismo e di orgoglio implicito nel fatto di non accettare la ccondizione umana. Non lajvagheggiata trasfigurazione j''delle cattive inclinazioni si palesa con persuasiva efficacia, ma il dolore delle tendenze virtuose deluse e travolte. Nel corso del romanzo Dorigo, a salvare la situazione economica compromessa e l'esigente amorp, parte, con la moglie, per Londra. Là' si mette al servizio della ricca signora van der Gu<;u, che conduce con mezzi clamorosamente reclamistici un'inu tile campagna contro la pena di morte. Fra l'altro essa ha fondato un giornale di propaganda, La Gazzetta Nera, e Dorigo, con altri, è occupato a fornire racconti, docu menti, memorie, che ■ dimo- a ni a o, a e eo ra e ouin ni a ra, li o i, annrfa n oe ia io ed e o raa, o n >. oa do o, Ela t'è a o iò le ova c si di si la ci strino la sfuggente complessi tà, non giudicabile dalla cieca giustizia umana, dei moventi del delitto. I crimini, una certa atmosfera cupa, di incubo e di malsana curiosità, i particolari minuti, alla maniera del romanzo poliziesco, "suscitano, attorno alla squisita analisi, l'interesse avventuroso del libro. Tra le storie narrate, la migliore, quella che più ci è piaciuto per rigore di acutissime percezioni, per sicurezza e novità di annotazione, e soprattutto per l'alto respiro, per l'ininterrotto ritmo narrativo, è la Storia ili ima ragazza. Orfana a pochi anni, la ragazza è accolta da una zia facoltosa e buona, ma bizzarra. Non è che la ragazza non ami la zia, non possa amarla, ma con il labile affetto subito sorge in lei una sorda lontana antipatia, un rancore, un astio, che l'esistenza solitaria e soffocata accresce sino all'esasperazione. Un'idea presto la domina: l'idea che la zia deve morire. Dopo la ragazza sarà libera, avrà raggiunto non so che pieuezza di vita la ragazza uccide lentamente la zia già ammalata, infliggendole, nella notte, atroci spaventi. Anche qui, nella intrinsichezza di male e bene, non nasce il bene dal male, ma il vizio, la colpa germinano da una dolcissima aspirazione alla felicità, diffusa, con tocchi magistrali e dissimulati, nel temperamento della ragazza. Così snervante è la medesimezza delle opposte sensazioni, che la morte acquista il colore dell'idillio. E l'innocenza genera il peccato: «ed io sentivo nel profondo del cuore una immensa innocenza. Ma appena mi abbandonavo, proprio da quella innocenza sentivo salire a fiotti il sapore dell'assassinio », V'è un'altra storia ricca di motivi e complicata, quella del monaco spagnolo ; un tale che, allevato con corruttrice fatuità dalla madre infida (madre e figlio ricordano in certo modo la madre e la figlia delle Lettere di una novizia), avvertendo sempre meglio in sè stesso un animo«tetro e avaro» che si disper-de, tenta, come Dorigo, di fissare in un atteggiamento imperituro, in una regola di costanza morale, il suo difetto di vita ; e come Dorigo vorrebbe trovare nell'anioni e nel matrimonio la condizione di una lunga fedeltà salvatrice. Ma anche in questo caso a moglie non si lascia ingannare. «Mi hai sposata per isolarti e celebrare la tua ostilità per la vita sotto una forma di virtù ». E lo respinge nella precarietà di un'indole cattiva e sterile. Più che la speranza della virtù, queste pagine ci trasmettono la quasi certezza che, nel nodo serrato delle inclinazioni, sono quelle perfide che ci trascinano. Anche il destino demonaco spagnuolo è segnato fin dall'inizio, destino di colpa e non di redenzione; e nemistero delle predestinazionè forse adombrata una supre preso nella decadenza viziosa e colpevole, a un certo punto tende con patetica grazia e per sincero impulso a risalire, a rischiararsi; oltre l'inferno dell'esperienza umana, in una luce di carità. Dopo il peccato la novizia 6'innalza ai sensi di una legittima pace : « Perchè infine tu senta — diceva alla vigilia di morire — che la mia anima non è aspra ma dolce, amabile e noli odiosa, fiorita e non deserta». Le intuizioni ancora intricate nella Gazzetta trovano così nelle Lettere un attimo di autentica, conquistata libertà. E il partito preso ideologico e moralistico ci appare, nella Novizia, ammorbidito e aerato. Mentre nella Gazzetta si direbbe 'che lo scrittore sia ancora in qualche modo avvinto alle sue scoperte. L'ammirevole storia della ragazza tocca senza dubbio una disancorata eccellenza fanti etica, e tutto il libro è sorretto da superiore vigorìa di scrittore, ma in varie pagine — Dorigo, il monaco — av verti, più ohe una raggiunta fantasia, l'acutissimo, ma un po' impacciato dalla ricchez za stessa dei motivi, avvia mento alla fantasia. Forza che ancora sta traghettando la spregiudicata conoscenza del bene, del male, da una repellente sostanza psicologica alla gentilezza dell'arte, dalla tristezza dei moventi maligni e remoti al presentimento di una vittoria sulla morte e sulla sventura. Francesco Bernardelli ma incapacità di trasformare il vizio in virtù. Quella trasformazione che, favorita dalla diplomazia interiore, Piovene ideologicamente auspica. Ma i suoi casi di coscienza, mostruosi e gentili, delicati e feroci, finiscono più o meno nella disfatta. Coltivare le cattive inclinazioni a fin di bene, è un rischio grosso. rata l'importanza. E anzi di- Non avremmo puntato sull'ideologia dello scrittore, su quel che di programmatico v'è nella sua narrativa, s'egli stesso non ne avesse dichia- renuno che il contenuto ideologico dia «Ila sua arte un suono incoiifondibilo, di alta se pure un po' astratta felicità intellettuale. Ma dunque, nei confronti delle premesso (e pur concesso ali autore che l'arto non può rappresentare che il male, che il bene non è che un grido di giubilo risolutivo, il gloria a Dìo, com'egli scrive che incorona certi canti liturgici pregni di umiliazione), rispetto a quella regola di salvezza affidata alla diplomatica convivenza col male, La Gazzetta Nera sarebbe soltanto, o troppo prevalentemente negativa? Si deve ricordare — lo dice l'autore — che La Gazzetta Xeìa b stata scritta prima delle Lettere di una novizia, nel 1939. Anche nelle Lettere si va alla catastrofe; e pure, là, quello che nella Gazzetta è torbidamente rap¬

Luoghi citati: Emilia, Londra