L'ospite maldicente

L'ospite maldicente CARATTERI* L'ospite maldicente Qualsiasi cosa le d i r a i, qualunque cosa le mostrerai, nondimeno, la ospite maldicente dirà mule di te, dopo che se ne sarà andata: distante. Dirà male di te perchè ella era venuta appositamente con l'intenzione di dir male. Si sa benissimo, d'altra parte, che, quelle che contano, nei giudizi, sono le intenzioni. A questo proposito ho, anzi, da dire d'aver conosciuto donne, ed uomini, che si spacciavano per santìssime e per santissimi e non altro erano che furfanti. Passavano, peiò, per sante e per sunti pei rliè sapevano darla molto bene ad intendere, e, soprattutto, non si dimostravano mai per quelle, e quelli eh'- ciano. Ho anche conosciuto altri tipi, altre persone, diversi, opposti; e, che, pei non saper fingere, o piuttosto per non volerlo, terminarono con il fai creitele, di sé d'essere peggiori di quanto realmente, non fossero. Ti a i due (stremi, Ir migliore è quella di fingere di non essere in casa, d'essere andati a Firenze, di tornare dopodomani, e, rio in tutte le occasioni quando sì affaccino all'uscio persene che si sospettino essere ospiti maldicenti -♦L'ospTi. peiò, non hai mai posseduto una donna di servizio capace d'un sì minimo e pio -/ietto sforzo .ionie quello di dirc che, da tre giorni, sei fuori dì casa, a Firenze, e senza che nessuno suppin — giacchè tu non sci solito di dirlo .— il giorno del tuo ritorno. Intanto, là ospite maldicente e entrata in casa. Muso lungo, paltoncino chiaro, volto segaligno e sbiadito. Assomiglio al manico d'una scopa! E tu l'hai rista, pei rosi dire, tutta: prima dì guardai la. Si presenta a nome d'un tuj amico. Fingili nella memoria. Ma non ti sovviene il nome di quest'umico. Però giucche gli amici hanno quasi sempre finto meno sottile de' tuo — c, discrezione, quasi niente —■ così, tu per non dispiacere u lui e per non inimicarti costei, la lasci entrari nel Ino studio. Scambi quattro convenevoli con lei. Guardandola piti da vicino t'accorgi che ella assomiglia un poco a Callotta Coi.dag. Tu non assomigli, però, affatto al povero Marat e tanto meno stavi nel bagno di sali di mercurio quando costei venne a bussare. Stavi, invece, pacificamente assorto nel tuo solito lavoro. E non desideri ora di meglio, per ritornarvi al più presto, che la Carlotta se ne vada. Le rispondi, intanto, a monosillabi. Non dici nè si nè no alle vàrie questioni che ellu ti propone. '■ Guardi soltanto, di quando in quando, l'orologio. Finalmente, Carlotta stessa capisci che ha fatto un viaggio sprecato e che la meglio è l'he ni più piesto se ne vada. A un certo punto, infatti, e delicatamente e con due dita, le come il povero Tobia prese la mosca, che da un qiiarticello d'ora svolazzava sopra le carte) «per un'ala la prendi e fuori la riconsegni ». *"'# « Non èra un raggio di sole, non era una variopinta farfalla! * wnJinronicnmen/e esclami dopo che ella se n'è andata. *** Fuori dell'uscio com'è, tu non avendole detto niente e tanto meno avendole detto che sei felice, che sei superbo o simili frottole altre, ritorni alle tue carte. Nondimeno, Carlotta esce dalla tua casa c corre a raccontare, di te, il seguente che i tu non l'hai nemmeno guardala negli occhi»; e peggio, che «tu guai davi al di là. di lei con la gravità dei matti, dei savi, e degli animali ». Vorresti sapere, a tale proposito, se tolti dal mondo, i matti e i savi, e tolti gli animali, quali altri esseri rimangano a non guardare con gravità; eccettuati altri ed altre imbecilli dell'istessa sua specie. Poi dice, di se, nei tuoi riguardi, che ella «attraversò il tuo inondo tanto che tu te rs accorgessi » mentre tu ti accorgesti benissimo che non eia affatto il caso di farcela entrai e e. per questr la guardasti con quel tuo occhiolino, fra il lasco e il brusco, di triglia morta, e che si sta tanto bene giacchè nessuno capisce, allora, se