Incontri napolitani

Incontri napolitani Incontri napolitani Mi forma un amico, mi ferma un altro. Toledo pulita e clamorosa all'angolo del Palazzo Maddaloni scorre come un gran fiume familiare. V'è sole caldo, già tanto caldo in giugno, e le pietre della via se ne imbevono, come spugne. Nel pomeriggio i « fontanieri • municipali inaffieranno queste pietre e con l'umido profumo dell'acqua i selciati restituiranno il calore. Per un napolitano Toledo è qualche cosa di meglio e di più d'ogni altro luogo di Napoli. Un napolitano può 6empre dire con fierezza d'aver «consumato i marciapiedi di Toledoi, di «esser nato tra le pietre di Toledo». All'angolo di Maddaloni, a qualche passo da Palazzo di Angri ove Garibaldi s'affaccio nel '60, a due palmi dallo Spirito Santo e dal (Largo del Mercatello, ov'è la statua di Dante, Toledo è più saporosa di storia, di memorie e di vivaci aspetti. E' quella che io amo. Mi ferma un amico, mi ferma un altro. Abbracci, ricordi, persone morte, persone vive, l'arte, i pittori, il giornalismo, i libri, la guerra. (Della guerra a Napoli si può anche parlare in margine ad altri più durevoli argomenti e, durante un incontro, come ultima cosa): — Allora? Tutta l'Italia ni occupa di Napoli. Sarete contenti — Già, contenti. — E l'amico s'arresta lì. — Non ti pare, aggiunge subito dopo, che ai stia un poco « scoprendo» Napoli? — Infine, dioo, non e cosa nuova. Da quanti secoli si viene a Napoli per scoprirla? E' interessante veder come ci vedono di questi tempi. Non ti fa gusto, questa rappresentazione ? — Sì e no. Perchè vedi mi spunta il sospetto che, prima, la pensassero diversamente. — La pensassero? Chi ? — Tutti questi scrittori encomiastici. E non ti par strana tanta letteratura su pei giornali, tra buona e cattiva tra vera e falsa sui napolitani, sul loro sereno accogliere le avversità, sul loro sereno animo, il loro saper vivere e anche stoicamente saper morire, dopo tenti secoli che essi esistono ed esiste la loro città e il loro carattere, e i loro figli pei mari e le terre del mondo? — Non è strana, « tu sei un incontentabile e un pessimiste, io dico all'amico. — Napoli possiede quest'incanto magico d'attrarre e di sedurre, anche irragionevolmente, la gente del mondo. Eccita la curiosità, l'amore, le passioni più opposte ed estreme; lo dice la canzone: Napule è comma 'a femmma, te fa veni 'o giillo... 'o gidio, la voglia. Adesso e venuta a molta brava gente la voglia di vederla, in guerra dopo che per tant'anni la han vista nelle luci colorate e nei clamori piedigrotteschi, fra i trepidi argenti estivi di Santa Lucia, nella discutibili edizione della a poeteggia » e delle trattorie. Ecco tutto. — Ma vedi, è proprio questo che discuto. E' proprio questo. — L'amico ha mandato in su, sulla fronte, con due dita la falda del cappello ed ha aggiunto: — Non so se rendo l'idea... — No, pel momento non rendi l'idea. — Allora, stanimi a sentire. L'altro giorno, pomeriggio ero a casa. Sai, si termina presto all'ufficio, io rientro e malgrado tutto scribacchio ancora qualche verso. Mi piace, sai, rientrare a ca ufodscaladgtrotrmcctg«inpstausfpsmoDdltoradmsibpvdtlpsTvacsdgisa, trovare i miei nella lor varia vita. I miei son tutte',donne: mia moglie, le due ragazze, Anna e (Lia; le conosci, si son fatte «grandi», due belle ragazze di diciotto e vent'anni, una, la prima si sposa fra qualche settimana con un tenente di vascello, l'altra... insomma non è questo che volevo dirti. Andiamo a bere un surrogato. Dunque..! Il mio amico mi aveva preso sotto il braccio Sparlava, con quella intelligente volubilità dei napolitani eh'è insieme fantasia e voglia di variar il discorso uscendone e rientrandovi come passeggiando si sale e scende un marciapiedi. (Il discorrere dei napolitani è una conversazione a due a tre a quattro protagonisti tenute da un 6olo, oppure quel che diceva Giorgio Arcoleo, «un mono logo in due»). Mi guidò per certi vicoli ed io dico «certi vicoli » come un forestiero, come se non li avessi visti e amati e conosciuti da sempre in ogni selce, in ogni ora é profumo e stagione. Erano il vicolo dei Bianchi, lungo come un corridoio di convento, il deserto e chiaro chiassolo del Largo dei Bianchi ove s'apriva una tipografia di faccia al muto palazzo d'un'Opera pia. Da — e a e i » . o n n n . un giardino s'affacciavano le foglie patinate dei limoni e da un balcone, tanti anni fa