RITORNI

RITORNI RITORNI Tutta la vita è un ricordare. Gli etessi piani che facciamo per il futuro, sono proiezioni di ricordi che l'immaginazione trasforma. Memoria, da una parte, e immaginazione, dall'altra, lavorano come la radice immersa nella terra e la chioma spanta nell'aria, per far crescere la pianta : radici che s'affondano negli strati densi del passato, foglie che respirano il mobile, mutevole elemento dell'aria, che è attesa, avvenire. Ho posato gli occhi sulla fotografia d'una chiesa, una di quelle chiese come se ne vedono sulle coste della Liburnia, nelle isole del Quarnaro ; e subito dalle lontananze stratificate nel mio sangue è 6orto il ricordo d'una vita ch'è in me, passata in me da germi che racchiudono secoli. Una di quelle chiese nude al sole, tozze ed essenziali di architettura, che, quando hanno una bellezza, è come la bellezza degli ocohi vivi in una faccia cotta e screpolata dalla gran luce, dal vento e dall'aria salmastra. Respirano il mare. Il primo viaggio che ricordo, fu quando bambino di sei anni andai a trovare la nonna a Cherso. Quel lungo viaggio per mare fu per me come un sogno e come una rivelazione : vedo la distesa cenila dell'acqua e l'infinito solco che lasciava dietro a se il vapore; gl'improvvisi accostamenti della terra: il vapore che gira, i porticcioli che gli si serrano intorno; e la calma istantanea degli attracchi, quando l'elica cessa e si ode il confuso vocìo e trepestio dello sbarco e dell'imbarco; il fischio di partenza, i. nuovo giro e la ripresa della rotta- Non avrei voluto che finisse mai quell'incanto. E quando si cominciò a ballare nel Quarnaro un po' mosso, mi prese un'allegra inquietudine : giravo da ogni parte, scoprivo impensati passaggi, scendevo e risalivo dal salone sotto coperta; e mi piaceva sopra tutto l'instabilità sotto i piedi e quell'oscillare discontinuo degli alberi ; più volte il marinaio m'aveva cacciato giù dalle scalette del ponte di comando, ma io tornavo col respiro sospeso, finche il capitano mi afferrò bruscamente per il collo, ma invece, di scaricarmi, lo scappellotto che m'attendevo, mi avvicinò alla bussola ed io mi sollevai sulla punta dei piedi per guardar con meraviglia, oltre il vetro, dentro la misteriosa e lustra custodia di ottone. A Cherso, mia nonna abitava in alto ed io scappavo sempre giù nel porto, fra le reti e i pescatori ; ogni barca, ogni vela mi stregava, dandomi un 6enso di libertà felice. Ho ancora negli occhi l'anfiteatro della cittadina con le case grige di pietra scoperta, e ancora respiro quell'odor di pesce, di fichi é di lauri che profumava l'estasi del mare turchino, penetrato nella calma di quell'insenatura. Certo, qualche cosa di ben essenziale in me è venuto da uno di quei porti con le case a fil d'acqua, sullo specchio cristallino del mare; e, dietro, la collina nuda, sola pietra che rifrange nel suo grigio l'azzurro del gran cielo. .Vento e profumo di sale e di piante aromatiche ; sole, or scurato qualche volta da nembi, ma presto libero nel suo cielo spazioso sopra il.mobile mare. Casa grigia, di pietra naturale, modesta, quasi povera ; ma, davanti, una barca di vivi colori, gialla e rossa, tenuta all'ancoraggio come una puledra dalla cavezza. E se da quella barca si leva nell'aria una gran vela bianca e sbatte al vento e poi si gonfia, e tutto l'universo sembra librarsi nella sua tesa voglia d'andare, allora il mio spirito diventa ricco e non scambierei il mio piccolo porto nudo e selvaggio con nessuna città opulenta di marmi e d'arte o d'industrie, la mia terra pietrosa e arida con le più fertili e grasse pianure. C'è qualche cosa che portiamo in noi come un destino sotterraneo, più forte e fatale d'ogni destino palese. E può restar sepolto in noi per anni, in certi casi per tutta una vita ; ma dentro lavora e, se non si svela o scoppia all'esterno, mina a poco a poco le profondità dell'essere. Un brigantino, uno di quegli agili e ben temprati velieri del primo ottocento, dopo aver navigato mesi e mesi, rientra in patria : un'isola pietrosa, come quella d'Ulisse. Il capitano che lo