Pasqua con Farinelli

Pasqua con Farinelli Pasqua con Farinelli Perche dunque, il giorno <H Pasqua, sono andato a trovare Arturo Farinelli ? La attrazione, forse, dell'uomo ignorante per l'uomo coltissimo? Una volta, ricordo, egli ebbe a chiamarmi » rapsodo b: il modo più cortese di definire una specie d'improvvisatore, non altro affidato che alla buona ventura degli estri e degli incontri. In verità, colui che sa tutto non poteva esprimersi più benignamente verso colui che non sa nulla. Ma ecco che, fra le tante cose che ignoro, c'è anche questa: come un sapiente sia fatto. Salvo un breve scambio epistolare, quel, sapiente l'avevo avvicinato due volte sole: la prima alcuni anni fa a San Remo, per cinque minuti; la seconda l'anno scorso, a Milano, per la mezz'ora ch'ebbe a durare una sua conferenza su Mozart. Colui che ha definito la melodia verdiana «il canto d'un popolo congiunto», è infatti un finissimo intenditore di musica : e ciò bastava a confondere il mio preconcetto circa gli uomini coltissimi, che avevo sempre immaginato di molta testa e scarso cuore. Tali esseri me li figuravo, poi, con tutt'altro aspetto: non certo con quel sensibile viso, con quegli occhi appassionati. Il poco ricordo che di lui m'era rimasto, dunque, era sconcertante. Mi restava di conoscerne la dimora. Dove poteva mai abitare un tale erudito, se non in una selva, o in una grotta; e quale compagnia poteva egli avere, se non di qualche uccello notturno: la nottola che assisteva la dotta Minerva, o il corvo che diceva i segreti del mondo nell'orecchio di Odino? Ora colui che sa tutto abita invece in cima ad un colle, in vista del più luminoso dei nostri laghi, entro il più lieto fra i tanti giardini che s'affacciano agli o aperti sentieri» di Belgirate. Concenti e rondini m'hanno accompagnato per questi viottoli; e insieme ad essi una silenziosa, flessuosa giovinetta, la seconda delle tre figliole del castaido, la quale, riposandoci insieme un momento sul muricciolo d' una « Chiesa Vecchia », 6eppe dirmi soltanto ohe il «professore» faceva due volte il giorno quella strada, nè comoda ne corta. Dunque vuol dire, mi dissi, che il «professore» sta benone. Ne i libri nè l'età ammazzano poi tanto come si dice. Ed eccolo, infatti, apparirmi fra i glicini e i biancospini più vegeto, più diritto, più giovanile che mai. Mi ricordo allora, da certo suo libro di memorie, com'egli si sia allenato anche corporalmente alla vita : del maestro bellinzonese di ginnastica ch'ebbe a insegnargli i «i salti e i volteggi con la stanga » ; delle escursioni ed ascensioni per le erode atesine ; del lungo socratico ramingare in compagnia d'alunni e d'amici; e quanto insomma fosse provata la sua fibra, fin dagli anni in cui Don Aghemio, il prete ammaestratore di cani barboni, lo educava cou l'Evangelo e lo scudiscio. Vigorosa è dun que la sua persona, e ridente la sua dimora, là su « tra l'orlo e il giardino, coi castagni ai margini, la giumenta ai pascoli, la freccia d'un uccello sul capo ». E casa e giardino sono pioni di don ne: la moglie, le tre vezzose figlie del castaido, una prò fessoressa ospite dagli occhi avvampati e dallo squillante riso. Serve colazione, all'a porto, la più giovinetta delle tre sorelle: esigua, gentile, altocinta come una Grazia; e il desco è graziosamente rusticano: sedani, carciofi, rapanelli, un dolce vino, una polenta patriarcale. Abbiamo delle foglie per sottocoppe. Piovono sui piatti amen ■ti di pioppo, petali di fiore Che Farinelli, per quanto sapiente, sia cosi fatto e vi va in tal modo, avrei dovuto immaginarlo leggendolo me glio e di più. Egli'ha sempre cercato le idee attraverso le forme, non potendone ama re alcuna che non avesse un volto. La sua coltura è que sta. E la sua forza. Egli < veramente il camminante di Firdusi, che andando per il mondo parla con ognuno. Solo adesso s'è fermato, trovandosi, come quel suo Chiabrera per cui ha pronunziato un discorso indimenticabile, un-asilo « lontano dal rumor plebeo » : ma per interrogare se stesso. Quest'uomo che un giorno ha scritto — e ha scritto, come sempre, con assoluta sincerità — di invidiare i ciechi, « blocchi erratici dell'umanità », per la loro vita interiore, 6ì va facendo oggi, dopo tanta scienza, quell'ultima « scienza della solitudine » che non invano ebbe a invocare nella pagina finale del suo libro preferito. Interrogo l'uomo; investigo la casa: questa sua clmtnmlcdmlmmdirpr«crssnmctepclmbcèovatrpm