Villa sul mare etrusco di Giulio Caprin

Villa sul mare etrusco Villa sul mare etrusco Questa non e una delle rive d'Italia dove la bellezza sia amena e. in fila con gli alberghi, ville e villini popolino le spiagge di delizie cittadine. Qui la bellezza d'Italia e ampia e solitaria, soffusa di una certa mestizia sotto il sole pànico. Toccano il mare vasti piani che già furono palustri e son oggi distese di grano (ora i covoni ammassati attendono a turno le trebbiatrici): è come un paesp che l'uomo che coltiva e fabbrica abbia occupato da poco. Dentro terra i poggi sono silvestri; densi di macchie, vuoti di case sono altri poggi che intervallano la vista marina. Quantunque il paese prenda il nome proprio dal mare, la sua vita sembra piuttosto campestre e boschiva. Fino al battente dell'onda il contadino fa la sua opera di vomere e di vanga ; non si confonde con l'uomo di mare che sta nei radi potticciuoli sotto le punte scogliose che paiono isole, sì e no congiunte alle piane del retroterra. Paese nuovo e antichissimo. Più antico di Roma ; pelasgico ed etrusco. Se, dentro terra, torri feudali e badie monacali dicono il Medioevo, più vivo, sui poggi e lungo la marina, fluttua il fantasma della prima Etruria e il suo mistero. Scarsi e quasi invisibili i segni a chi non li cerchi in qualche avanzo di muro sulle vette dove furono le città lucunionie. La suppellettile della loro vita, quasi tutta suppellettile funebre, è ormai raccolta nei musei. Ma nel paese vuoto e sommario da parer nuovo, tra i poggi cupi i piani gialli e la marina celeste, se vi è presenza antica è quella della enigmatica stirpe che. chiamò 6e stessa Rasèna: l'antichissima Etruria, che toccò con la sua civiltà la più giovane Roma e poi, fusa nel dominio italico di questa, sparì senza mai sparire. Questa terra ne è ancora inrantata. Ci canta dentro .andando dai poggi alla marina, il canto maremmano del Carducci, non quello ai cipressetti di Bolgheri ma quello evocante e volante su tutto questo paese con il suo « sauro destrier degl'inni ». ...la" pietra pelasglr» «I II tirreno speco (urn II min nolo aliar, • con me nel silenzio meridian fulgente l lllcturioni e gli mijmri della mia primi! I pelile ventano a conversar. Quali presagi traggono oggi, dai loro ipogei, le ombre sacerdotali degli Etruschi che. come le loro vite di naviganti e mercatanti fossero vissute sempre in pericolo, fecero la loro religione tutta di auguri e scongiuri? Rivivono anch'essi, sepolti da millenni, con noi a scrutare i cieli e i cuori. Conforta, nell'ora del destino severo, la loro presenza di sapienti e combattenti. Autòctoni forse lungo tutto il nostro mare che da loro ha il'nome di Tirreno. L'esplorazione della scienza, esitante sull'origine di una stirpe che ha taciuto il più di se stes=a, suppone che a quesli lidi essa un giorno sia approdata da qualche parte dell'Oriente. Alla fantasia piace immaginare altro: che i Rasèna, i Tirreni sieno naturalmente trasmigrati sulla Penisola dalla vicina Tirrenia. quando la Tirrenia, misteriosa come l'Atlantide ma non immaginaria, fu sommersa nei flutti e solo qualche limita ne emerge nelle isole; che i superstiti di quella remotissima vita perduta in mare ahbiano popolato queste rive più giovani, vi abbiano ripreso la loro civiltà sprofondata. La religiosità di una stirpe sopravissuta a una catastrofe cosmica come quella che inabissò la Tirrenia è naturalmente portata a scongiurare ed augurare. Religiosi ma noi; mistici dovevano essere gli Etruschi: della vita, anche di quella oltre la tomba, avevano un senso concretissimo, ma dovevano avere L wanche una singolare potenza quaqi sognare nel concreto. Tache f ^enorme visione dell'etrarfldufenf. dove tutto è sogno solini, chèKno Par l"u sa,du de titano g<questi pensieri, riapfvivi come ricordi, an' verso il monte proleso aare, congiunto e sepadalla terra ferma. Con i graniti quel promonto[dice d'essere anch'esso un rimerito della sommersa renia. Girato verso il maI aperto, il monte mostra putSjjndici cupe di macchia verdovrf gcura, a prima vista ancointatta: precipita in alte Igliere che rompono il mae lo insellano. Sotto uno glio mi apparì, come qui se vera, la « Villa al mare • Jgnata e dipinta, da Arno! Bocklih. E' un quadro che ogni tanto, dalla giovi-nezza, rivedo, come si rivede un proprio sogno. Di tutt'altra stirpe che di questa tirrenia il pittore germanico di Basilea ebbe anch'egli la potenza di sognare in forme saldissime: le sue mitologie, le sue immaginazioni classiche di romantico, che sono nella possibilità reale e la eccedono, hanno un'evidenza surrealistica. Ma i motivi suscitatori di quelle visioni il pittore nordico non 'i trovò se non nella verità del paesp italiano, patria dela sua aite, e su questo mare, dalla Spezia