ìim| FEDELTÀ91 Uj

ìim| FEDELTÀ91 Uj ìim| FEDELTÀ91 Uj Ujiwmiliiiiiiiiilimim IIIIIIHIIIIIIIimill I Come tanti, Gina andò ai torStare in campagna, in un [serluogo solitario. Il tempo era bello, la natura, intorno, incantevole, con una primavera piena di voli, di canzoni, di venti impetuosi, di colori lieti... Per molti quel luogo sarebbe stato un porto felice. Ma Gina era una donna abituata a vivere in mezzo a gente oziosa e frivola e a giocare con la galanteria degli uomini, con la loro ammirazione, perfino (così almeno credeva) con la loro passione, e qui non v'eran che contadini, pei quali ella non nutriva il minimo interesse. Poiché tutto, intorno e sopra di lei, cielo compreso, sembrava chiuso, sbarrato e sprangato, ella sentiva crescersi dentro uno spavento, una depressione da reclusa. Oh, se non capitava qualcosa, mia distrazione anche mi nima, un'occupazione anche miserevole, ma capace di su scitare in lei un'ombra d'attenzione, ella sarebbe fuggita, per non ammalarsi. Ma che cosa mai poteva capitare in un deserto come quello? Eppure una sera, verso il crepuscolo, mentre stava svogliatamente appoggiata al davanzale della finestra apcrta, qualcosa accadde: ar rivo, dal mezzo della strada, un grosso cane magro, uno di quei vecchi cani da guardia, che si trovano in campagna, grigiastro e sfiancato, il quale si fermò a una porta lì davanti, si mise a raspare per farsi aprire e intanto ab baiava, e il suo abbaiare era rauco e basso e faceva pen sare a un richiamo guardingo e spgreto, fatto sottovoce. Non c'è in campagna nulla di straordinario in un cane che abbaia, ma Gina ricordò, ora che vi poneva mente, che aveva sentito abbaiare così anche le altre sere a quell'ora, senza badarci, e che quest'insistenza a ora fissa era per lo meno sirgolare. Intanto la porta si aprì e venne fuori un uomo che richiuse e s'incamminò, a capo basso, col cane. Gina lo seguì con lo sguardo, incuriosita. Un contadino 1... Dagli abiti si sarebbe detto di sì; giacca di fustagno e cappellaccio in testa, ma il personale, alto e magro, aveva una linea distinta e il suo passo non era pesante. Dove andava 1... Chi era?... Stette un po' a pensare, poi si ritirò scoraggiata; probabilmente non si trattava che di un vecchio cacciatore che andava pei fatti suoi, la distrazione, quindi, non si presentava troppo appassionante. Ma la sera dopo il cane tornò, l'uomo chiamato uscì di nuovo e questa volta Gina riuscì a vedere in parte il suo volto, un profilo deciso, bene intagliato e che non era quello di un vecchio. La sera seguente ella si trovò, come per caso, davanti a quella porta, e mentre l'uomo usciva, incontrò in pieno il suo sguardo, uno sguardo serio, doloroso, pieno di una fiamma cupa che s'intonava a quel viso lungo, scarno, solcato da rughe profonde e che aveva un che di sdegnoso, di aristocratico che sembrava isolarlo da lutti. Seguirlo?... Ella tentò qualche passo sulla strada, ma quasi subito ebbe paura di vederlo voi tarsi e non si fidò. Eppure.. Come sempre, quando incontrava qualcuno che sembrava dovesse resistere al suo fascino e alle sue lusinghe, e non interessarsi di lei, si sentì presa da una curiosità, da una brama smaniosa di conoscerlo e di conquistarlo. E in quella pungente ansietà, almanaccò per tutta la notte il modo di avvicinarlo e di parlargli. Non riuscì a trovare altro mezzo, se non quello, banalissimo, di bussare da lui la mattina dopo, per chiedergli in imprestilo qualche fiammifero. — La mia cameriera è già andata al paese e mi son dimenticata di dirglielo. Dritto sulla soglia, egli la considerava seriamente, come si considera un'estranea, una passante qualunque, senza dar segno di averla notata . — Sono una vostra vicina — ella soggiunse — abito lì davanti, sono sfollata da ... Egli l'interruppe: — Già già, lo so... Ah, l'aveva dunque veduta, alla finestra, le sere prima?... ila non riusciva a capire. Lui, intanto, era rientrato per prendere i. fiammiferi lasciando aperta la porta. Audacemente ella entrò, guardandosi attorno. Tutto era scarso là dentro, ma non squallido, c'eran delle casse rovesciate ohe servivano da sedili, delle figure guerriere alle pareti, qualcosa tra la cella e l'officina: indubbiamente l'abitazione di un uomo solo. — Non ho che questi fiammiferi di legno — egli disse futraosòdola vignesiecepaladi raLanepolì finpicoticstpespsi vifurequPciEdicasi ginolacavaIltosegchac'tonpnpsutozichcaTusesvncvmtvfiLrpdursdlsfvumedlnrlncsclmvt tornando — per le