Torpediniere contro supercaccia

Torpediniere contro supercaccia Torpediniere contro supercaccia La folgorante audacia dei nostri marinai ohe scortavano nn convoglio - Le unità nemiche nonostante la superiorità della loro potenza attaccate - I cannonieri italiani sparavano ancora da nna nnità spezzata in dne - L'inabissamento di nna delle navi inglesi e il danneggiamento dell'altra (DAL NOSTRO INVIATO! XXX, aprile. Questi Jervis, questi supercaccia che il nemico vanta per imbattibili, io ho già avuto occasione di incontrarli per il mare. Precisamente durante la battaglia di Pantelleria: 15 giugno 19^2. Del branco che ci venne incontro per effettuare il lancio a pettine dei siluri, due me ne ricordo esattamente. Come si li avessi ancora dinanzi agli occhi. Dipinti in bianco, snelli, veloci, tutti avvolti in un nembo di spume. Il primo di essi, spintosi audacemente sul fianco della nostra formazione che stava mettendosi in linea di fila, effettuò l'attacco da quattro o cinque miglia al 7nassimo sotto il tiro delle mitragliere contraeree. Una puntata, tanto azzardata che gli costò la vita. Infatti, biquadrato dal tiro delle due torri prodiere di un nostro incrociatore, s'ebbe una ceffata sulla prora che lo mandò quasi in frantumi. La notte del 16... // secondo, scodellati in mare i siluri pressoché dalla medesima distanza, ebbe il tempi di volgete la prora e di darsi alla fuga. Una virata perfetta, poi, inseguito dalle nostre salve, cercò di sfangarsela a tutta velocità. Ma non riuscì a sfuggire a una mazzata che gli piombò sulla groppa come un colpo di clava che gli avesse schiantato le reni. Nonostante la loro sfortunata sorte, bisogna quindi riconoscere che questi superciccia da circa 2000 tonnellate sono davvero bastimenti da mettere un po' di preoccupazione nell'animo a chi li deve affiontare. E, allora, si trattava di incrociatori. Figu rarsi dunque quando chi li va decisamente ad attaccare si trova al comando di una torpediniera. Ma per quanto si riferisce allo spirito aggressivo dei nostri marinai non è il caso di spendere inutili parole. Nella notte del 16 uno dei tanti nostri convogli che affrontano le dure fatiche di portare verso la sponda africana i mezzi necessari per l'alimentazione della battaglia terrestre sta dunque navigando verso la Tunisia. Nonostante l'offensiva degli aerei, dei sommergibili e delle mine, la nostra marina non rallenta il passo, non conosce sosta. Anche se, facendosi più serrata la lotta sui campi africani, il nemico si accanisce sempre più contt-o le nostre navi da. carico, al punto da non dar loro tregua, come precisamente accade da qualche tempo, neppure con /'insidia dei mezzi navali di superficie. Il combattimento Davanti alle « carrette », davanti ai « muli » che sgroppano lentamente con le loro pesanti some di armi e di materiali, navigano velocemente due nostre torpediniere per. effettuare la scotta avanzata: ricognizione ed esplorazione a largo raggio. E' notte fonda quando, verso le 2, le vedette di turno in plancia delle due navi da guerra avvistano due sagome sospette che dirigono sulla rotta del convoglio. Senza perdere un minuto di tempo, le due torpediniere mettono allora le prore sul nemico e lo riconoscono per una sezione di cacciatoipediniere del tipo che vi ho detto. Piccoli e sottili sono i nostri bastimenti, quasi inadeguati all'impari lotta. Tuttavia «iati c'è da esitare. Bisogna a tutti i costi che il convoglio non venga aggredito e disperso. L'audacia dovrà supplire alla differenza di tonnellaggio, di calibro e di corazzatura. Così scn fatti i nostri marinai. Dove manca il ferro ci si mette il petto: che è di un acciaio di illimitata tempra. Spinte le macchine a tutta forza, le due audaci torpediniere si lanciano quindi