Il non-senso napoleonico di Giuseppe Piazza

Il non-senso napoleonico Al CARDINI DEL CONTINENTE Il non-senso napoleonico Sulla fine del secolo delle grandi guerre della Ragion di Stato, quando già si preparava a scatenarsi sul Continente l'uragano della Rivoluzione francese e del napoleonismo, il corso degli eventi si poteva press'a poco rappresentare così: che in conseguenza di quelle guerre la Ragione della potenza marittima inglese aveva avuto un chiaro sopravvento eu quelle delle potenze di terraferma, ma l'indice di maturazione tuttavia di una «coscienza continentale» dogli europei aveva già potuto toccare taluni punti massimi tali da valere, fuor di ogni dubbio, come confortante segno di reazione all'arbitrio della lunga manomissione equilibrista britannica. Due di questi punti, o punte avanzate del latente unitarismo europeo, erano state ad esempio, sopra tutte le altre, una quella «neutralità armata» che negli ultimi tre anni della guerra di indipendenza americana, dal 1780 al 1783, si era venuta a. formare tra Russia, Svezia, Danimarca, Portogallo, Regno delle due Sicilie, nonché Austria e Prussia, attorno alla Francia, Spagna e Olanda sostenitrici degli insorti, poco meno dunque che tutta l'Europa ; e l'altra quel Fùrstenbund o «Lega dei Principi tedeschi», da Federico il Grande riuscita a fondare nel .1785, un anno prima di chiudere la lunga battaglia della sua vita, in cui, definitivamente distruggendo l'eredità della pace di Vestfalia, si può dire si riassumesse tutto il testamento' politico del grande fondatore della nuova potenza tedesca. La prima delle due leghe, sebbene priva di risultati pratici, si era nettamente posta come un significativo movimento di insurrezione contro la piratesca prepotenza della signoria britannica dei mari, uscita com'era ormai pienamente costituita, battezzata e cresimata dalla guerra dei SetteAnni ; la seconda, ricca- invece di seguiti e di risultati ormai inestinguibili — se pure attraverso lunghi offuscamenti — suggellò già virtualmente iti anticipo, una volta per sempre, la trasmigrazione. del Reich in mano prussiana, additando già fin da allora nel massiccio di stirpi centro-germaniche il naturale ubi coiishigm di equilibramento del Continente, che non potrà essere ormai che eternamente antibritannico. E il grande fondatore, cui una sottile astuzia del destino storico aveva assegnato il compito di essere la prima «spada continentale» dell'Inghilterra, può ormai chiudere queir esperienza riassumendola nella constatazione ammonitrice che « nessuno Stato cercherà più d'ora innanzi l'amicizia dell'Inghilterra, e ciascuno 6Ì guarderà d'avere a che fare con essa». Tale appariva, un quindicennio esattamente prima dello spirare del secolo il corso degli eventi, nel momento preciso in cui l'artigliere sedicenne, cadet gentiIh'nmme, Napoleone Bonaparte usciva dalla scuola militare di Parigi, dove aveva studiato le battaglie di Federico il Grande, concependo per lui, figlio anche in questo del suo tempo, il culto che non 1' abbandonò mai tutta la vita; e gli scrittori nuovi, con gli occhi fissi al nuovo ordine d'Europa, si domandano oggi (vedi Paul Herre). Deuttchland und die europaische Ordnvng) quali felici Bviluppi la costituzione del fronte europeo contro la Gran Bretagna avrebbe potuto assumere, conferendo in tempo uno schietto contenuto euro peo ai princìpi idi con ve nienza » e di «equilibrio», e se non sia da rammaricare che la malefica potenza marittima non sia stata ridotta, nei suoi giusti limiti marginali dal conato unitario continentale dell'Imperatore soldato... Viceversa, a distanza di un trentennio appena dalla « neutralità armata » » e dal