Il Centro di studi mediterranei inaugurato dall'Ecc. Teruzzi

Il Centro di studi mediterranei inaugurato dall'Ecc. Teruzzi Il Centro di studi mediterranei inaugurato dall'Ecc. Teruzzi Alta riaffermazione dei diritti del popolo italiano all'espansione coloniale • Un discorso del Maresciallo De Bono, presidente dell' Istitnto Roma, 2 giugno. Alla presenza del Vice Se;gretario del Partito Tarablni, ;naldi, e di alte personalità, si in rappresentanza del Ministro Scorza, dei Ministri De Marsico, Acerbo, Bigglni, Cini, Polverelli, Bonomi, Favagrossa, e dei Sottosegretari Rossi Putzolu, Sorlce, Riccardi, Fougier, Rispoli, Calletti, Fabrlzi, Spadafora, Peverelll, Scarfiotti, Arcidiacono, Ri è tenuta stamane al Ministero dell'Africa Italiana la seduta inaugurale del Centro italiano di studi mediterranei. Un vasto pubblico di senatori, di consiglieri nazionali, di studiosi, di funzionari e di istituti scientifici e di cultura, erano convenuti per la j cerimonia che, in una linea di 1 austera solennità ha dato ini- zio all'attività ufficiale del nuovo istituto. ' Dopo il saluto al Duce, il i Ministro Teruzzi ha procedujto all'insediamento del ConsitgK°, la cui presidenza venne affidata dal Duce al Maresciallo De Bono. Necessità vitale Il Ministro ha pronunziato quindi un discorso nel quale ha detto, tra l'altro, che « il Centro italiano di studi mediterranei, presieduto da un uomo che ha molto dato alla causa della nostra espansione oltremare, come soldato e come reggitore di popoli, il Quadrumviro Emilio De Bono al cui fianco sono i più chiari nomi della nostra cultura, tende alla formazione sempre più salda di una coscienza mediterranea degli italiani, indi- »»♦♦♦♦♦♦♦»♦♦♦»»♦»♦♦< spensabile ad ogni nostra volontà di indipendenza e di espansione ». Ha aggiunto che l'Italia ha bisogno assoluto di una terra africana nella quale espandersi e operare, produrre e provvedere ai bisogni di quella eccedenza demografica che è un suo vanto ed una felice esigenza della sua razza. « Il nostro popolo — ha aggiunto il Ministro — manca veramente del necessario spazio vitale e s'impone provvederglielo. L'Italia sente, anzi soffre di questo bisogno. Ne soffre come una carenza biologica come chi soffre di fame e di sete. Senza colonie, senza un territorio sufficiente alla sua produzione e alla sua espansione, l'Italia è mutilata ». « Orbene, se questo bisogno di spazio è reale, sentito, imperioso, quale sarà dunque per il nostro popolo tale spazio? E' l'interrogativo che si affaccia al nostro pensiero. Interroghiamo la geografia. Interroghiamo la; storia. Interroghiamo il nostro cuore. Che cosa ci rispondono essi? L'Africa, camerati, solo l'Africa, e non altro che l'Africa. La geografia ci dice che l'Italia chiusa nel Mediterraneo, difficilmente — admeno per ora — può far conto su una sua espansione transoceanica ». Ricorda i tentativi d'espan sione nel mondo e osserva che la geografia ci fu veramente nemica e carceriera. Le colon ne di Ercole dovevano per noi essere più che un mito una realtà inesorabile. Cosicché, dovendo uscire dai confini della penisola, non potevamo che volgerci nella direzione africana. Non meno eloquente è la storia. « E' dalla più remota antichità che questo lago salato decide dei nostri eventi e ri specchia nell'azzurro delle sue acque i peripli, i viaggi, le avventure e le rosse battaglie e le fiere vittorie delle nostre navi. L'Africa ci addita la sto ria, il continente del nostro destino. Ma se interroghiamo il nostro cuore, la nostra coscienza l'anima nostra che oggi si raccoglie in se stessa pronta a spiccare più velocemente il volo verso la mèta designata dalla indefettibile volontà di tutti i vivi e di tutti i morti della nostra guerra: se poniamo ascolto alla nostra febbre a questo morbo che oggi ci consuma e ci arde e fa di tutti gli italiani consapevoli un solo impeto e una sola volontà, noi sentiamo una volta di più che l'Africa è il termine che dobbiamo e vogliamo raggiungere, il segno verso cui tendiamo, il tormento che ci fa soffrire, il fermento della vittoria di domani! La chiave della fortuna d'Italia è nelle acque che separano e uniscono 1 Italia e l'Africa. Resta, dunque, fermo che ciascuno dei tre interrogativi ci conduce a una risposta categorica, che non ammette dubbi. Resta fermo e incontrovertibile che all'Italia abbisogna un suo impero per la necessaria, inevitabile espansione del suo popolo, che questo Impero non può essere se non africano e che non è concepibile una riconquista duratura dell'Africa, finché il Mediterraneo non sia veramente libe ro. Gli italiani hanno bisogno pertanto di una coscienza Mediterranea, che occorre creare là dove manca, alimentare do ve languisce risvegliare ad un largo respiro dove è sopita. E il nostro « centro », di cui oggi celebriamo il primo giorno di attività ufficiale, intende provvedere a questa improro gabile necessità e di provvedervi coi mezzi più solleciti e opportuni, appellandosi a quell'oscuro, ma