VEDELLEO DEL GUADO

VEDELLEO DEL GUADO VEDELLEO DEL GUADO E LA MMCHETTA PERDUTA NAPOLI, maggio. Dal mazzo di lettere digiacomiane mentre leggermente ne voltavo e rivoltavo i fogli e cartoncini ineguali, come avviene appunto maneggiando vecchi libri dalle pagine segnate da una fronda o da un fiore secco, caddero due poesie: una lunga lirica, dal titolo un poco solenne di « Passaggio d' 'o sciummo » (.come dire: tll guado*) e due brevi quartine intitolate « Tu r- \miento ». Si capisce, n'ebbi un \tuffo al cuore. \D'un Poeta raro e tutt'oro co-\ine di Giacomo non è facile'.scoprire versi inediti. Il mondo '.digiacomiano, specie quello li-\rico, è stato investigato dalla critica nei più nuscosti angoli.'Il pregio dei suoi versi pesato\e scrutato non solo nel cotti-\plesso dell'opera (eh'è l'unico volume delle « Poesie » raccolte da Croce e Gaeta) ma nella singolarità delle composizioni. Ricordo ancora l'acuta e sot- \ fila nttflllDJ #7oI P/ID^lYI l7''l/1T/T I file analisi del Pancrazi d'una tra le più fini e melodiose arie digiacomiane: Arili», nnimaluccltt cantatore... e cito, per notizia, quel volume, non pubblicato, di oltre mille pagine che Giuseppe de Robertis prometteva tnoJt'anni fa sulla poesia digiacomiana. Da esso il De Robertis, anticipò nella « Voce » meticolosissime interpretazioni di Marzo, Na tavernella, Dint' 'o clardino. Ciò per dire di quale attentissimo amore non solo ogni lirica ma ogni verso uscito dalla penna di Salvatore 'di Giacomo sia stato oggetto. Ritrovare due liriche sfuggite ai raccoglitori, e morto il Poeta, all'editore mi pareva insperata fortuna. D'una, la più lunga, il titolo mi pareva assolutamente nuovo, ma alla prima letturu subito la speranza concepita doveva andare delusa; la seconda poesia, la lirichetta che riproduco più avanti, mi appariva nuova, sebbene troppo riecheggiante la forma e la melodia più tipicamente digiacomiana. Alfonso, Maria e il ruscello « Passaggio d"o scfiimmo », scritta su un foglio di album nella calligrafia sottile e filata del di Giacomo, che pure si compiaceva di scrivere « in bello » e con caratteri marcati, nitidissimi, è nient'altro che l'idillio «Maria! Maria!»: (Il Immiti ghtvlnoUo fa iliile 'a si' ala parie, i 'hest'at ipia e-, ce sp:iri* vurria, vitrria puristi... prega la ragazza, sulla riva del ruscello, le gonnelle tirate fin sulle ginocchia. E il giovanotto dalla riva opposta risponde che si, lui è disposto a entrare in quell'acqua fredda per traghettarla ma vorrebbe un compenso; un bacio: mi vasti e niente cctllfl... La ragazza non dice riè si nè no. Vuol sapere come egli si chiami, e lui di rimando lo stesso. Conoscersi, da prima, dinnanzi alle lucenti e chiare onde, agli alberi, al verde. Alfonso è lui, lei: Maria, e questo nome pronunziato da una riva all'altra del ruscello l'eco lo ruba e diffonde, da quell'intrigante che è, e lo confida all'aria, alle acque, alle piante. /I paesaggio guarda, unico testimone, quest'idillio e /'innocente amplesso nel quale ades- rbarie nemica sulle città Palermo distrutta dalle ecorata il 9 maggio come (Telefoto R. G. Luce). \so, passato Alfonso il fiumet- \to, Maria gli si stringe, timorosa di cascar nell'acqua, e rossa rossa per lo « scuorno ». E' silenzio tutt'attorno. Ad Alfonso che, il delizioso carico tra le braccia, è lento a camminar nel ruscello e quasi lo vediamo tentar coi piedi nudi le muschiose e scivolose