LA FINE D'UNA MENZOGNA di Giuseppe Piazza

LA FINE D'UNA MENZOGNA LA FINE D'UNA MENZOGNA Vita morte e miracoli dett "Eqpilibrio,, Non bisogna temere di far troppo onore alla « politica d'equilibrio », che in tre secoli di manomissione ha ridotto così a mal partito l'Europa, ammettendo che essa fu un portato « Ragione ». affrancatrice decantata dell'individuo, accampatasi in Europa sulle rovine del vecchio mondo unitario medievale. Lo fu di fatto, per filiazione diretta più o meno putativa, in principio, e ne mantenne fino alla fine, cioè proprio fino a ieri, la nomea: sarebbe stato infatti e sarebbe ben difficile andare a levar di testa a uno qualunque dei politici o teorici e propagandisti deH'«equilibrio» europeo d'ogni tempo, non diciamo a un Guglielmo m d'Orange, o a un Lord Bolinbroke, o a un Walpole e giù giù fino a un Pitt il giovane (anzi a tutti e due) e a un Pàlmerston, e.fra i teòrici a un Hume, a un Robertson, a un Crowe o a un Seeley y— che tutti costoro sapevano a menadito .quel che effettivamente facevano e dicevano ma anche ai più convinti e meno consapevoli epigoni di bassi tempi, come un Grey, un Austen Chamberlain o un Halifax, che non vi fosse e non vi sia realmente un maximum di «Ragione», anzi che non vi sia un concentrato assoluto di ragionevolezza e di saggezza politica nel cercar di ottenere una contemperanza e un soppesato bilanciamento di tutte le forze in giuoco nello scacchiere internazionale, e nel lasciare loro libero giuoco, salvo a intervenire quando vuna accenni a voler sopraffare o indebitamente superare 1 altra. *' Il liberalismo è, come si vede, almeno come menzogna internazionale, assai più vecchio di quel che non si creda; e nulla può valer meglio a caratterizzarlo come il fatto di essere, in questo significativo settore, fratello di latte e coetaneo dell'Assolutismo. Un quadro,' in ogni modo, apparentemente più ni aprono lè porte della penisola al dominio straniero, definitivamente compromettendo un'indipendenza che tre secoli d'Impero, vale a dire di vero equilìbrio germano-ladino, non minacciarono o scossero seriamente mai, così sono lo stesso crollo e la medesima instaurazione che spianano suT Conti nente la strada all'egemonia della Gran Bretagna, i cui uomini riescono a pagarsi il lusso del conio di una pseudo-idea politica e morale sui grezzo, materialistico privilegio insulare del loro paese. Una vera e propria politica d'equilibrio tuttavia non nasce, secondo un recente analista deH'«equilibrio», indubbiamente il più sottile di quanti ne conosciamo, il von Vietsch, se non molto tardi, oltre la metà del Secolo XVU come un settore speciale della Ragion di Stato e come conclusione di una pratica politica già abbastanza lunga; nè basta questa pratica a pienamente determinarla e caratterizzarla, bensì ci vogliono la consapevolezza e la distanziazipne. « Vi è, per quest'Autore, soltanto una politica d'equilibrio consapevole, e non ve n'è alcuna » (Eberhard von Vietsch, Dos ewopàische Oleichg-euncht — Politiscftie Idee und staatsmànnischer Handeln, Leipzig). Per Suesto riguardo il machiavel>smo (dato e non concesso che l'intuizione istintiva di Ser Niccolò sia da porre sulla medesima linea ideale) è certamente anteriore a Machiavelli; e se può trovare un antenato per esempio nell' equilibrismo dell'orazione arcadica o in quella megalopolita di un Demostene, la politica d'equilibrio degl'inglesi invece è e rimane un unicum a sè, che non ha precedenti e non potrà avere susseguenti; e vale da sola a caratterizzare 1' extra-europeismo di un popolo, che un suo capo, Disraeli, definì un giorno « uno Stato oceanico e magari asiatico, certo non interessato al prosperare dell'Eurora continentale ». Questa definizione della sbatalità inglese, dovuta, alla sopraffina competenza di un giudeo, è oggi doppiamente valida a spiegare la psicologia che sta dietro alla non ibrida ma naturale, unione di destini dell'anglicismo extra-europeo e anti - europeo col Bolscevismo russo non meno extra e non meno anti. Essa fornisce le chiavi che possono aprire con magica facilità il segretissimo