OSPITALITÀ' e MOTTI

OSPITALITÀ' e MOTTI Dialoghetti dei vivi OSPITALITÀ' e MOTTI j l —• Sono stato — mi diceva , Fazio — ospite di una fami | glia amica in campagna. Tu imi dirai che, di questi tempi, se è arduo accogliere ospiti alla propria mensa, è sfacciato assidersi alla mensa altrui. Ma insisteva il mio amico che, sufficiente produttore di derrate agricole, può permettersi quella relativa larghezza che è vietata al cittadino. — E ti ha fatto mangiar troppo. No, il mio amico campagnolo, anche nelle sue domestiche pareti si contiene con l'onesta misura che è nel suoi discorsi fuori di casa, Non è per alcun eccesso di colpevole abbondanza che al secondo giorno ho trovato un cortese pretesto per rompere l'ospitalità e andarmene, alquanto seccato. — Per che cosa allora? — Per via delle iscrizioni che ho doluto leggere In quella casa ospitale. — Iscrizioni antiche ? — No, recenti. Quell'egre già persona ha, per ornamento della sua casa, la mania dei portacenere e delle pia , strelle iscritte di motti e sen-|tenze. Sono ceramiche con In-1 tenzioni morali e istruttive che si vendono a poco, spe-J cialmente nelle città cosi dette d'arte, per ricordo. Io voglio supporre che chi le compra scelga sentenze e proverbi a seconda del proprio carattere, per esprimere cosi a se stesso e ai frequentatori della propria casa, le sue preferenze morali. — In genere quelle sentenze sono morallssime, desunte da austeri scrittori e perfino da Santi. — Infatti San Francesco è dei più citati, e la sua lode all'acqua preziosa entra cosi anche nelle case dove si preferisce il vino. Ma ci sono, su quelle ceramiche decorative, anche motti che dispiacciono. — Spero che non ci avrai letto quello che un tale, ospite In una villa, lesse risvegliandosi il mattino: « L'ospite è come il pesce: al terzo giorno puzzA ». — No, a/izi le iscrizioni venutemi "sotf occhio In questa casa, alludevano, con una certa insistenza di dubbio gusto, al piacere dell'ospitalità, per esempio: « Questa casa è aperta al sole e agli amici ». Presuntuosetta, ma non è questa che mi ha urtato. — Quale dunque ? — Una che ho dovuto leggere ripetutamente nei portacenere di quella casa. Un motto, o piuttosto un avvertimento che non è desunto da alcun testo famoso ma, credo, conlato dai fabbricanti di ce¬ ramiche con l'idea d'interpre tare l'animo più sincero del compratori. Dice: «In questa casa nessuno è fesso». — Se la parola, vituperosa ma ormat d'uso corrente ti urtava non avevi chq a sostituirla con il suo equivalente meno volgare. Dovè scritto fesso leggi ingenuo. Non ve do gran male se qualcuno rammenta cosi a se stesso e a gli altri il pericolo di una soverchia ingenuità. E chi più sicuramente si vanta di non essere fesso, volevo dire lnge nuo, forse lo è. — Può essere, ma quella ostentata affermazione di ac corgimento e di furberia mi ha s»ccato. Specialmente oggi, codesto vanto di destrezza come regola di vita pratica, non mi va giù. — Pretenderesti che, di fronte alla vita piena di pericoli e d'insidie, uno si dichiarasse armato solo di una santa semplicità, cioè inerme? — Un mondo ideale sarcb be quello nel quale, senza al cuna difesa di furberia, tutti vivessero sicuri, e proprio gli ingenui fossero reputati 1 più degni di vivere. Ma quella casa, nella quale nessuno voleva essere Ingenuo, nemmeno i bambini, non faceva per me. C'è una sentenza, di ,più no bile prigine di quella Iscritta In codesta ceramica, la quale mantiene la fede nella morale superiore dell'Ingenua onestà, senza escludere Ta conoscenza delle Insidie altrui e l'arte di sfuggire alle reti tese da ogni parte al troppo candidi. E' del Vangelo: «Prudente come il serpente e candido come la colomba ». Panfilo

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