pietre del fondo, prima di appoggiarvisi, batte il cuore. Cosi intensa, ineffabile la dolce commozione di quel passaggio, nel quale il respiro della, fanciulla 'co In pegzione o quarta qulo stesso turale nella congiunmatet...»napolitaniciando il sconosciuvolare suscere l'incontinuarcedente ovviando mo contatpuò ritardsimpatia. \afjora le sue gote, le dolci for \me si adagiano nelle sue brac- \cia, e t Cuori tumultuanti con'.fondono il loro affanno, che il '.protagonista dell'idillio non è \()ià più Alfonso ma il Poeta Giacomo: Stesso che gli si sostituisce, 'confondendolo in sè, quasi a \non vojer cedere neppure al\Vistesso fantasma del prota- non sfuggpossedessgonista il tesoro dell'intuita' delizia. E' lui stesso, in perso* na prima a ricordare quel no-i me e quei brevi istanti e quel K vii iT-'ii-iuTenunii ll'aria,«tu mini \ groviglio lucido e impagabile I Jl — -. — l.-l 4 „ _ I R va p'acnrrpnnoa D'aria, ulti mimSi. notamanoscritdi sensazioni provate, al pas saggio del ruscello, ove la li ià ih lili I i N iturale nell'autografo, con quella congiunzione : « E ve chiammatet...» iniziale, che tutti i napolitani adoperano cominciando il discorso con persona sconosciuta quasi a voler sorvolare sul fatto di non conoscere l'interlocutore e, invece continuare un discorso antecedente rimasto in sospeso, ovviando a quell'attrito di primo contatto che tra gli uomini può ritardare od ostacolare la simpatia. Ma il Poeta modifi- ql pgg,quale il respiro della, fanciulla 'co In peggio. Nessuna variazione o insignificante nella quarta quartina, che trascrivo lo stesso perche tutto l'idillio pfafjora le sue gote, le dolci for me si adagiano nelle sue brac- cia, e t Cuori tumultuanti confd il l ff h l f Ginon sfugga al lettore che non possedesse le « Poesie » di di K vii iT-'i i !>•■ 11- e Unitine i-iuTenun, eco ntrieiinte, ii ll'aria, a H'iuiiiiii. » 'e'ppiante «tu minime a ruiiliilii. R va p'arbere e irritimi', cnrrpnno. Eco ntrijntnle, a D'aria, a ll'acr|tta, a 'e ppiante ulti mimmo a ninnila... Si. nota soltanto come nel manoscritto l'Eco è una persona della breve commedia tra Alfonso e Maria; con i suoi attributi di chiacchierino, di « 'ntrigante », e perciò col suo nome che incomincia per lettera maiuscola e nell'edizione stampata, forse per un acuto amore di semplicità il Poeta volle soppressa anche quella maiuscola, riducendo e semplificando l'eco alla sua pura funzione fonica. E qui entriamo nel più vivo della elaborazione poetica di quest'idillio; quest'idillio ; qui si'svela con h manoscritto l'Eco è una persona della breve commedia tra Alfonso e Maria; con i suoi attributi di chiacchierino, di « 'ntrigante », e perciò col suo nome che incomincia per lettera maiuscola e nell'edizione stampata, forse per un acuto amore di semplicità il Poeta volle soppressa anche quella maiuscola, riducendo e semplificando l'eco alla sua pura funzione fonica. E qui entriamo nel più vivo della elaborazione poetica di quest'idillio; saggio del ruscello, ove la li ?miàa ricchezza moltiplica con a sua frescura e il romorìo melodioso e la luminosità e i giochi delle ombre e dei riflessi, in una labilità di sogno ad occhi aperti, la bellezza di Maria, timida e scornosa, racchiusa nel cerchio delle sue braccia; mentre per gli specchi delle acque, in una subitanea invasione di petrarchesca tenerezza, gli pare ricordando, di vederne ancora l'oro delle treccie bionde e gli occhi brillanti, ì quest'idillio ; qui si'svela con Una parola che crudele e spietata inflessi che suonava se-radi fa b!"'