Fatica del capostazione di Curio Mortari

Fatica del capostazione Fatica del capostazione Dn cervello sempre desto, sempre vigilante, come un faro acceso tra una jungla intricata e tenebrosa di binari, di piloni, di iili, di cabine, di depositi, di capannoni (Dal nostro inviato) Stazione Z, ... In una grande stazione as- solata (siamo di Luglio e non ci sono più tattoie, sparite per motivi di guerra) le soste non sono gradevoli. Due, tre convogli sono annunciati dall'alto-parlante di servizio. E devono anche arrivare alcuni di qi'ei tieni in servizio locale che il pubblico chiama giù, con gergo militare, « tradotte ». C'è sui marciapiedi una folla in attesa, una folla compatta che si pigia e trasuda. Dirci meglio, parecchie folle, ognuna delle quali attende il proprio treno. Un'altra si addensa ancora davanti agli sportelli delle biglietterie, e sopì aggiungerà all'ultimo momento, come un rigurgito improvviso. Massima comprensione « Nonastante questa resta — 771 i spiega uno dei capistazione di servizio — non si nota quel disordine che sarebbe da attendere in simili cast. E soprattutto questa folla è, Dio sia lodato, quasi silenziosa. « Infatti, nessun vocìo babelico, nessun clamore, co»ie ci si aspetterebbe da un pojiolo meridionale (così i Nordici chiamano il nostro). Si direbbe anzi che queste folle s'ingegnino di trovare, a modo loro, una disciplina nella disciplina. « La gente ha compreso — continua il capo-stazione — che le complicazioni, se sembrano talvolta favorire qualcuno, alla fine vanno a danno di tutti. Il pubblico si prende anche, talvolta, licenze diciamo così collettive. Non tutte sono da approvare, ma qualcuna sorte l'effetto desiderato. Ad esempio, la gente che viaggia ha notato die salire dallo stesso marciapiede sul convoglio in arrivo, mentre un'altra folla di viaggiatori discende, provocherebbe resse, parapiglia, confusioni. E allora che'fu? Si schiera sul marciapiede opposto, per salire da una parte, mentre gli altri viaggiatori scendono dall'altra. La'cosa, a rigor di ter/nini, non sarebbe regolamentare; ma la necessità detta in questi casi le proprie leggi. Questa volta abbiamo dovuto riconoscere anche noi che il pubblico non aveva tutti i torti, e abbiamo lasciato fare », Di questo senso di paziente opportunità, che si può chiamare anche senso comune, non scompagnato da ima esperta osservazione, dà prova, in generale, il personale ferroviario e bisogna che aliene siamo grati. Non si tratta di una debolezza, ma di una forza, quella che con parola banale, e che pur rende il senso, viene chiamata * comincnsione ». E di quanto giovamento sia questa qualità per la nazione in guerra, è facile comprendere. La radio della stazione con voce scandita annunzia : « // diretto X, proveniente da L... viaggia con un ritardo di quindici minuti ». La folla in attesa non si scompone. In altri tempi, delti anche normali, si sarebbero notati gesti di impazienza, cipigli, e si sarebbero levate anche le inevitabili invettive. La folla d'oggi invece sembra più filosofica: cerca la ragione delle cose. Ha compreso. Che cosa significa in fondo il ritardo d'un quarto d'ora, in un'epoca d'eccezione come l'attuale? Non si trovano veramente motivi di proteste contro un servizio che — bisogna riconoscerlo — funziona nelle sue grandi linee, in rapporto ai tempi, magnificamente, E' infatti meraviglióso che. nonostante le imprescindibili complicazioni e gli inevitabili scadimenti di materiale, ad onta del moltiplicato flusso di treni eccezionali (quali ad esempio i treni militari) si viaggi sempre, si viaggi come oggi e si maggi spessissimo in orario. Si dicono tante cose, è vero; ma chi si mette in viaggio arriva con una certa regolarità. « Ci sono signori seri — continua ti capo — talvolta troppo intelligenti, che esclamano : « Non si viaggiava tanto, una volta!» oppure: « C'è troppa gente che viaggia ancora per diverti7nento! ». Questi signori irritati hanno ragione e torto. Ragione nella sostanza: torto nel tono. Ci sono, è vero, assai più viaggiatori di un tempo, e molti che andavano in III, ora viaggiano in //. Ma questi critici dimenticano che, per qualche sfaccendato che passa attraverso le maglie, ci sono infinite persone'che viaf/giano per motivi seri, motivi gravi e molivi di guerra. Ci sono gli sfollati, i parenti di militari in servizio o feriti o mutilati o malati. E ci sono i militari stessi che vanno in licenza o viaggiano su treni o»-dinari per motivi diversi. Inoltre