scendevano le note lente e appassionate della sonata alla Guicciardi; era il vicolo dei Pellegrini anch'esso lungo e stretto, solitario e silente presso al ribollire clamoroso della Pignasecca; ed oltre la Pignasecca, il mio amico mi guidò per le complicate ed erte scalinate della collina, verso la Via di Montecalvario, la Concordia, e giù poi per le discese ai «Quartieri». Qui entrammo in un «basso». Dentro era pieno di quell'ombra dei bassi napolitani tento somigliante Si fondi dei quadri e delle acqueforti di Rembrandt. E' un buio soffice e dolce e nel suo mistero si modellano le forme che sbucheranno improvvise avvolte in luminosità d'oro e di porpora, come nella «Cena di Emmaus» o nella «Ronda di notte». Dall'insondabile profondità del «basso» uscì infatti una luce, ed era quella, appunto dorata, d'un lumino di cera ; dietro : lina donna che andava a riporlo sul marmo d'un canterano. Anche il marmo si illuminò e dette il suo chiarore; affiorò quindi il rosso d'un fornellino a carbone, nascosto nell'angolo più buio, e attorno a un tavolo tre quattro uomini seduti dai gesti lenti di fuma torj d'oppio, tenevano nelle loro mani delicate tazzine piene di un nero profumo, Bevemmo anche noi, poi uscimmo di lì per rientrare a Toledo, stavolta risbucandovi dinnanzi alla funeraria architettura moderna -del «Banco di Napoli». L'amico continuò: — Mi piace, seduto, dopo pranzo nello studio, socchiuse le imposte, ascoltare la vite della mia casa. E mentre mia moglie chiacchiera e progetta con la donna, in cucina, il pasto dell'indomani ascolto l'armeggio delle ragazze, nella loro camera, il loro cicaleccio di allodole, il loro ridere e baruffare, il dipanarsi dei loro sogni e la coscienza delle loro realtà. In questi giorni tutto gira attorno al prossimo grande giorno di Lia, la sposa; e casa mia è diventata una centrale d'informazione. Il telefono strilla senza soste, .nil campanello strilla senza ri* poso : le amiche, i parenti, gli amici, i conoscenti : tutti voglion sapere il come, il dove, il quando. Ed io ascolto queste conversazioni che spesso interrotte dagli allarmi vengono riprese all'istesso punto, dopo un'ora, dopo due. E vengo a quanto volevo dirti. L'altr'ieri, sai l'altr'ieri che picchiarono forte su via Santa Lucia, sul Pallonetto, su Chiaja, eccetera; cominciarono le sirene mentre Lia al telefono parlava con Evelina Cioffi, sai la terza delle Goffi quella che ai nostri tempi ci piaceva apostrofar con i versi di Ugo Ricci': Oh! paueegtate. tapn allo scudlMo E dammi un bacio, e leva quella mano Venivano te Ciotti, le Mietilo Veniva il duca di Caetelmex&aoo... — Ricordo, ricordo — risposi io, preso in un vago incantamento. — Bene. Suonano le sirene e mentre mi levo dalla scrivania per andar verso la camera delle ragazze ascolto mia figlia: — «Ciao, ciao. Suonano le sirene. — ella dioe — Ciao Evelina. Allora va bene, ci vedremo dopo il bombardamento davanti al «Kursaal», speriamo che il film sia buono. Ciao, ciao. — E voltasi, vedendomi di sale a guardarla: — Papà, smuoviti, non senti le sirene?... Avevo ascoltato il raooon- nriccrpddsgaacdsr to di molti episodi ma uno e',così, e così vero, così alieno dal «tipico», dal «curioso», dal «colorito» peculiare a quanti ne circolano su Napoli e i napolitani in guerra. e , o i a , o , e n e o n a r ti , e e é no aei io a in questi giorni, mai l'avevo ascoltato. 11 mio amico dopo un poco aggiunse: — Capisci perchè il concerto di lodi, la letteratura a colpi di encomi, e questo «stupir» fuor di luogo per un paese e una gente che da trenta secoli non stupisce di nulla, e neppur quindi della guerra, delle bombe e della morte, mi dispiaccia e, se ci pensi, dispiace anche a te — Ma vedi, insistetti. — E' che gli altri vogliono cogliere il segreto di quest'animo sereno e intrepido, di quest'umano accettar la ventura come la sventura; voglion trovare la formula risolutiva del limpido mistero dell'anima napoletana, quella cifra ineffabile espressa nelle poesie dei poeti e nelle tele dei pittori nostri, ma chiarita per il volgo, mai. E' gente buona, brava, stupita, che fin ieri e fin oggi o ha ignorato o non ha compreso il vero valore di Pulcinella e di «Mastu Rafele»... — Di Pulcinella — ha completato l'amico — che faceva le cote serie ridendo e di «Mastu Rafele» sopran-

Persone citate: Ciotti, Evelina Cioffi, Giorgio Arcoleo, Guicciardi, Maddaloni, Rafele, Rembrandt