Fiirstenbiind antibritannico — per lo meno altrettanto quanto fu antiaustriaco e antirusso — ecco che l'Inghilterra, rafforzata più che mai di potenza e di prestigio, per la vittoria riportata sull'eversore dell'equilibrio, dispone di «6pade continentali» quante vuole, disposte a battersi per la larva di pretesa giustizia bilanciatrice dietro cui traspare nient'altro che la sua smorfia tirannica: sue «spade» sono ora la Hussia, l'Austria, ancora la Prussia stessa, ii testamento di Federico appare rovinato, e l'equilibrio più che mai il credo politico dei tempi. Un illusorio giuoco di magiche luci in una sppltacolosa variazione pirotecnica di vittorie contro cinque coa¬ liuprlerCpccztpscntrgcmscsdgdpsflsssnpfrptldd6dssvcrrcnfcstcmsobcbntcs{ e o e e a, a l o e ù e » , i ù ei i a a¬ lizioni britanniche, può per un momento aver presentato, per la prima volta nella storia, col « blocco continentale» del 1806, l'opposizione realizzate di Inghilterra e Continente europeo; ma è precisamente l'arma del bloccò, altrimenti formidabile, che rivela il vuoto di coscienza e mostra definitivamente tutta l'inconsistenza del napoleonismo come fattore costruttivo di storia unitaria continentale. Non è senza significato che nessuna delle storiografie tradizionaliste che hanno peragrato per lungo e per largo in tutti i sensi e settori il campo delle cause del fallimento napoleonico abbia mai spostato la questione da.l campo anglicizzante dell'eversione dell'equilibrio a quello dell'opposizione storica Inghilterra-Continente e della dialettica di formazione, sempre in atto, della coscienza solidale degli-europei. Non lo fecero, nè poterono farlo, nè la storiografia del romanticismo, nè quella del liberalismo, nè quella del positivismo, nessuna delle quali conobbe come postulato l'Europa come unità. Lo possono fare, ora appena, solo gli storiografi dell'Asse e del Tripartitoi che risalgono con tanta: fatica, col fardello sulle spalle, i dorsi sanguinanti dell'Europa una. Orbene codesti storici .tutti (citiamo 6olo Friedrich Stieve, Tl'endenpunkte europaischer Ge schiehte - Die Kontinental sperre von 1806, Leipzig) devono gareggiare in facilità di contentatura per accantonare ancora dalla grande espe rienza del blocco napoleonico, a profitto dell'Idea continentale, ancora i già noti fortuiti apporti del primo incremento autarchico industriale e agricolo, come l'au tonomizzazione metallurgica j: t? j: /-,-.. bCadddrdscsrPzstpnpllcpdclpsfcosì di Francia come di Germania (anche Essen fu, come si sa, un prodotto del blocco) o la surrogazione della bar babietola alla canna da zucchero, o infine le piantagioni belghe di cicoria a sostituzio ne del caffè, mentre fra tan to concentrato cicoriale ciò che miseramente svapora ì precisamente la coscienza del comunità europea ; e la stessa decantata esplosione del sentimento di nazionalità, che sembra spandersi guI Continente, e di sè colorirlo, appare un risultato inconsapevole e fortuito precisamente dell'oppressione, dell'erosione e della più cinica e deliberata distruzione nazionalitaria, così come — Bcrive pittorescamente uno storico accade alla lima divoratrice di essere madre della chiave, senza saperlo. Liberato il napoleonismo dai suoi romantici ermellini imperiali e dai suoi splendenti allori d'oro massiccio, e relegato nelle scuole di tattica bellica l'ammirabile virtuosismo del suo insuperato genio militare, la coscienza politica moderna, cui la storia vissuta sta insegnando cose serie, non può a meno di ravvisare nell'avventura napoleonica, da un punto di vista strettamente costruttivo della storia d'Europa che è storia continentale, altro che un esemplare Non-Senso, che