sigarette servono male. o a o , a e i a . o a n ì a n e i on so, o à ia oa, e, oa lì .. à uianirò, to on se da re la aomsse — Oh, non importa. Ella si sentiva molto confusa e- voleva dire che non si trattava di sigarette, ma non osò. Disse, invece, arrossendo: — Se posso ricambiarvi la gentilezza con qualche servigio, non abbiate soggezione. Tra vicini... E poi, voi siete solo... Già — egli sembrò accentuare con intenzione ogni parola — solo, vecchio e malato... — Oh... Mi dispiace. — Ma non ho mai bisogno di niente. Ella rientrò in casa sospirando, ma non si scoraggiò. La sera stessa, quando il cane, puntuale, raspava alla porta di lui, ella passeggiava lì davanti. — Dove andate? — chiese fingendo disinvoltura. — Mi piacerebbe fare quattro passi con voi e con questo s-impa ticissimo cane... Se non disturbo, beninteso. Egli la guardò dall'alto per un momento, con una specie di triste severità. Poi si strinse nelle spalle. — Se vi fa piacere... Ma non rallentò il passo; fu lei che dovette camminare in fretta, più in fretta di quanto ne avesse l'abitudine. Poco dopo furono davanti al cimitero. Oh, che stranezza... Era dunque questa la mèta di quelle corse serotine? Il cane, precedendo frettoloso, si fermò a una tomba, a Qui giace Laura Maria»... Ella non lesse altro. Era dunque la tomba di una donna?... Il cane e l'uomo si comportavano come se lei non ci fosse. Il cane, accucciato lì accanto, mostrava ora quanto fosse vecchio e stanco, l'uomo, gettato a terra il cappello, si chinava a levare una foglia, ad accomodare un fiore, ila c'era poco da fare, quella tomba era magnificamente tenuta. Infine egli stette un pezzo immobile, a capo chino, con le braccia conserte, pensando; forse era quello il suo modo di pregare. Il ritorno fu compiuto in silenzio. Solo a un certo crocicchio, l'uomo ai chinò ad accarezzare il cane. — Addio, Tuccio. Lo guardò andarsene, per una viottola traversa, e scosse il capo. — Una di queste sere non verrà più... — Quella morta, laggiù, era vostra moglie? — chiese Gina con la voce rauca. Lui la guardò e scosse il capo. — No... si tratta di una vecchia storia... Glie la raccontò l'indomani mattina, mentre sfavarlo entrambi seduti sudile casse ro vesciate. — Era... era la mia fidanzata, la mia promessa... Lei diceva che si era innamorata di me da tanto mai tempo, dopo l'altra guerra, quando io ero tornato ferito, di una ferita di cui non son guarito del tutto mai. Io non sapevo. Stavo con mia madre, mia sorella. Poi mia ina¬ cittearmvecoboquNnivoneil notoDUchvounmgrtrcosisiqucodicuretae doalnotoCgrasevaoptipodaraincetitocesc11?irticdginlalidersspdlosoainsnnmsbmsqrli ri- morì, mia sorella si spo-imso... E lei, lilialmente, mi fece capire... Ma i suoi non volevano. Erano tre fratelli, uno sposato e gli altri scapoli, ma già anziani. Dicevano che era anziana anche lei e che doveva ormai rinunciare all'amore. Ila lei non voleva rinunciare. Povera Laura Maria, che guerra, in casa !... To le dicevo: Scappiamo. Ma lei non voleva. Sperava sempre che i fratelli si sarebbero per suasi... E non ci vedevamo che a messa, la domenica. A lei pareva di morire... Finalmente trovò il modo di avvertirmi quando era ad aspettarmi sotto un certo albero, da questa parte del bosco, dove non passa nessuno. Aveva addestrato Tuccio e me lo mandava. Lui veniva, abbaiava, grattava alla porta. Ci trovavamo là... Non c'era nessuno, soli, nelle sere d'in verno il chiaro di luna, che sembrava girare tra gli alteri come un fantasma. Eravamo felici, ma lei alle volte sembrava come folle, piangeva, piangeva... Io tornavo a dire: Fuggiamo... Ma sapevo che non si sarebbe decisa. Poi... Poi morì, sì, all'improvviso mentre era a tavola, coi suoi... Si rovesciò al-; l'indietro, e non potè direi nemmeno una parola. Aveva il cuore malato, e nessuno lo sapeva... Ij'nonio stette a lungo in silenzio, sospirò e crollò il capo. — Tuccio... Povero Tuccio, lui seguita a venire, come allora. Fedele, non dimentica la padroncina, povero Tuccio... E una di queste sere non lo sentirò più abbaiare, nè grattare alla porta, e saprò allora che sarà morto, d'improvviso, come. lei... Gina esitò un poco, alla fine si fece coraggio, e dis se con un certo sforzo : — E quando Tuccio non verrà più, voi potrete dimenticare?... L'uomo le alzò gli occhi in faccia, e, per un lungo mo¬ regufndntsstdmgdnlvctlntpsuds 1 t 1 ■ 1 f 1111 ■ 1111 ri 11 ! I i t ) I Ti 11111 li 1111 i 11111 IT

Persone citate: Laura Maria, Tuccio