infallibile senso dell'eredità razziale, che quasi istinto ci sospinse sempre sulla via del nostro destino. Elenca i compiti che il «cen tro» dovrà svolgere e osserva che « la civiltà mediterranea ha un suo tipo, un suo lìneamento, un suo aspetto, ini prontato di una originalità che le conferisce un proprio carattere, non confondibile con quello di nessuna altra ci viltà. Ed è un tipo, un linea mento, un aspetto di ordine superiore. Oggi per questa civiltà sul Mediterraneo si combatte. Il ministro cosi conclude: « Con la Vittoria, l'Italia tornerà signora del suo Impero e portatrice di un ordine nuovo nel mondo. Padrona di quel mare Mediterraneo che fu sempre elettivamente latino, la grande Patria, nella luce della Vittoria rinnoverà gli antichi fasti di Roma. Nè più predoni stranieri la insidieranno e l'ag¬ grediranno. Vigilerà sull'Italia impersonata dal Re Vittorioso, difesa dal suo mare e signora dei suoi territori imperiali il Condottiero incomparabile, Colui al quale la nostra vita ogni giorno più fedelmente e più fieramente si consacra: Benito Mussolini. E nel nome di Lui, che è stato il più alto assertore e artefice del nostro destino mediterraneo, io dichiaro oggi insediato il consiglio di presidenza del Centro italiano di studi mediterranei ». Parla De Bono Subito dopo il Ministro ha preso la parola il Maresciallo De Bono, il quale ha ribadito 11 significato del binomio: Africa e Mediterraneo. « Due nomi — egli dice — che vogliono dire la stessa cosa nel destino dell'Italia, che si sono rivelati sempre inseparabili nella sorte di chi ebbe di essi il dominio, che rappresentano oggi, più che mai, per l'Italia che combatte una stessa, una sola, una indissolubile mèta. Nulla di duraturo, di definitivo, di Inalienabile sarà mai possibile costruire sul continente africano se non si posseggono, salde, sicure, aperte per sera- Ere le vie del Mediterraneo, e è vero che noi in Africa eravamo, non soltanto con quanto vi facemmo In decenni di lavoro, di dissodamento, di colonizzazione, ma col fiore del nostro popolo emigrato nei territori dell'Impero e della Libia, in naturale espansione di vita; e se è vero che non sono valsi 35 mesi di lotta disperatamente combattuta, per impedire che sin l'ultimo lembo di terra fos» se Invaso dal soverchiante nemico, nessuna guerra più di questa ha 11 carattere di guerra di indipendenza. « Poiché, sia detto una volta per sempre, noi in Africa non abbiamo mai inteso nè intenderemo mai di restare in virtù di un beneplacito straniero. In Africa ritoneremo in forza di un sacrosanto diritto e della capacità che avremo di poterci sempre difendere da ogni aggressione e da ogni minaccia. Molto in questi giorni si è parlato del mal d'Africa e in verità gran parte degli italiani l'avvertono profondamente. Di questa malattia non vogliamo guarire finché il Mediterraneo non sarà tornato nelle nostre mani. E cioè sarà un mare restituito al suo naturale destino e sottratto all'uso e all'abuso della predoneria. Oggi più di prima, perchè un nuovo predone si è aggiunto agli antichi, il quale, essendo giovane e privo di storica civiltà, mostra di essere volgarmente vorace. Ciò premesso, è facile comprendere quali siano gli 0biettivl dell'Istituto che ho l'onore di presiedere e che cosa significhi una coscienza mediterranea che abbiamo il compito di rendere sempre più salda e profonda negli animi degli italiani ». Rileva che il nuovo Istituto ha il compito « di esaltare nello spirito degli italiani i valori mediterranei del nostro popolo, della nostra storia, del nostro destino e di stabilire, a vita normale tornata, con gli altri Paesi mediterranei, rapporti sempre più vivi e intensi di cultura, di conoscenza, di comprensione; in nome di quella solidarietà mediterranea che unisce i popoli che si affacciano su questo mare, e conclude che « per educare gli italiani a questo sentimento e a questa .consapevolezza mediterranea occorre non adagiarsi troppo sulle reminiscenze storiche, non fare affidamento sulla flotta di Augusto da molti secoli scomparsa dalle acque del nostro mare, non vivere solo di ricordi e di glorie che furono. Questo Mediterraneo minaccerebbe di diventare, se cosi fosse, una novella Arcadia. Occorre oggi innanzitutto combattere, combattere, combattere. Fare che il « Mare Nostrum » divenga il « mare libero degli italiani ». Non per facile giuoco di traduttori e di propagandisti, ma per lo sforzo tenace, cosciente, duro di un popolo che deve finalmente sentire nella causa del mare la causa della sua libertà, della sua gloria e della sua prosperità ». Una vibrante manifestazione di fede nel destino mediterraneo e africano dell'Italia ha concluso l'adunanza che ha testimoniato ancora una volta il geloso attaccamento alle nostre terre d'oltre mare e la ferma volontà di riscattare alla Patria la sua giusta libertà nel mare che la circonda e il suo ineluttabile diritto di espandersi con naturalezza di vita nel continente africano.