Figure di un raduno d'eccezione

Figure di un raduno d'eccezione Figure di un raduno d'eccezione Roma, 21 aprile. E' una donna in prima fila, nell'adunata di rappresentanti delle famiglie guerriere italiane, che s'è stretta questa mane intorno al Duce. Si chiama Natalia Azzolini, è milanese, sul petto le brilla l'oro di una duplice decorazione al valore. E' madre e moglie di due prodi, che hanno conquistato, cadendo in faccia al nemico, con le armi in pugno, la più alta onorificenza militare. Il marito, capitano Corrado Venini, fece olocausto della vita sul Monte Maggio, nella primavera del '16. A ventiquattr'anni di distanza il figlio, tenente Giulio Venini, rinnovava sul fronte greco la splendida gesta paterna. Soldato nel sangue, egli aveva voluto abbraco.are la carriera militare. Ufficiale dei granatieri, aveva già mostrato la sua tempra di combattente sul monte Muzzina, facendo argine alla valanga nemica con un manipolo di valorosi, di cui aveva assunto il comando, e salvando, col lanciarsi per un terreno scoperto battuto da un fuoco d'inferno, il comandante di un battaglione di Camicie Nere, caduto fuori delle' linee. La sua fama era già leggendaria tra i combattenti del fronte gTeco, quando la morte gloriosa venne a suggellarla. Fu sul Lehdushai, il 1" gennaio del 1941. Ferito, aveva rifiutato ogni cura, e continuava a battersi coi venti granatieri superstiti della sua compagnia, cantando gli inni nazionali. Partito per un contrassalto, due, tre volte la mitraglia nemica ne lacerò le carni, e le sue ultime parole furono di incitamento «i suoi, e il suo sangue segnò l'estremo limite, oltre il quale il nemico non doveva avanzare. Patriziato in linea Padre di due eroi è il Principe Mario Ruspoli. La sua presenza rievoca una splendida pagina, che riverbera la sua luce di gloria sul patriziato ro. mano. La vicenda è nota, e fu riferita ampiamente su queste colonne. Marescotti Ruspoli, africanista, combattente decoratissimo della grande guerra, della impresa etiopica e della campagna in Jugoslavia, brillante ufficiale di cavalleria, comandante di squadroni di carri veloci, nel '41 chiede di passare nei paracadutisti, e come comandante di battaglione, partecipa alle operazioni sul fronte di El Alamein, con la « Folgore ». Ferito e febbricitante, alla vigilia di un attacco nemico lascia la branda, e va a ispezionare le linee. Una granata lo coglie, e lo uccide. Le ultime sue parole sono sta. te: « Bisogna tener duro a ogni costo, ragazzi », Due giorni dopo, a due chilometri di di-' stanza, moriva il fratel suo più anziano, Costantino, ufficiale della stessa divisione, nell'atto di scaricare il fucile mitragliatore contro il nemico che aveva circondato il suo reparto. Non aveva obblighi di leva, risiedeva all'estero, ed era venuto in Italia allo scoppio della guerra, arruolandosi volontario paracadutista. Aveva fatto la grande guerra ed era decorato. Ecco poi il conte Carlo di Cellere e il conte Giulio Macchi di Cellere, zii del tenente Stefano Macchi di Cellere, caduto nel dicembre 1942 in Africa Settentrionale e decorato di medaglia d'argento alla memoria. Stefano Macchi di Cellere, comandante di plotone carri « M 1 », in combattimento contro preponderanti forze nemiche, restava col busto fuori della torretta per meglio colpire col proprio fuoco 1 carri nemici, fincnè cadeva colpito e morte. * Anche Stefano Macchi di Cellere al momento della dichiarazione di guerra si trovava a lavorare nell'America del Sud. Non credeva di essere ritenuto abile al servizio militare, per una accentuata miopia, ma' s'imbarcò con passaporti falsi e riuscì a raggiungere l'Italia dopo infinite peripezie. Il conte Agostino Oddi Baglioni da Perugia, padre dell'eroico tenente Alessandro Oddi, caduto a Qara (Egitto) il 2 novembre scorso, discende da una delle più illustri famiglie guerriere. Dedicatisi particolarmente al mestiere delle armi, i Baglioni raggiunsero alta fama di condottieri. Ricordano particolarmente Malatesta I, che fu compagno d'armi e di conquiste di Braccio Forte Bracci. Alessandro Oddi Baglioni. della classe 1908, era iscritto al Partito dal 1921. Negli anni successivi, fino alla data del suo richiamo alle armi aveva partecipato sempre attivamente alla vita delle organizzazioni fasciste. Alla memoria dell'Oddi Baglioni è stata proposta la concessione della medaglia d'argento al V. M. Nel testamento morale dell'eroe si legge: « Papà ed i miei cari non mi piangano. Chi ha il supremo onore di morire per la Patria non si piange: si invidia, si ricorda e si segue nell'ideale più bello. Un Bagllone che cade in guerra 6 degno della tradizione del suo nome. Siano come me fieri di avere rinnovellato con me il ricordo degli avi ». Altra denna presente nel raduno è la vedeva di Giovanni Savo. I Savo, patrioti ardentissimi, sempre hanno dato e combattuto per l'avvenire e la redenzione di Spalato. Scoppiata la guerra etiopica, Giovanni Savo si arruolò volontario come Camicia nera e combattè in Somalia. Vice-federale dal l.o giugno 1941, data della fondazione della Federazione dei Fasci di Spalato fu comandante della prima squadra di azione spalatina, quella stessa che aveva avuto quale comandante Antonio Solmann, primo martire fascista di Spalato. L'11 febbraio '42 alle ore 11,45, in piazza del Peristilio, a Spalato, un comunista 10 colpiva con un colpo di rivoltella. Trentacinque giorni è durato 11 martirio, sopportato con romana serenissima fermezza. Il 18 marzo il martire si è spento con sulle labbra il nome del Duce, e dell'Italia. Su proposta del comandante del 18.0 corpo d'armata zìi è stata concessa la medaglia d'argento al V. M. sul campo. Accompagnava la vedova, nella visita al Duce, il figlio di 4 anni. Il maggiore Negri Anche del maggiore Angelo Negri — ispettore della Federazione dei Fasci di combattimento di Milano — hanno già narrato i giornali come, durante l'ultima incursione sulla sua città, perdesse sei familiari. Allo scoppio di una bomba, un suo nipotino non si perdeva di animo ma gridava ai suoi « Viva l'Italia, vinceremo ». Subito dopo i funerali delle vittime, Angelo Ne- fri si recò dal Federale a ofrire i sei materassi dì lana dei familiari defunti. Cosi pure è noto l'episodio del figlio della lupa Antonino Cali, di Palermo, nato nel 1935, iscritto alla terza elementare. Il ragazzo, durante un bombardamento di Palermo, sebbene ferito e malgrado forti perdite di sangue, chiedeva del fratello Giuseppe, colpito a morte, prodigandosi anche ad aiutare ì proprii familiari, senza manifestare spavento o dolore. Successivamente visitato dal Segretario del Partito all'ospedale, chiedeva un moschetto per sparare contro gli inglesi. Il padre del Cali è un modesto operaio, che esercita il mestiere di meccanico ed ha undici figli di cui nove a carico. Durante 11 ricevimento a Palazzo Venezia, 11 figlio della lupa Cali, che è armato di moschetto, vuole montare la guardia sulla porta della star.za di lavoro del Duce: ed è contentato. Ed ecco alcuni dati sugli altri presenti. Angelo Aguzzoni, da Badia Polesine, è colono di 75 anni, padre di nove , figli, di cui una femmina.