comanda, esperto di paesi e di mondi, d'uomini *te di vicende, non ha serbato nel petto per questo momento se non un fanciullewo empito di gioia. La sua piccola terra gli vale l'universo : ha dimenticato tutto il resto. L'agricoltore che ha seminato, tende il suo spirito a immaginare le temi. bili variazioni del cielo e non è contento se non quando ha riposto il raccolto nei granai e neppure allora è tranquillo: ne calcola il prezzo, pensa ad avvantaggiarsene e ad allargare il proprio possesso. Quel marinaio invece, nel metter piede sulla sua terra, ha dimenticato le tempeste passate e non si cura di quelle future, il frutto del suo sudore è in -un cappello pieno di zecchini, ma non gl'importa di riporli; li sparpaglia, lieto di udirne il suono, e gode di quella ricchezza che sa momentanea. Non accumula ; la sua vera ricchezza è un'altra: la libertà che ha nel sangue e che risponde alle libere vie del mare e ai suoi sconfinati orizzonti. Fra i primi rilievi umani nel profilo naturale della sua isola, il capitano ha scorto con la vista acuta dei suoi occhi cilestri il campanile della chiesa. Egli saluta con tutte e due le braccia, e col cuore nel sorriso aperto del volto, quel tozzo campanile. Là sua madre, quand'egli è lontano, va a pregare per lui. C'è uno speciale odore d'incenso là dentro che si mescola, all'odore salmastro; incrostazioni saline fanno un bianco ricamo lungo i muri, sotto i gradini del portale e persino in qualche corrosa lapide del cimitero dietro l'abside; sui pinastri del sagrato cantano ie cicale; l'ombra è poca, appena qualche striscia, ma deliziosa, quando il vento del mare penetra fra i capel'i sopra la fronte sudata. Dio, un uomo di mare lo sente da per tutto : ne ha visto spesso il volto corrucciato e tremendo, ma l'ha visto anche più spesso camminare serenamente sulle acque e sorridere nelle stelle del cieloPer ciò, quand'è lontano, non ci tiene a frequentar le chiese dei paesi stranieri; ma per la propria chiesa, dov'è stato battezzato, egli ha un segreto attaccamento. Gli piace, al suo ritorno, entrarvi quasi di soppiatto, nelle ore in cui non c'è nessuno, e va a tastare la pila dell'acqua santa con l'orlo polito e il vecchio banco consunto della, nonna; e poi esce dalla porticina di fianco, per misurarsi il posto sotto il muricciolo del cimitero. Perchè un uomo di mare ha un senso, tutto raccolto e semplice, della morte. Egli può sperperar la sua vita, metterla a mille rischi : gli piace la vita e l'estro di viverla, non le è avaramente attaccato ; ma la morte, egli la considera come l'arrivo in un porto di quiete, nudo, 6olido, al riparo; poca terra in mezzo ai sassi, molto vicina alla casa di Dio, 6Ì che l'ombra, del campanile vi passi sopra almeno una volta al giorno. Vivere è serbar memoria e farla rifiorire nella freschezza del proprio sangue. Nulla si ripetè, ma tutto ritorna. Nello specchio d'un'acqua profonda (la terra scoscende a- picco dentro il mare ; un ciuffo di piante in cima, gli strati come vene scoperte e, sotto, l'alga verde) io ritrovo, ee so cercare, tutto quello che m'è sfuggito della vita. La luce è inesorabile, il vento passa con violenza, ma in fondo all'acqua luce e vento si placano ; tutto sta ad arrivare con la vista là in fondo, dove il tremito e le vibrazioni si sciolgono in una calma limpida e scura, e scorgere il colore, il significato di questo moto che mi sospinge senza tregua. Nulla o poco so di me, per quanto mi sia frugato dentro ; ma se all'orizzonte, piccolo e unico profilo sulla linea infinita dell'azzurro, mi si disegna un bastimento a vele spiegate, quasi immobile nel suo andare, quasi fermato nello spazio, allora mi sento sospeso anch'io e librato sul vero limite della mia vita, in una stabilità che nasce dal nyo stesso movimento, in una sicurezza rischiosa come di chi, affidandosi alla generosità dei venti, s'abbandona leggero alla propria capacità di raccoglierli. Giani Stuparich Il veterinario deva sposso agire anche come « dentista». Con mano esperta, I danti sono controllati

Persone citate: Giani Stuparich, Vento

Luoghi citati: Cherso