mente del mondo in fiamme, per cui la sua conoscenza fatta indulgenza è però incapace di odi, lamentando il nemico senza saperlo maledire. Vorrei domandargli, io che invece parteggio ed odio con tutto il mio furore d'uomo imperfetto, s'egli non schiaccerebbe la testa a un rettile, quando pure si rendesse conto di tutte le ragioni della sua ferocia. Poiché, forse, si può anche conoscere senza perdonare. Ma non oso. Non oserò mai. II silenzio che passa fra noi dice il timore reciproco d'offendere, egli la mia passione, io la sua innocenza. Preferiamo, muti, alzare gli occhi insieme al puro cielo d'Aprile, dove i rintocchi pasquali si rimandano la memoria del sacrificio di Cristo e della sua misericordia senza fine. casa di campagna dove, della bombardata e mézzo arsa abitazione torinese, egli ha messo in salvo prima di tutto i manoscritti, Robinson naufragato in cima a una montagna. Considero i cento libri scritti, i ventimila letti. Ripenso il randagio ch'è stato, corpo e spirito, dappertutto, di tutto ammaestrandoci : arte e musica, lettere e scienze, politica e morale: dialogando sino coi morti di Bonn e coi fuochi del cielo; scoprendo fra gli infiniti aspetti dello scibile i rapporti più vitali e più riposti: « Verdi e Shakespeare», «Camoèns e l'Italia», « Dante e le stelle ». Ma ecco che, di quel suo magistero,.egli mi parla con una smarrita, quasi convulsa tristezza. Nella bella testa leonina, gli occhi sono ardenti ma sofferenti : occhi così accesi da sembrare d'aver pianto, e la cui espressione non e mai lieta, pur essendo sempre affettuosa. E' in essi una clemenza cho si confonde nell'inquietudine ; una paura di male infusa nell'anelito di bene. Forse costui, cho ha comunicato con tutto, che si è idealmente abbracciato ad ogni cosa, avverte l'età grave, e teme che la stretta si allenti? Vedo quegli ocelli, tra il lago e il cielo, prendere la direzione di Intra, il paese della fanciullezza. Questa nostalgia degli anni ignaiiell'uomo sapientissimo, mi appare piena d'una notturna melanconia. Lo conforto come posso. E come debbo. Sì, gli dico, io non sono che un rapsodo, pago di qualche fioretto che possa incontrare nel suo spinoso cammino. Ma un rapsodo siete anche voi ; e di ben altra statura, poiché la vostra sapienza è tutta un'emozione. Rammento, e non è che l'ultimo ricordo, la conferenza mozartiana. Come delicata, e come tenera ! Tenerezza di nonno, ebbi a scrivere, per una musica bambiira. Àia non era una figura felice. Poiché anche il vostro spirito è primaverile: un cielo d'Aprile come qttesto, con qualche nuvola in più; un'anima pasquale, dove qualche campana suona a lutto insieme che a festa. La vostra immensa erudizione, non è che la vostra infinita sensibilità : e la prova è che, leggendovi, non si può che amarvi : prova è che tutto at tira in voi: anche quel lieve tono oratorio che insospettisce i pedanti, e che invece a me piace, come la più adorabile ingenuità. E' l'esprimersi di chi parla a voce alta: ma a se stesso, non agli altri; non per vanità, ma per ispirazione. Anche voi siete un rapsodo, Eccellenza: poiché, per grazia di Dio, oltre le pagine dei libri guardate pure agli alberi e alle nuvole. Certe forme disusate, certe movenze arcaiche della vostra prosa sono proprio le stesse degli antichi cantori, dei poeti die andavano senza troppo, senza nienti sapere. Ricordo ancora, fra le innumerevoli pagine vostre, l'incontro con una contadinella dall'accento affabile, « come profferisse amore ». L'immagine mi fece sorridere. Ma poi mi commosse. Era la stessa, d'innocente enfasi, che avrebbe adoperata un trovatore. Tutta la vostra esistenza, atti e pensieri, non è forse stata un frollar? E non lo stata fin dai primi anni: quando dormivate nei barconi imparando a suonare il flicorno; e andavate a liberare una giovinetta dal chiostro; e persino agognavate, scilleriauamente, di sciogliere dalle manette un arrestato per rapina? Anch'io, fino ad oggi, vi conoscevo male. Ma guardandovi, ascoltandovi, ho finito per capirvi. Siete ben colui, e siete ancora colui clie a vent'anni partiva per la Spagna, e in un mistico slancio suscitato dalle cime parsifaliane del Monserrat bruciava in un frenetico auto-da-fè tutti i versi e Marco Ramperti

Persone citate: Arturo Farinelli, Chiabrera, Cristo, Farinelli, Marco Ramperti, Monserrat, Mozart, Robinson, Shakespeare

Luoghi citati: Belgirate, Bonn, Intra, Italia, Milano, San Remo, Spagna