Catina

Catina Catina ex domestica V i o a i l e a r ? l e a i a' o i l Catina si alzava alle nove; mentre i suoi padroni si alzavano alle sette, alle sei. Dalle nove alte dieci era davanti allo specchio per ravviare l'ondulazione, per il manicure, il pedicure, l'estirpazione dei peli delle sopracciglia, ti rimm, »/ rossetto. ; Verso le undici appariva nei mercati. I mercati erano i suoi salotti; e, le file, i suoi posti di conversazione.' ■' Parlava, con olire domestiche, qualche volta del padrone:, che non sarebbe stato padrone buono se non fosse stato uno largo e sciupone; e se non , le avesse fatto regali di calze di insto dì nascosto della, padrona. La. padrona, non. era buona in alcun cuso. Era « una cattiva; isterica e bisbetica*. «L'altro giorno mi ha fatto portare un peso di cinquanta chili, per sette file di scale insolita». Ma sarebbe stata — secondo Catina — una cattiva padrona anche se fosse stata di qnelle che, quando hanno portato un vestito una diecina di volte, se ne disfanno per ti pretesto di doverne fare regalo alla serva. . La domenica, era la giornata della Catina. A parte che ella avesse un amoroso, nei giorni feriali, per ogni cantone, e che si lasciasse pizzicottare dal vinaio perchè il vinaio le permetteva l'uso del telefono, e si lasciasse sbaciucchiare dal garzone del panettiere che le prometteva il regalo d'un bollino, quand'era domenica a sera, prendeva in affitto una bicicletta, e, dal centro della città, volava pei borghi, raggiungeva la periferia; viaggiava oltre Ponte Milvia: laddove l'aspettava il suo fidanzato ufficiale. Una volta intesi, stawdo nascosto dietr'o una siepe, i loro discorsi: '«Quando mi sposif Quando caviamo le carie f ». Pàusa, poi: « No, no, no », come quando si bisticciano i cardellini. E: « questo, poi, no! Lo sapevo che sarebbe stato per questo! Ma sta' fermo, ti dico! Oggi, proprio no; oggi, non mi va! Via, sii buono! Oggi non posso. Sarà per un'altra volta ». Credevo d'avere, in un'altra stagione, perduto di vista Za Catino. Ed ero, a perdere il mio tempo, seduto sotto i pini del Foro sportivo. Mi si avvicinò una ragazza e sì mise a sedere. Riconobbi che era la Catina. Aveva tra le braccia un fantolino in fasce; e supposi fosse ti nuovo fantolino della padrona. Ma invece la Catina mi raccontò che una domenica, facendo maltempo, ed èOa non sapendo cosa fare essendo rimasta in casa, aveva pensato di attaccarsi al telefono. Aveva formato un numero a caso. Aveva risposto ti giovane d'un uffìcib. D'un ufficio aperto anche di domenica. Il telefono fa le veci, qualche volta, di mezzano ed è, comunque, molto utile per attaccare relazioni con sconosciuti. Infatti, la do-' menica seguente, la Catina venne a trovarsi insieme .con il giovane. Egli te diede ad intendere di essere scapolo. Ella, a sua volta diede ad intendere di non essere una donna di servizio. E, tutti e due s'ingannarono. Inganno per inganno, un bel giorno sorti fuori il fantolino. Allora il giovane confessò d'esser uomo già ammogliato; ma la Catina non potendo confessare altrettanto, venne licenziata dai padroni. Non rimasi meravigliato da questo racconto. Ma intanto sopraggiuitse un'altra ragazza che, conoscendo la Catina, si mise a conversare con lei. Prima le domandò di mei « Chi è •costui? ». «Dove l'hai pescato? ». « Ne peschi sempre uno anziano! ». Poi incominciarono a parlare un poco in gergo un poco in dialetto. Ma egualmente riuscii ad afferrare che anche l'amica della Catina, una ex-domestica, si trovava nelle istesse condizioni. Luigi Bartolini « Parlo -con Bruno » tradotto in lingua torca Istanbul, 26 aprile. Yasar Clmen, giovane scrittore turco noto negli ambienti letterari per pregevoli traduzioni di classici italiani, pubblica un volume dal titolo Parlo con mio figlio. Al libro, che è una sobria ed intelligente traduzione di Parlo con Bruno di Mussolini e che si giova di una espressiva copertina dovuta al pittore Arsa, lo scrittoi» fa precedere una prefazione nella quale, dopo aver reso omag-glo alla personalità letteraria del Duce, rievoca taluni ricordi personali legati alla visita di Bruno e Vittorio a Istambul nella crocerà del 1927 pul' Cesare Battisti. Il volume è edito dalla casa 01klo. 15 figli in grigio-Yerde di uno squadrista Calabro Reggio Calabria, 26 aprile. La famiglia del vecchio squadrista Antonio Papisca, Marcia su Roma, Sciarpa littorio, invalido della guerra 1915-18, può essere fiera dei suoi cinque figli che combat, tono per la grandezza della Patria. Ecco lo stato di servizio dei Papisca: Riccardo, maresciallo-capo 20" Fante-, ria, tre volte volontario di guerra, decorato al Valore militare è nel maggio 1942 insignito sul campo di Tobruk della onorificenza di cavaliere dell'Ordine coloniale Stella d'Italia; Luigi, maresciallo 33° Carristi, volontario guer. re etiopica, , greco-Jugoslava, Africa Settentrionale; Francesco, capo in seconda sommergibilista atlantico e mediterraneo; Saverlo, motorista capo R. A. partecipò come sergente maggiore volontario alla guerra italo-etiopica, combattente al fronti grecojugoslavo e russo; dichiarato disperso durante azione bellica nel cielo di Phillppeville in Algeria; ■ Eugenio, sergente maggiore del Genio paracadutista, già volontario sul fronte greco-jugoslavo.

Persone citate: Antonio Papisca, Arsa, Calabro, Cesare Battisti, Duce, Luigi Bartolini, Mussolini, Papisca

Luoghi citati: Africa Settentrionale, Algeria, Istanbul, Italia, Ponte Milvia, Reggio Calabria, Roma, Stella