c'è la folla che deve curare i propri interessi e i jiropri traffici, siano essi grossi e piccoli, alti o bassi. Bisogna rendersi conto di tutte queste urgenze e di questi bisogni ». La radio annunzia d'un tratto con voce cavernosa: « E' in arrivo sul primo binario il diretto X, proveniente da P... Attenzione! Attenzione! ». Il capostazione deve lasciarmi. Andandosene, egli mi dice: « Occorre la calma, nelle cose; soprattutto la calma. E' la più veloce delle qualità! ». « 15 minuti di ritardo!.,. » Egli è già lontano, e il suoberretto scarlatto si agita escompare nella risacca umana. « Occorre la calma... ». Rifletto sulla frase. Rifletto sulle responsabilità di quest'uomo tipico. Sulla sua responsabilità e su guellu di altri mille, diecimila, cinquantamila uomini come lui (quante sono le stazioni d'Italia r ) con maggiori o minori oneri di servizio, a seconda della importanza della stazione, ma tutti in linea, giorno e notte, per assolvere il loro compito non facile. Il capostazione (il * capo » come lo chiamano nel loro (tergo abbreviato i ferrovieri) rappresenta un cervello sempre desto, sempre vigilante, acceso sempre come una lum padina di molte candele, inquella jungla intricata e te- nebrosa di binari, di piloni, di fili, di cabine, di depositi, dicapannoni, di scali che è l'or- ganizzazione ferroviaria di un sgrande paese. Da lui deriva il Jmovimento dei convogli diur¬ ni e notturni e la sicurezza della loro marcia; da lui dipendono tante esistenze; la sorte di tante merci e di tanti bagagli, quanti ne può portare quell'enorme carosello che è il movimento ferroviario di una nazione. Un attimo di distrazione, un momento di oblìo o di debolezza, possono, d'un tratto, provocare disastri strazianti, con conseguenze irrim odiabili. Egli vive e deve vivere sempre presente a se stesso, col controllo costante dei propri nerui, c7ie controllano quelli di'. crdtanti altri. Questa forza di volontà, questo autodominio sono tanto più difficili in epoca di allarmi e di incursioni aeree. Vi descriverò in seguito, da testimonio oculare, la vita di una stazione durante un allarme o un bombardamento, perchè possiate rendervi conto dell'eroismo dei ferrovieri che il « capo » incarna con la sua figura inconfondibile. E' infatti su di lui che gravano allora le responsabilità dei pronti soccorsi, delle riparazioni immediale, tra scoppi e fiamme. Sotto il segno della sua paletta febbrile avvengono, in questi momenti drammatici,,le partenze a qualunque costo, 1perchè l'orario deve essere a \ogni costo rispettato, dove ci sia ancora una . via libera! I Questa è la parola d'ordine. Ed è proprio in questi momenti che il « capo » rfiieniito un prode tanto guanto un comandante di prima linea, sa che cosa sia la cosi delta « guerra dei nervi »! , Occorre calma Direte che, in questo momento, faccio della poesia. Ma è soltanto con questi accenti che si approfondiscono i meriti di questa categoria in particolare e di tutti i ferrovieri in generale. La letteratura del XX secolo ha indugiato troppo, in questi ultimi tempi, su motivi pastorali di dubbio gusto. Le figure vive del nostro tempo bisogna cercarle anche in questo oscuro, fumoso, talvolta apocalittico mondo del Lavoro, mondo che dà il carattere fondamentale a tutta la nostra epoca. Certi scrittori \struniati, disincantati o stra'tosferici ne, prescindono con \boriosa sufficienza. Ma come potrebbero continuare la loro vita, se i tipografi, ad esempio, cessassero di comporre le loro elucubrazioni f Il diretto arriva, ansimante, trafelato, erculeo, facendo sbandare rispettosamente la folla che attende e che già si contrae nell'ansia dello sportello da infilare, del posto da prendere. Si sente l'aspro cigolìo dei freni. I conduttori scendono, gridando il nome della stazione. Per un momento, questi piccoli uomini neri, quasi impassibili, rimungano sperduti, sommersi nel/a torbida marea che sobbolle (/avanti alle vetture. Tra paco, quando l'enorme pitone d'acciaio avrà in¬ ghiottito tutta questa folla, ri comincerà il loro compito, non gradevole, indubbiamente fa licosa. ' « Attenti agli sportelli» si 1 sente gridare, qua e là. E' la Joro voce stranamente acuta, che sovrasta tutta questa ma-rea umana. Ripenso alla frase del « capo » : « Occorre la calma, soprattutto la calma..., la più veloce di tutte le qualità!». Il diretto si rincammina Curio Mortari con un fischio quasi laconico.

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