° J?J?oe.ta f"cidease ?ui UIC auUIldVd SgXaulici ctu0 dell'ispirazione, persino sopprimendo quadri cdldamenS'intende che la lirica ripete te immaginati. Dicela quartidilezioni digiacomiane ben no-na .(definitiva, e che 10 frate e qui più marcatamente le «frivo V}* sempre sopra, mensile simpatie per una vaga Ar-\tre 0"e"f autografe e inedite codia settecentesca, per certa 30,10 sotto), e la variante: pittura francese dell' epoca, I per il secolo « ricco e gentile » Ch'egli adorava e al quale de-i dico gran parte della sua vita' di studioso, di cui non gli pareva vero di poter trasferire nel dialetto talune delle più aggraziate e dolci viovenze. Ma confrontando, adesso, il testo stampato dell' edizione riccìardiana ove. come ho detto già il titolo offre una va- Passale: min"ii piallale mimiceli) e, slmile e nerneiate, 'e' libraccia siila sbracciate se ncateiiiijcnn a me. M"ti pigli" streula mitracelo, calumimi, ti Din tiri cielo!.,. L'ilist'lioccltie miei 1111 velo mine seenne a ctimmi^lilt... Tutto un tumulto di emozione e di passione, nella prima stesura, la prima stretta,il 1 primo passo nell'infida acqua nane tra quello più appro- vdel n£ce;;0i a tremore di priato di «Passaggio d' 'o anelVauoraccio e infine la comsciummo » e xI definitivo e più 1nozinne ohe yU ve\a yu occhi, generico di « Mano! Maria! », ; qae9t.ardore -giovanile ecco, il si scorgono notevoli differenze <, f , raffrena e raffredda e addirittura si guadagna una ,ras/e,.e,ldo& neHn notazione intera, dehzwsa strofa nuova. este'rinre di tei che si aggrappante-: perchè di Giacomo p". timida. c incatena a lui cambiò il titolo? E' difficile £?' \e ',.ia ch,e u soltanto dirlo. Gli parve forse troppo e pudicame„te viiol notare pedestre. 1 Passare 'o scium- ignpude sbmCciate. mo », in napolitano corrispon- 'y"""°> ■» de ad una voi qarissima burle- TT • j- vote frase; dì Giacomo vollei Vii epiSOOlO cwitaWa. E soppresse, poi nel-\ ennni'P««n la stampa, correggendone in, auFHlcao" peggio, parecchi versi, etijni- nando la parola « sciummo » poi un intero episodio delIfiume) che gli doveva sonare l'idillio soppresso. Delicato evidentemente sgradita. Raf- soave, ma forse ovvio: prevefronto le due versioni della dibile, quindi di facile arte. E fil t behé prima quartina fprima quartina: — Oi buona glnvinutto, ea state 'a gl'ala parte cliest'acqna ea ce sparto vurria, vitrrtn passa... — 01 Imnno giovinoti!) chi nspielto a' st'nta " parte 'o sciamino oa ce spnrte vurria, vurria passa,,. Nella prima versione (.definitiva) le persone dell'idillio si danno del voi, e nell'autografo, arcadicamente, del tu; ma di h ll dibil, qfquesta « fucile > arte, benché concretata in quattro deliziosissimi versi il di Giacomo volle eliminare forse a torto dalla definitiva redazione della sua poesia. E' perciò che, mi piace riportarlo, nuovo, ai lettori: Ali!... iiciiiniueciile c"o uede, Maria editti m'asjrigliette; e nfaccia me sentette 'o sciato snio pausa. E' l'incidente risolutivo del è drammetto del « Guado », quasi il moto pittonco che ant^»"- stupefazione del qua- ma la stupefazione del qi dreito. Alfonso va per l'acque ridenti, inciampa, è per cadere con il suo carico gentile; lei s'impaura e gli si stringe di più, s'accosta ancora meglio alla guancia, gli alita