Un asso tra gli aerosiluratori di Mario Bassi

Un asso tra gli aerosiluratori Un asso tra gli aerosiluratori Il capitano Francesco Aurelio Di Bella - Sette citazioni nel comunicato ufficiale e decine di migliaia di tonnellate di naviglio nemico colate a picco - Come fece saltare un grosso piroscafo davanti ad Augusta f (Dal nostro Inviato) Aeroporto di..., luglio. H Bollettino 1150 ha annunciato il siluramento di un piroscafo nemico di 12 mila tonnellate nelle acque della Sicilia. Il piroscafo, carico di esplosivi, saltava in aria. Lo aerosiluratore, come si dichiara nel comunicato aggiuntivo, e il capitano pilota Francesco Aurelio Di Bella, siciliano delia provincia di Messina. Questa è la settima volta che Di Bella viene citato nel comunicato ufficiale. Egli è un asso tra i nostri aerosiluratori. Con quest'ultimo siluramento egli conta al suo attivo varie decine di migliaia di tonnellate di naviglio nemico affondato. Bisogna sempre però rivolgersi ai suoi compagni per conoscere 1 particolari delle sue imprese e delle sue vittorie, il suo eccezionale ardimento e la sua perizia tecnica e combattiva; perchè nessuno è più schivo di lui, più ritroso, anzi sdegnoso di parlare di sè, di raccontare una sola delle sue straordinarie avventure di volo e di guerra. Anche con gli amici, anche con i più intimi, se lo interrogano, se lo sollecitano, risponde a monosillabi, o cerca di cambiare argomen- to. E' nato ventlnove anni fa,|il 7 luglio del 1914, a Rocca- lumera, sulla sponda ionica della provincia di Messina. WDopo che ebbe conseguito la maturità classica, senti l'at- trazione del volo e si arruolò Iallievo ufficiale pilota. Nel !1937 era sottotenente pilota, E lo stesso anno partiva vo-lontario per la guerra di Spa-gna. Dalla Spagna alla guer-ra attuale, pilota nelle specia- lità della ricognizione e del bombardamento, nel Mediter-ranco, in Grecia, il giovane ufficiale di complemento mostrava qualità superiori di volatore e di combattente e meritava la prima medaglia d'argento al valore. 7 ricompense al valore Indi otteneva .di passare alla specialità più ambita, degli aerosiluratort. E il 23 luglio 1941 partecipava all'attacco contro un convoglio nemico di diciotto piroscafi poderosamente scortati da unità da fueria. Egli superava con inrepido slancio lo sbarramento di fuoco delle navi e lanciava il siluro contro un grosso piroscafo che, colpito al centro, affondava. Prima citazione sul bollettino. La seconda citazione, insieme con la seconda medaglia d'argento, consegue nella battaglia aeronavale del 27 settembre 1941, nel Mediterraneo occidentale: quando Di Bella, dopo aver partecipato a una prima azione contro uria squadra composta di due navi da battaglia, una portaerei e numerosi incrociatori, ritorna all'attacco una seconda volta da solo, sfidando la caccia aerea nemica. E il giorno seguente, guidando una pattuglia di tre apparecchi, attacca a distanza ravvicinata due Siroscafi complessivamente di 3 mila tonnellate, e in mezzo a un turbine di fuoco li mette a fondo. Poi la terza citazione e la terza medaglia, il 22 marzo 1942; e la battaglia del Ferragosto 1942, e il siluramento della corazzata Rodney; e ancora, sempre presente e ope- rante nel cielo di tutte le battaglie sul Mediterraneo. Oggi sette citazioni, ripeto, nel comunicati ufficiali; e sette decorazioni al valore: sei medaglie d'argento di cui quattro conferite sul campo, una croce di guerra al valore, una promozione per merito di guerra. Con tutto ciò Di Bella resta il modesto capitano pilota, che quando si confida con gli amici confessa, in palese sincerità, di aver fatto semnlicemente il proprio dovere, di aver fatto solamente e nulla più che il proprio debito di combattente. Se gli sussurrate la parola « eroe » si inalbera, quasi un affronto: agli è un soldato, ecco tutto, che ha fatto il suo dovere. E quasi teme di non aver fatto abbastanza. E' pronto a pagare qualunque sacrificio; non perchè lo dica, f ma perchè lo mostra nel fatti in qualunque circostanza, giorno per giorno. Anima di siciliano Di media corporatura, ma vigoroso, ha una faccia pacata di color ulivigap, capelli neri, baffi e pizzetto neri, e saturi vivi- , "f" gli occhi profondi |d Re nsi™e.*ov0|?j"tà. . di di espressione. Ed è come * sua Etna natia: che sotto W «evi cova un fuoco nestin gulbile, sobria ra narola, mo destissimo il gesuo e un im I perturbabile apparente tran ! qualità. Ma dentro c è il vul cano. Provatevi in questi gior, ni a parlargli della Patria in!vasa, della sua Sicilia che il ' Piede dei barbari calpesta, ; Capite subito che e uomo che i non sopporta questo pensiero: , senza che lui lo dica, dal suo | solo sguardo capite che egli n a e a a e i o e a o o - affronterà cento motjti; ma non sopporta che il piede dei barbari calpesti insolente la terra della sua isola. L'avevano mandato in licenza per malattia, una vecchia e trascurata lesione pleurica per un trauma subito in un atterraggio fuori campo. E' un eufemismo fuori campo: in realtà atterrò, quella volta, sui monti dell'Epiro dopo aver comandato all'equipaggio di lanciarsi con il paracadute perche la situazione era disperata. Ma lui non abbandonò l'apparecchio, e al motorista che non voleva distaccarsi da lui affidò una