all'attacco, mentre il nemico, cercando di sfuggire il contatto, tenta cocciutamente di proseguire verso il convoglio, suo obiettivo principale. Afa anche più cocciute, anche più risolute, le nostre torpediniere gli tagliano la rotta, poi, giunte a poco più di 2000 metri dal nemico, aprono il tiro. Ha cosi inizio un breve e violentissimo cannoneggiamento a distanza ridotta. La prima 3alva di una nostra torpediniera colpisce in pieno un'unità nemica, ma è a sua volta quasi subito inquadrata e poi centrata da alcuni colpi nelle caldaie che la immobilizzano. Tuttavia, sfruttando l'abbrivio fino all'ultima pulsazione, continua a battersi. Riuscita anzi ad eseguire ancora, un'accostata, effettua il lancio dei siluri mentre i cannoni non hanno , tregua. Dopo qualche minuto di tiro rabbioso la torpediniera viene però colpita nuovamente, stavolta da un mortale siluro che esplodendole contro la chiglia la spezza letteralmente in due Ma mentre la parte poppiera 3i inabissa immediatamente, quella prodiera rimane invece a galla ancora per qualche istante. Ed è su cotesto martellato relitto che un gruppo di uomini, tutti al loro posto di combattimento, ai loro pezzi di prora, continuano a sparare fino a che l'acqua non li sommerge. Il nemico stesso deve essere rimasto ammirato di fronte all'imperterrito comportamento dei nostri soldati. Come di fronte a statue di bronzo sulla base del loro eterno monumento. L'altra torpediniera era andata intanto all'attacco della seconda unita nemica attraverso una fitta cortina di salve che tentavano di sbarrarle l'impavida rotta. Giunta quindi a distanza di tiro, lanciò una salva di siluri pur continuando ad effettuare un tambureggiante fuoco di controbatteria. Poi, siccome il ne?»ico riusci ad evitare il fascio delle veloci torpedini, tornò una seconda volta alla carica eseguendo un nuovo lancio che non falli il segno. Infatti il supercaccia avversario spense immediatamente il proiettore e cessò il tiro. Poi, faticosamente, mise la rotta verso Malta. Subito dopo la nostra nave, che era stata colpita da alcuni proiettili, accorse a prestar soccorso ai nauftaghi della torpediniera affondata. Il combattimento eia finito. Finito perchè nonostante la loro superiorità schiacciante le navi nemiche non hanno insistito nell'azione contro la nostra torpediniera che, danneggiata anch'essa come s'è detto, stava effettuando il salvataggio dei naufraghi di quella perduta. Lo « Jervis » a fondo Il mofiuo per cui i cannoni dei due Jervis hanno taciuto è però facile ad intuirsi, anche se gli inglesi pretendono, come è nella loro consuetudine, di non avere avuto alcuna perdita. Infatti alle prime luci dell'alba i nostri aerei avvistava no le due navi nemiche in len ta e faticosa navigazione ver so Malta. Una dì ejse, a ri mar chi>, era in preda ad un grave incendio, che presto assunse indomabili proporzioni, mentre l'altra presentava evidenti segni di distruzioni in coperta. Poi, verso le 7, Z'unttà incendiata fu dovuta abbandonare e i nostri aviatori videro l'altra avvicinarsi ad essa per trasbordarne l'intero equipaggio. Qualche momento dopo si verificò un'immane esplosione che fu chiaramente udita fin dalle coste della Sicilia. Più tardi anche un nostro Mas, giunto sul luogo dell'affondamento, rintracciò anche un relitto ad ulteriore e inconfutabile prova della perdita del superbo supercaccia nemico. Resta quindi dimostrato il fatto che ancora una volta uno dei nostri tanti convogli è giunto a destino. E resta principalmente dimostrato il fatto che due nostre unità da guerra, inferiori per mezzi e per potenza, hanno saputo sostenere un'impari lotta uscendone vittoriose. Pier Angelo Soldini

Persone citate: Jervis, Pier Angelo Soldini

Luoghi citati: Malta, Pantelleria, Sicilia, Tunisia