Non si osa dar notizia della distruzione della Basilica
Non si osa dar notizia della distruzione della Basilica Londra e Washington nell'imbarazzo Non si osa dar notizia della distruzione della Basilica Lisbona, 22 luglio. Proprio mentre da Londra e da Washington si constatava con soddisfazione che Roma era stata bombardata senza la minima protesta del Santo Padre, è sopraggiunta la lettera del Pontefice che, pubblicata da tutta la stampa come l'avvenimento più importante del giorno, ha prodotto enorme impressione. I giornali dei paesi neutrali constatano che la lettera costituisce una pubblica condanna del sistema di guerra anglosassone, e che ha una forza maggiore di qualsiasi protesta diplomatica. Scrive un giornale che la riprovazione incondizionata, emessa dalla suprema autorità spirituale rimarrà nella storia, ad onta eterna degli aggressori di Roma, dei distruttori di chiese, dei profanatori di cimiteri, dei massacratori di popolazioni inermi. I più sviscerati amici degli anglo-americani esprimono unanimemente il parere che questi abbiano commesso un grande errore psicologico. Uno dei più accaniti difensori di tutto ciò che i popoli di lingua inglese fanno e scrivono, uno dei giornalisti più partigiani che esiste, dopo aver scodellato su due colonne tutti i più falsi argomenti dei suoi amici, è costretto alla fine a constatare che la notizia dell'attacco ha prodotto in tutto il mondo una emozione profonda e a concludere che < anche questa guerra passerà, ma ciò che non deve scomparire, perchè appannaggio della civiltà intera, sono i grandiosi monumenti dell'arte antica e 10 splendore della città eterna ». La condanna della barbarie anglosassone questa volta è dunque generale. Malgrado tutto ciò, dalle corrispondenze che giungono da Londra e da Washington si può constatare che, almeno fino a questo momento, i condannati non abbandonano il loro cinico e tracotante atteggiamento, e parlano dell'impresa su Roma come del «loro più bell'atto di guerra, che ha procurato loro maggiori soddisfazioni, perchè ha colpito al tempo stesso la capitale dell'Italia e del Cattolicesimo. Vero è che sinora nè Churchill nè Roosevelt, a quanto è possibile giudicare, non hanno avuto 11 coraggio di confessare ai loro popoli il genere delle distruzioni operate, temendo che almeno una parte della pubblica opinione li accusi di avere commesso un atto impolitico. Frattanto Churchill ha osato parlare al Club liberale na atonale, che aveva indetto una solenne cerimonia per inaugu rare il suo ritratto, condannando la violenza e osannando alla libertà. II manigoldo ha dichiarato « che gli uomini liberi hanno 11 dovere di difendere il suolo su cui vivono e di governarsi secondo i loro desideri, le loro concezioni e le loro tradizioni »; lui che lancia messaggi agli italiani per invitarli ad arrendersi, e che dichiara di voler fare invadere l'Italia per Imporle un regime gradito agli inglesi.
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