LA SIGNORA ADA
LA SIGNORA ADA LA SIGNORA ADA « Ada Manzoni » dice la targhetta di smalto bianco e nero, sulla porta. Di là dalla porta ci si trova in un corridoio stretto e corto, cosi in disordine che si ha l'impressione di un trasloco in atto. Le altre stanze della signora Ada — la cucina e la camera — si trovano in eguali condizioni: anzi, in maggiore disordine ancora la camera. Qui il marmo del cassettone è pieno di cianfrusaglie: statuine di porcellana, una bottiglia con dentro il veliero, calze, forcine, un orologio stile Impero. L'inventario d'un'occhiata, rivela tomo tomo l'armadio messo di traverso a un angolo della stanza, bauli e valige ammonticchiati, e un portacatino di ferro vernicialo, un attaccapanni a colonna, e il tendaggio rosso sopra la vetrata sul balcone, cui fa contrasto, di là, dai vetri, l'intreccio a festoni della vite del Canada. Avete già capito che qui convengono tutti gli elementi di un « intemo » crepuscolare. Tanti anni fa sarebbe stata una festa per Moretti o per Palazzeschi. Supponete di esservi introdotti qua dentro in maniera assolutamente furtiva: tutt'a un tratto, in quest'ambiente di vecchie cose in disordine, cui immaginate attorno ombre di chi sa quanti ricordi, vi vien naturale di desiderare la presenza della padrona e protagonista. Cercate di immaginacela, la padrona: si tratterà, vi dite, di una vecchia signora vestita di grigio e nero e guarnita di pizzi, una vecchia signora odorosa di spigo e di penombre, dal collo fasciato ccl nastrino di seta nera; e avrà le mani bianche, di vecchia fanciulla, e parlerà come le fanciulle appena uscite di collegio. Vi viene voglia di farle aprire uno di quei cassetti, nei quali devono essere custodite fotografie slavate d'un tempo lontano: il mondo delle crinoline e dei valzer lenti sopra il pianoforte, dei fidanzati perduti e della gioventù dileguata in punta di piedi. Allora non resistete più, e chiamate sottovoce: — Signora Ada. Non ho fatto in tempo, ecco, a dirvi di non farlo: vedete ' che contraccolpo. Vi si presenta un donnone altissimo e ossuto e brusco: — Cosa c'è? — Restate confusi. La signora Ada è un tipo inopinatamente marziale: mani grosse, virili; viso lungo e angoloso; naso secco; capelli giallicci. E la voce, poi: una voce rauca e imperiosa, di creatura abituata a dire in faccia tutt'i propri pensieri, anche i più villani, ed anche i più impudichi, e abituata sopra tutto ad imporre le proprie ragioni. I bambini ne hanno paura; i ragazzi la chiamano il « fantasma », le donne del vicinato ne senton soggezione e antipatia. Addio, signora Ada dalle mani di cera. Quest'altra e reale signora è vedova da tanfi anni, forse da appena sposata; commercia in mobili di lusso ed in terreni, a tu per tu coi fabbricanti e con i campagnoli; è abituata a discutere, a contrattare, a litigare: non c'è bisogno che se ne lasci scappare qualcuna, per capire che sa dire, all'occasione, tutte le parolacce. Non si saprebbe davvero pensare una donna più lontana dalla commozione dei ricordi. Ma no; questo è eccessivo. La signora Ada possiede invece i suoi bravi ricordi, dei quali s'intenerisce e dei quali serba gelosamente i pegni. Li confida solamente alle poche persone che le riescono gradite: apre un tiretto, mostra Te-fotografìe d'una giovine donna molto hella, tutta gale e nastri bianchi: — Sono io, — dice dolce. — Allora cantavo a Buenos Aires. — Forse non è vero; forse a Buenos Aires faceva solo la comparsa; ma com'era bella, mio Dio, che creatura! Gli anni: chi può ricostruire il lavoro degli anni? Chi può trovare le cangianti giunture che allacciano la fanciulla di Buenos Aires a questo odierno pupazzone volgare? A meno che la signora non mostri la fotografia di chi sa chi: magari lasciandosi prendere lei stessa dall'inganno. Può darsi. Ad ogni modo sorprende anche questa sua commozione mentre sfoglia i ritratti. Arrivati davanti ad uno, quello di un ragazzino vestito alla marinara, vi dice: — È il mio ragazzo. — Se aspettate che si faccia se1 ra, avete modo di conoscerlo, il
Persone citate: Ada Manzoni, Moretti, Palazzeschi, Signora Ada
Luoghi citati: Buenos Aires, Canada
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