tu, noti guardando, canzoni o non canzoni, stai serio per natura, o serio per forza di pazienza e di sopportazione. Bene tu facesti, infatti, a distrane lo sguardo altrove mentre costei h propinava le più insidiose e fastidiose domande. Di te, ridice, finalmente — e giacchè non le hai segretamente offerto altro spunto di dir male -— che sei nomo superbo e felice, a Felice * perchè parlandole le hai nascosti i tuoi dolori. Ma miche il Leopaidi è del parere — nello « Zibaldone » — di non due mai, a chicchessia, di uno, e tanto meno narrare le proprie debolezze, i falli, le pene, le disfatte, j dolori. Tali cose si raccontano sei ] < ; ■ I tanto alla propria madre: se I non si ha proprio la forza di : tenerle nascoste dentro di sé. Non dite mai agli altri, che j siete piena di dolori e che i siete, unche voi, infelice: giacchè gli altri, se voi loro | lo confessaste, non farebbero che approfittare dei vostri punti deboli, allo scopo di maggiormente colpirvi. Perchè volete d'ire ai vostri ne |*mici, i.P»"'i P'» facili per Icolpirvi? Mostratevi sempre ! forti, anche quando non lo siete e considerate che tre jquarti del bel mondo ■— ingeneroso com'è ■— non fa che ridere delle vittime. Non fate ridere alcuno dietro alle vostre spalle; o fatelo ridere verde, raccontandogli — o raccontandole, come in questo caso — e:/ie voi «ori .siete i»i/etice. Negli occhi, insomma, l'uomo leale e sagace guardi soltanto i suoi amici. Ma, gli altri, egli li guardi quando essi non se ne accorgono. *** Di te, la Carlotta dice anche — e quale assioma derivato col suo aver creduto che tu ti reputi ricco e felice — che sei uomo immodesto, e che la «immodestia è, per te, come una seconda natura »; ,sen.:« pensare che veramente modesti, di genuina e sunti! modestia, sono soltanto i monaci della Tebaide, mentre tutti gli ultri opposti uomini, soiio, quali più quali meno, tutti finti modesti. Tutti fiuti modesti: tanto che si potrebbe considerine la modestia, una finzione rTFiwsione, ed utile finzione, igiacchè chi sa fingersi mo desto ha probabilità d'essere compaliti, per gli errori; sopportato per le malefatte; aiutato ed incoraggiato per le altre cose; rome sarebbero quelle del brunire, dell'arlampicuisi, ecc. ecc. Tu, invece, se sei un uomo forte hai soltanto, dentro di te, una paura; ed essa non è precisamente quella di non essere modesto, ma l'altra —■ ben più mobile — di non essere forte! Ossia hai paura d'aver paura. Paura di non esser sempre forte e coraggioso come quando hai sempre desiderato di essere. «Afi guaidava, al suo so-I * ente lito, con occhia assorto in un profondissimo altrove; e si vedeva subito che io ero li come un a vvocatino novizio dinanzi ad un formidabile cliente ». Ecco il massimo che la maligna, nuova Carlotta, potrà dire contro di te: se tu sei stato furbo abbastanza e da tanto a non cedere alle sue lusinghe, e da non cadere nei suoi puliti tranelli. Tu, infatti, la guardavi assorto in un profondissimo altrove, come colui che ne avesse avuto pieni i corbelli. E dirà anche che Hit parlavi a voce bassa »; senza pensate che tu parlavi a voce bassa per non destare la fantolino or ora nata, e che rlp-sava nell'altra camera Fra tante errate interpreta- Gioiti, ella non si accorse che Però anche tu sbagliasti, mio caro, un pocket lino, giacchè quando capitano o spiti di tal genere occorre accoglierle al suono della marcili funebre, ed ospitarle in una camera dove soltanto siano due seggiole ^affinchè l'ospite maligna non vada a ridire che tu ne possiedi tre; più la testa di Dioniso, in T^^^Ztùn »!' {LJl ""'«'" V?i »" miLuigi Bartolini tu, parlando, MJvMSmÒSà i;er*o l'uscio, celiavi anche quando la invitasti a desinare. Non sono questi i momenti in cui un poveio uomo, come te, può permettersi il lusso di invitare a pianzo le '.spiti maldicenti.

Persone citate: Bartolini, Tobia

Luoghi citati: Firenze