si condanna da ee e si esaurisce nei suoi vittoriosi ma aridi conati di bravura guerresca, totalmente avulsi da ogni vera capacità di ideazione politica. Ciò che fin da principio, come un peccato originale, lo assegna alla sterilità storica è anzitutto un assoluto vuoto ideale, che non essendosi riempito della sola idea capace di adeguarsi alla sua ambizione europea e universale, vale a dire l'Idea continentale, fu automaticamente portato a mascherarsi ed effondersi in un inesauribile empirismo politico, rappezzatore di situazioni, con toppe sia pure di gran formato, ina insufficienti sempre non soltanto a redimere l'Europa, bensì anche unicamente a costituire un autentico patrimonio di «idées napoléoniennes» alla tradizione e agli uffici di propaganda di Casa Bonaparte. Questo desolante vuoto ideale, che ripresenta immota in cadaverica' riesumazione sempre la {vecchia idea vestfalica alititedesca dei Richelieu, dei Mazarino e di Luigi XIV, connaturata con l'assolutismo universaleggiante francese — e ciò dopo che ogni Assolutismo è stato per sempre ucciso nel mondo dalla spada e dalla illuminata formula federichiana del «Monarca servitore del Popolo», che il napoleonismo osa nuovamente invertire! — quest'empirismo politico disperato, che necessariamente, per mancanza d'oggetto, è portato a volgersi a servizio solo di una smodata ambizione personale e familiare, per la quale non arretra dai più d spregiudicati mercati di popoli, taglieggiamenti di territori, mutilazioni e soffocazioni di nazionalità e cibrei di statalita, 6Ì reggono poi sull'assurda, tragica pretesa di voler trasferire sulla stretta base francese, al marcine del Continente, la tradizionale aspirazione centro - unitaria del popolo tedesco; sperando di erigere sulla pura forza delle armi un potere che storia e geografia insieme condannano come eccentrico, squilibrante e squilibrato, e che nessuna Idea veramente superiore giustifica. E' nella lotta senza quartiere di Napoleone contro la Prussia — come è nello strazio, nei baratti e nell'oppressione senza esempio che intenzionalmente inflisse sempre, egli italiano, alla nazionalità italiana — la prova provata del suo errore di vor ler reggere il Continente e di lanciarlo contro l'Inghilterra con astrazione, anzi con l'opposizione e la mortificazione delle sue forze centrali, le sole cui è affidata in ultima analisi e in eterno ogni sua capacità di coesione, di consistenza e di equilibrio. Fu infatti soltanto la fine delle esitanze prussiane di Federico Guglielmo III, insieme col contemporaneo crollo delle primo illusioni napoleonisle taliane che decise l'Inghilterra a sciogliersi definitivamente dai lacci umilianti della pace di Amiens, chiudendo per sempre la sola èra .eramente «augustea» di tutto il napoleonismo, quella pre-imperiale del Primo Consolo ; così come fu la certezza di aver dalla, sua parte la Prussia, ciò che deciso la Russia di Alessandro T al duello mortale. In definitiva, è sempre e solo sui cardini centrogermanici e mediterranei che girano, e si aprono a chi vogliono, le porte d'Europa. Esse si chiudono ormai definitivamente all'Usurpatore, riconosciuto nemico dei popoli che ha unito, se mai, solo nell'oppressione, come dei troni che ha minacciato ; nessuna Lutzen e nessuna Bautzen lo può più salvare, ed è vicino il giorno in cui nei nuovi Campi Gatalaunici di Lipsia le Nazioni riunite finalmente se ne libereranno, consegnandolo all'Inghilterra, ancora una volta falsa ma fortunata paladina delle loro libertà... Giuseppe Piazza

Persone citate: Bonaparte, Federico Guglielmo Iii, Federico Il Grande, Friedrich Stieve, Luigi Xiv, Monarca, Napoleone Bonaparte, Paul Herre