scrigno di tre secoli di politica dirgiabinetto, e di guerre di coalizione, dall'Inghilterra ordite e sedentariamente combattute a mezzo di « spade continentali » altrui, il cui compito fu costantemente quello di conquistarle di volta in volta « in Europa » un nuovo aumento della potenza oceanica (« il Canada conquistato in Europa» di Pitt il vecchio: e precisamente — o capolavoro — con la spada di un Re di Prussia!), metodicamente e quasi scientificamente allargando in guerre' generali ogni conflitto locale,- ed eliminando ogni volta col loro stesso aiuto ciascuno dei suoi grandi secolari competitori oceanici, la Spagna e Portogallo,. l'Olanda, la Francia^ Tutto ciò è stato abbastanza teorizzato non già da un tedesco ma da un inglese, lo storico Robert John Seeley,, che nelle sue celebri lezioni di. Cambridge (The Expansion of England) diventate subito una bibbia dell'imperialismo britannico ad usvm degli uomini di Stato, additò il segreto di tanta magìa equilibrista nel di stanzi amento britannico dagli affari del Continente, il cui viluppo invece, dall'Inghilterra sapientemente educato, aveva, ogni volta mortalmente impigliato e alla fine strozzato ciascuna delle sue vittime; — altra prova, se ne occorressero, dell' extra - europeismo dell' Inghilterra!... Ora però questo sedentarismo, quest'edonismo ed egotismo equilibrista appaiono definitivamente esaurirsi contro le ultime due potenze della serie delle antagoniste continentali dell'Inghilterra, la Germania cioè l'Italia, unite nell'Asse (Cari |*Dussel, Europa und die Achse Die kontinentalfrage als Kehrseite der britischen Pclitik, Essen) le quali, per essere le sole depositarie delle tradizioni e ragioni unitarie eterne del continente europeo e le solo capaci perciò di assicurarne l'equilibrio vero, possono presentare all'Inghilterra non già, nel senso di Seeley, un avversario mortalmente tarato e impigliato-da remore e ingombri continentali, bensì tutto il Continente stesso per la prima volta nella sua storia coalizzato e mobili tato contro di essa. Finito in ogni modo appare il giuoco per l'Inghilterra stessa, che, comunque vadano le cose, ne. è stata ormai eliminata per sempre, fin dal momento della eliminazione dalla lotta della sua spada continentale francese. Al giuoco di queste 3pade l'impenitente equilibrista d'azzardo s'è spezzata la schiena. E' chiaro' che la pretesa sostituzione della spada francese con lo spadone russo, di una g'dssia così potentemente industrializzata e militarizzata dal Bolscevismo, ha completamente mutato il giuoco e le sorti. Non è certo per far da spada all'Inghilterra che questa Russia combatte. Il suo solo apparire ha cambiato del tutto gli attori sulla scena europea, uccidendo per sempre la politica d'equilibrio dell'Inghilterra, e con essa fatalmente, comunque siano per volgere le sorti della guerra tra quelli che sono ora i due soli antagonisti continentali, l'Asse cioè e il Bolscevismo, ogni sua influenza sulla vecchia Europa... 0 r è i a i a ò innocente, più idillico e più lusingatore, ma nel medesimo tempo più insidioso e catastrofico, non poteva essere ideato dall'Anti - Ragione, usurpante panni e volto della sua veritièri antagonista, ai danni dei popoli del Continente che vi trovarono il loro tribolo di tre secoli. Spettò effettivamente alla Ragione schietta é veritiera, sprigionatasi come un'aura nuova dì risanamento e di rinascita dalla crisi dello spirito europeo minacciato è disequilibrato da tanti crolli, ' il tentativo di far rinascere dalle sue ceneri l'unitarismo europeo, colpito a morte sui campi di battaglia e nei gabinetti diplomatici-delle guerre e delle paci della Riforma religiosa, in cui si liquidavano inseparabilmente insieme l'unità cristiana come quella imperiale. Dopo lo strazio e la cessazione, la natura aborrendo dal vuoto, le forze nuove e ricostitutrici ripullulavano un po' dappertutto: e vedemmo già il groziano «diritto di natura.» (che trova subito, non per nulla, resistenti propaggini di sviluppo e di approfondimento politico in un Pufendorf e in un Thomasius, in Germania) tentare