il suo alito sul volto e son due volti accesi, confusi... Qui s'è tentati di veder di Giacomo a scrivere i versi tenendo sott'occhio un Watteau o un Fragonard. Ma appunto perciò, pel sacro timore del * già fatto » del « già detto » egli, forse, soppresse l'episodio. Varianti ove si scorge il lavoro della lima non modificano sostanzialmente le ultime tre quartine della lirica ed io le riporto qui di seguito, senz'altro commento: Vrnsea erti ll'uqiu i-liii>ra e '.ente *e tiraselo; atluoruu rtiiv-ta Maria p"o seuttrno e iu leniti a CHUiuieua... Maria! Maria!... Surtanto d'eco ino me rispoune tremmeiiti ancora 'e ffrnnne e D'ariti nlltitiriitt a me. E a mate ine |tare ancora, ilint' n stu specchio 'a ll'onne H'ttnt tl"i' trez/.e itiuue j'uiit'tliie 'e Maria vene... Specilliti erti tiacipia chiara verde li Intime altuurno, russa Murili p"u st-uttrao e io lento a caromena... Maria! Maria! Surtanto mo ll'ecu me rlsp-nnc trommenii ancora ffronne e l'aria, attuornti a rame. Qua** mine pare aucora ninfa stu -peochlo 'a l'oone l'uni ii"e Irezze Jonne, l'umvliitì 'e Maria vede,,. Ora ecco la lirichetta per- ditta, come la strofe soppressa . fo, arcadicamente, del tu; ma Elincdeè oserei dire che nella prima re-.drammetto del « Guado », dazione è persino più sponta-[quasi il moto pittonco che antnea e vera quella interroga-^»"- stupefazione del qua- i dll fill CTi ma la stupefazione del qi dreito Alfonso va per l'acque qzione della fanciulla: «CTii ospietfo?», cioè chi attendi; meravigliandosi della meraviglia attonita del giovine che di fronte a lei sulla riva opposta la guarda e non sa che fare, incantato... Ecco il parallelo della seconda quartina: — B pecche no? Surtanto a'io mo, pe vule, ca tnuo, varria, vurria au va.so: un vaso e niente echiìi... • — B peocliè no? turtanto -i 'in.'."a ri'tioqua i tratto . wirrla, vurria nu vaso, nu vaso e niente ccldù... Siamo sempre a constatare come per euitare . la parola «sciummo» sostituendola con « acqua », nella prima quartina sia, qui, obbligato a modificare il limpidissimo verso: < si dint' 'a sfacqua i' traso », con l'altro dittico * s'io ino, pe ride, ce traso », sottintendeti-* do il ruscello e creando quasi un 'loppio senso, con quel « ce traso », perchè quest'espressione < ce traso » sta, in napolitano per chi entra nell'incantamento d'amore o incomincia a innamorarsi. Lieve variante nella terza quartina: — Vule ve chlaoimate? - - Attorno, e vaie, bellezza mia? Ilice: — Maria... — Maria... ll'eoo rispoune e va... — E ve fin.mimate? — AITonn); e vule, bellezza mia? Ilice: — Maria... — Maria... l'ero rispoune e va... ove l'interpretazione è più na- dell'idillio di Alfonso e Maria, su d'un ingiallito cartoncino di album. Secondo tutte le probabilità, è la scaglia di diamante lasciata cadere dal Poeta sulla pagina d'una raccoglitrice di firme illustri, e lunghi anni rimasta ignorata a splendere nell'oscurità. Si trova insieme con un aforisma di Ermete Novelli, datato questo 15 marzo 1899 e firmato dal grund'uttore; dice: « Una delle cose che più m'abbiano impensierito nella vita è l'influenza che ha per l'uomo la chiave di casa!»; forse per contrariare la filosofia piutto sto banale del pensierino di Novelli, don Salvatore che aveva di tali curiosi moti di contenuta e sottile antipatia per il mal gusto, incontrandosi nel territorio dell'istessa pagina volle scrivere, o trascrivere, di traverso la sua poesia. I caratteri sono colmi e neri; a giudicarne gli inchiostri passano almeno dieci anni tia l'uno e l'altra scrittura. V'è persino l'intenzione d'un saggio calligrafico nell' autografo diglacomiano; e noi sappiamo com'egli, per atteggiamento di eleganza settecentésca amasse le fini carte da lettere, le buste e i viglietti ben impressi, la scrittura viola, gli svolazzi, le belle riproduzioni in carto Una, e vin di seguito. 