catenina, con una medaglietta della Madonna che s'era strappata dal collo, ingiungendogli: — Ti ordino di buttarti, perchè questa la riporterai a mia madre. Ora non bisogna parlargli di questo perchè sua madre e le sue sorelle sono laggiù nell'isola invasa. Si salvò miracolosamente quella volta, come un'altra che fu abbattuto e stette trentasei ore in mare; come un'altra volta ancora che fu pure abbattuto dalla cac. eia nemica. Si salvò; ma ne riportò la rottura di qualche costola e in conseguenza una grave lesione pleurica. Non volle mai un giorno di licenza. Lo mandarono d'autorità a un sanatorio. Era l'8 di questo luglio. Il 10 egli apprende lo sbarco degli anglo-americani in Sicilia. Fugge dal sanatorio, si presenta a un comando aereo operante sul fronte della Sicilia. Non chiede altro che l'impiego più pericoloso. E la notte stessa pilota un apparec¬ chio contro la formazione navale del nemico. Quest'uomo - cosi apparentemente tranquillo, cosi padrone di sè e dei propri nervi, è invaso adesco da un'indomabile frenesia. In sette giorni, dall'il al 18 corrente, cinque azioni di siluramento con esito positivo. La Vendetta del siciliano ad armi corte, implacabilmente. L'ultimo colpo Quest'ultima, della notte dal 17 al 18 luglio da questo campo di..., donde l'ho veduto partire, è «tata una drammatica avventura. La sera egli era andato a riposare. Si svegliò per l'ora della partenza. Vesti la combinazione di volo sul pigiama. Venne al circolo degli ufficiali all'aeroporto. Scambiò qualche saluto e si avviò peruscire. Guardò l'orologio e tornò indietro. Mancavano cinque minuti alla mezzanotte. Disse sorridendo: Non voglio partire il giorno 17. E' un numero scalognato, mentre il 18 è un numero fortunato. Sedette su un trespolo al bar, ordinando una biuta. Quando fu la mezzanotte e cinqu? disse: — Adesso va bene. E usci. Qualche momento dopo, il suo apparecchio si levava a volo nella notte plenilunare. La caccia nemica era sul campo. Lui era in aria sfidando la caccia nemica, e faceva rotta sul mare verso le coste orientali' della Sicilia. Il suo equipaggio, formato di uomini sceltissimi, le vedeva, come sempre, impassibile, sicuro di sè e come uno che tenga in mano il prorio destino senza esitazioni e senza remissione. Navigò sul mare. Fu davanti alle coste orientali della Sicilia. Tra Augusta e Siracusa, avvistò un convoglio nemico composto di unità da carico e da guerra che facevano rotta verso Augusta. Tutti i cannoni delle navi sparavano, perchè già sul convoglio erano passati i nostri bombardieri e quelli germanici. Egli scelse il più grosso piroscafo del convoglio: un 12 mila tonnellate; entrò dentro lo sbarramento del fuoco contraereo, diresse contro quel piroscafo, lo mirò al centro, sganciò il siluro. Pochi momenti; e il siluro colpiva dritto al segno. E il piroscafo, carico di esplosivi, saltava in aria con una sola immane vampata e un tuono tremendo. Di Bella manovrò per la rotta di scampo. Ma si trovò davanti uno sbarramento di palloni frenati che si levavano dai piroscafi e da chiatte del convoglio e brillavano con i tondeggianti gonfi ventri argentei alla luna. Dovette virare d'improvviso offrendo la pancia dell'apparecchio ai tiri con. traerei. Due ore in mare L'apparecchio fu colpito in pieno da una cannonata, coloito il poppino del motore di destra, squarciata un'ala, divelto un alettone, tronchi in parte 1 comandi. Di Bella si sottrae al fuoco contraereo, dirige per il ritorno. A bordo si sviluppa l'incendio. Poco dopo il poppino colpito esplode. Ma l'incendio si riesce a soffocare. Il motore di destra non funzione più. L'apparecchio si sorregge a stento con due motori, quello centrale e quello di sinistra. In questo momento la caccia nemica viene all'attacco. Fortunatamente Di Belia trova davanti a sè nubi temporalesche e ci si caccia dentro, in mezzo a uno sferzare di piovaschi. E cosi si sottrae alla caccia nemica. Ma l'apparecchio perde quota, irrimediabilmente perde quota. E' un povero uccellacelo con un'ala tronca che non si sostiene più. Di Bella avverte l'equipaggio che si prepari a un ammaraggio di fortuna e ordina di apprestare il battellino di salvataggio. Ancora pochi minuti e l'apparecchio sbatte con la pancia sul mare. Ma Di Bella è riuscito a guidarlo e a posarlo senza gravi inconvenienti. Egli ha battuto violentemente con il torace contro il volante. Qualcuno dell'equipaggio ha riportato qualche contusione. Ma nulla più di questo. Due ore i nostri sono rimasti in mare sul battellino di salvataggio, e Di Bella scherzava: — C'era un giornalista, un corrispondente di guerra, che aveva chiesto di venire con noi. Ma a bordo non c'era po-4 sto per pesi inutili. Chissà adesso che al 'campo avranno raccolto il nostro S.O.S. come si fregherà le mani. Due ore dopo, i nostri erano raccolti e salvati da una motosilurante tedesca accorsa sul posto. Ma le 12 mila-tonnellate di naviglio nemico sono decisamente a fondo. E DI Bella e il suo equipaggio sono nuovamente qui tra noi, volontari e pronti alle nuove gesta. ' — La prossima volta mi porti con te, Di Bella? — T'ho già detto che non Voglio pesi Inutili a bordo. Meglio un serbatoio supplementare di benzina. Meglio una bombetta in aggiunta al siluro. Mario Bassi