a Ischia. Non poteva dire egli stesso quale punto della costa o delle isole gli avesse dato la prima idea per questo o quel quadro. TI vero gli si trasfigurava dentro, e la trasfigurazione non aveva più bisogno di rammentare un vero. Ma la «Villa al mare», a volerla riportare dalla visione pittorica a una realtà terrestre di pietre di cipressi sotto uno scoglio, qui, in questa solitudine marina-potrebbe essere fantasma vero. Una di quelle ville che non gli Etruschi ma i Romani, amatori di delizie architettoniche sul mare, si costruirono anche da queste parti: tracce ne affiorano anche intorno a questo promontorio, dove poi, non risorsero che rozze torri di scolta. La bòclcliniana vilal mare è, con i suoi portici bianchi coronati di statue, una villa già moribonda. Non l'abita più che la donna, ammantata di viola, che, appoggiata allo scoglio, guarda un mare desolato: il vento che piega i cipressi soffia melanconia su tutto il quadro soleggiato. L'invisibile che la donna fissa lontano è già l'isola dell'altro quadro bòckliniano, sognato sul Tirreno, dove, sopra un mare fermo e tetro, le ombre approdano all'isola dei morti. La villa apparsami vera sul vero mare etrusco è in solitudine ma tale da dissipare i mesti sogni di cui la storia e l'arte popolano questa terra e queste rive. Ne mestizia ne gaiezza, ma quel senso naturalmente solenne che ha ogni costruzione umana che da un limite terrestre affronta la fluida immensità del mare e del cklo: un senso di confine e di orizzonte. La villa è costruita in modo che dai suoi portici, alti sulla scogliera, non si scorga che acqua e aria, e la casa ferma sembri sospesa tra navigazione e volo. Bella e giovane è sorta ora, dov'era la macchia antica, la villa al mare, per volontà ili vita, franca da nostalgie, tacitamente dedicata alla fortuna e alla speranza. E' abitata tutta da giovani, ringiovanisce l'anziano che ne varca la soglia ospitale. E' venti ta su vasta come conviene a chi ha già bella famiglia e prepara comodo alloggio ai cresciuti e ai nuovi attesi. La chiara eleganza di ogni sua parte è tagliata e arredata per gente che vi dimora non a riposo ma a lavoro. Non è un signorile rifugio di calma in guerra ma, lontana da ogni città, una casa viva e attiva come una casa cittadina. La ricchezza che ha potuto costruirla con tutte le perfezioni urbane sulla scogliera romita è di quelle che sanno la labilità della fortuna, gente capace di ricominciare se l'uragano, lasciando le vite, porti via ogni bene. 11 pensiero segreto dei mali probabili e improbabili nobilita il godimento dei beni possibili. Bianco castello moderno, a corpi accostati e sovrapposti secondo le pendenze del terreno, non assomiglia a nessuna delle consuete architetture di ville Bill mare. La torre tonda può richiamare le torri di scolta comuni a queste rive ; il resto, con i suoi volumi bianchi e i suoi vuoti ariosi, nasce da un razionalismo interiore immune da modelli nazionalistici. Già popola il paese che, a prima vista, pareva selvatico. Lo è e noti lo è. Qualche altra casa, meno visibile, era già nata sopra e sotto la strada che qui si ferma ma è disegnata a girare tutto il promontorio. La macchia è già intersecata di vigne e di uliveti. In una piega del monte, scendendo alla cala deserta, è una valletta che l'opera dell'uomo ha già piantata di alti fusti di frutteti e di agrumeti. E' una valletta felice, quasi ingiardinata. Ma si può quasi essere certi che questa costiera non si atteggerà mai alla fiorita melensaggine delle riviere albergataci. L'antica macchia mediterranea deve lasciarvi la sua impronta e il suo aroma di mirti. 11 sentore misterioso della Tirrenia rimarrà sul promontorio che guarda le isole tirrene. Vuoto di vele e oggi il ma re. E1 il muto segno della guerra presente su tutti man. Un mare segretamente minato non è diverso da un mare in pace. Siamo noi che i mari in calma li chiamiamo pacifici, e sono eternamente gli stessi, elementi insensibili alla storia. Ma, vuoto, questo mare sembra un mare antichissimo, come al principio di un'era cosmica. Non è, no, un mare di tempi finiti, è un mare in attesa di vita. L'idea dell'insidia svanisce nella sua maestà di chiaro celeste. Se infonde un sentimento diverso da quello della divina indifferenza, è un sentimento ! di sospensione, ma senza tremito. Sospesi sono oggi tutti i venti ; eppur non è la bonaccia che abbaglia e stanca. E', in tremenda guerra marina e celeste, un giorno alcionio ; uno di quei rari giorni nei quali le forze agitanti l'aria e le acque si arrestano perche gli alcioni possano fare, i loro nidi Bulli scogli. Ma gli alcio ni figli della serenità sono forti uccelli da tempesta. Giulio Caprin

Persone citate: Carducci, Tache

Luoghi citati: Basilea, Ischia, Italia, Roma