1 versi son questi: Turni mito... Chella foccella tonila I' m'aggio misso 'ropletto e manoo pe illspletto min se ne po editti 1. Tu non 'o ertile, 'nfama, quanto te voglio bene, stu core 'a ninfe open* o pozzo o no leva? Forse è una improvvisazione; una delle rarissime volte in cui di Giacomo per accontentare qualche gentile sollecitazione improvvisava. Quanto facili e ripetute risonanze destino gli otto versi della lirichetta in. chi tiene a mente e sotto mano il libro delle « Poesie », è inutile dire. Ma nella sua esile struttura madrigalesca è pur fine e graziosa; un piccolo gioiello ignorato che siamo lieti di veder brillare. C'ovanni Artieri Il console di Spagna a Genov nominato ambasciatore Madrid, 7 maggio. Il signor Mufloz Argas conte di Bulnes, attuale console generale di Spagna a Genova, è stato nominato ambasciatore di Spagna a Buenos Aires. ♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦gni tanto torna sui giornali la polemica sul « fogliettone ». Debbono i critici scrivere appena finito lo spettacolo, in tutta fretta, col proto che toglie le cartelle di mano, senza possibilità di rivedere e correggere e attenuare, magari l'aggettivo, oppure possono aspettare e maturare il giudizio per esprimerlo una sa'V'è constatato \Storna"ioMtatS^^^^ sistema del « fogUettpne»non può attecchire per 11 fatto, curioso e doloroso insieme, che le novità italiane difficilmente reggono una settimana: la critica settimanale perderebbe perciò di attualità e, in definitiva, si dimostrerebbe inefficace e superflua. Invece l'informazione e 11 giudizio immediati, anche se sommari, giovano e orientano, e, in sostanza, fanno pubblicità all'opera rappresentata, anche quando uon ne dicono proprio bene. Del iesto — si domanda Alfredo Mezio sul Piccolo — credete proprio che ci sia grande differenza tra la critica scritta immediatamente dopo lo spettacolo e la critica settimanale? Guardate i critici dei giornali settimanali e delle riviste Illustrate: «salvo un po' di pulizia nello scrivere, è sempre lo stesso brodo del quotidiano, allungato con qualche trtvatina umoristica. E dunque non ci facciamo illusioni — conclude Mezio. — La fretta è -ima cattiva consigliera per il giornalista, ma è anche l'unica giustificazione di una critica che, avendo a sua disposizione tutto 11 tempo e le comodità desiderabili, forse non farebbe di meglio e di più ». E mi permetto aggiungere: anche perchè il giornalista, se non è proprio col coltello alla gola, non si decide a metter mano a penna e finisce sempre, in smanie, a litigare con l'orologio e col fattorino che attende le cartelle. Io credo che scriver subito, o metterci di mezzo otto giorni, non sposta. Il problema non è di tempo, è di preparazione. Se il critico è quale dev'essere, uomo di cultura, di sensibilità, d'intelligenza, scrivere subito o scrivere ogni otto giorni è sostanzialmente la stessa cosa: il lasso di tem-

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