immediatamente di riprendere le fila strappate dell'unità pratico-giuridica del piagato e disperso Ecce Homo polìtico e religioso delle paci di Vestfalia, Ora possiamo dire che il conato unificatore del diritto è da riportare esso stesso sotto le grandi ali di quello più ampio e universale della «Ragione». Fu la Ragione — così lasciò scritto un grande tedesco, che la vide e la ritrasse in ben altre forme, da quelle in cui la falsificarono i pontefici positivisti del suo tempo, Guglielmo Dilthey -f=i che « intrapprese iltentativo di unificare le religioni ». (Dilthey, Einfihhrung in die Geistestoissenschaften, Leipzig). In questo , tentativo dunque ancora una volta, il Corpus christianum, il Coi pus juridicum e il Corpus rationdle della vecchia terra madre della civiltà, anziché divergere, combaciano: il rinnovamento scientifico dello spirito europeo, non meno che quello pratico-giuridico, si mostrano in piena coincidenza storica con la coscienza religiosa del Continente, su un indice comune di forza che conferma la sua perenne tendenza unitaria. Prima ancora però che come « sci'eftza » o « arte » di Stato, cioè come elaborato soggettivo di statisti e di politici, l'equili-, brio fu per lungo tempo un da to di fatto obbiettivo, un acca dimento della natura naturans della Storia: esso fu il residua to della cessazione della grande forza equilibrante e ordinante che aveva funzionato per tutto il Medio Evo, sull'asse di oscillazione Impero germanico-Chiesa romana. Infrantosi o definitivamente indebolito l'involucro ideale e politico, rimase di fatto il «libero giuoco » delle forze individue, e prima ancora che la cosa nacque la parola: equilibrio, o l'immagine: bilancia. E' in Italia, patria di tutte le intuizioni, che affiorano subito, nelle opere di un Machiavelli, di un Guicciardini, di un Rucellai, di un Boccalini, o nei rapporti degli ambasciatori veneziani, i termini di « cosa bilanciata » o perfino « disposta », o di « equo pendere » o « contrap peso » o « eguale stato » e si mili, dei quali ben presto l'intero secolo sarà pieno, culminando nella peregrina scoperta di un «interest des Etats et des Princes » del francese Rohan, e di una « balance of Empire deli'Harrington. Senonche in Italia non si tratta se non delle prime prese di coscienza e quasi dei selvatici battesimi del nuovo strumento politico della Ragion di Staio che, dissoluta ormai dalla grande idea morale unitaria dell'Impero, si ritrarrà ben presto, così come in Germania, nei profondi recessi della coscienza e pazienza nazionale, facendo al più dell'arte di Stato italiana un inesauribile vivaio di uomini di Stato per potentati e dominazioni straniere, e di quella tedesca l'alimento della lunga aspettazione messianica del Reich. Extra muros invece, precisamente in Inghil terra, è già sorta l'Anti-Ragione a razionalizzare i dati di fatto della nuova esperienza politica e a fare dello stato brado in cui è caduta l'Europa il terreno propizio al proprio sfruttamento; ed è a Francesco Bacone, filosofo e uomo di Stato,, nemico giurato anche-in politica d'ogni forma d'aristotelismo, che si deve la prima teorizzazione dell'empiria dell'« equili brio », con la canonizzazione esplicita della razionale «virtù» mediana di compromesso e di pareggiamento, che diventa da allora in poi per gl'inglesi surrogato d'ogni legge morale < politica del Continente. Si tratta di un'idea edonistica e utilitaria, scevra del tutto da preoccupazioni morali, di una virtù inattiva e sedentaria (quanto diversa dalla « virtù con fortuna » del Segretario fiorentino, tutta nervi, istinto e intuizione politica, invenzione ed energia!) che distanzia immediatamente l'uomo inglese dall'Europa, come un Edipo davanti alla sua Sfinge — quella « Sfinge europea » di cui parlò il ministro inglese Morley alla vigilia della guerra mondiale — se pur da questo momento creda di averle strappato per sempre il segreto... Allo stesso modo in cui il crolio dell'idea unitaria centroeuropea e la conseguente instaurazione della « politica di equilibrio » tra gli Stati italia¬ Giuseppe Piazza.