CRONACHE BITARCATE

CRONACHE BITARCATE CRONACHE BITARCATE Il Dio segreto della Campania Duecento anni di eruzioni del Vesuvio documentate dalla vecchia libreria Casella - "Il Monte comportassi in modo NAPOLI, marzo. La vecchia libreria di Casella si trova all'angolo del Pillerò tra il Castello, il Molo Beverello e la via Marina. Nel vetri delle sue mostre passa, da oltre un secolo, il traffico del porto. Adesso che c'è la guerra scivolano sulle collezioni di stampe, 1 vecchi codici e le edizioni moderne delle vetrine, ombre dì incrociatori, di sommergibili, di dragamine. Una volta erano i grandi vapori transoceanici. Allo scopo di accentuare questa familiarità marittima Casella usava dire di poter adoperare il « Rex » come fermacarte, stendendo una mano. Per segnalarsi al bastimenti, innalzava sugli stigli della bottega 11 suo nominativo nel codice internazionale delle bandiere. In quest'angolo di Napoli molte cose sono scomparse. E' scomparso Casella il vecchio dal suo basso gabello dietro il lungo pancone della libreria, ove levava pallido come il disco della luna l'immenso faccione di sordo; è scomparsa la Lanterna del Molo, e, irreparabilmente è scomparso l'odore del Piliero. Dalla libreria di Casella sino al Carmine in queir indeterminato tempo era un andare e venire di gravi carri dalle alte ruote. A me piaceva d'estate fermarmi ad ascoltarne la musica lignea, sulle pietre azzurre della via Marina. Erano traini di vino di Resina, verdure delle paludi attorno al Sebeto, carichi di legno «tele» per i costruttori di barche della Torre, di carbon fossile per le officine ferdlnandee di Pietrami Calavano da Somma e da Ottaiano i carretti colmi di melloni di acqua, altissimi mucchi ondulanti in un sublime equilibrio di sfere verdi, al passo vivace dei cavallini. Questo traffico caldo unito ai sentori del Mandracchio, della Pietra del Pesce, agli effluvi dei velieri catramati ricotti dal sole componevano l'odore del Vesuvio. Oggi, il Pillerò ne è vuoto come una vecchia fiala stappata. scherzevole per 30 giorni... „ 1 3 S G per 30 giorni... „ 1 3 h fò il d f - Meglio sotto la lava che B 3 1816 — e per più minuti il Vesuvio sembrò una sola fiamma dando cosi uno spettacolo ammirabilissimo... ». Al vulcano si deve persino gratitudine: «E' indubitato Bur^habbtmo*^^^ dal Vesuvio per effetto delle sue stesse rovine. Ercolano e Pompei, essendo rimaste sepolte sotto uno strato di cenere vulcanica per diciotto secoli potè essere risparmiata dalla barbarica invasione dei Gotti e dei Visigoti». Non sempre ci si può far seppellire dal Vesuvio per sottrarsi alle Invasioni dei Gotti e dei Visigoti. ** * Tutto questo si vedeva nei Vesuvi di Casella, e a me parve di non aver mai accostato il vulcano prima d'allora; tanto diversi fli aspetti della sua iconografia raverso il tempo e la fantasia del pittori. Morghen, Volaire, Fabris, tutta una scuola di « ventagllsti » rappresentarono le « fermentazioni » vesuviane. Talunt imitando il vecchio Plinio sfidavano grossi pericoli per avvicinarsi da Boscotrecase, da Resina, dall'Eremo, alla bocca. Nel 1779 l'autore di una relazione in francese sull'eruzione del 7 di luglio di quell'anno racconta la scena, singolarmente settecentesca, d'una cena con dame e gentiluomini interrotta dal Vesuvio. « Stavo la sera del 7 a cena dal Romito francese successore di quello di cui Monsieur de la Lande con altri viaggiatori fa od j rata menzione. Erano in nostra compagnia Mra. André de Jean, Liquler, de Comombier, il cap. Lazzaretti, i conti Cicca Benincasa, Bolza e per ornamento principale della buona comitiva le signore donna Caterina Cito e donna Cecilia Sabatini Vanvitelli Fummo sorpresi da una parte dal fuoco del Monte, dall'altra dalla dirotta pioggia. Ma Giove dopo d'averci obbligati alla fuga col combinato effetto della sua potenza come se avesse voluto o allettare o risparmiare quelle due spiritose beltà depose i fulmini e fugò insieme le nubi. Solo Volaire come allievo delle Muse restò Immoto a contemplare il loro genitore che appariva come aurora boreale a Napoli ». Voi li vedete, non è vero, i personaggi di questa piccola cronaca mondana chiudere nei minuti cristalli degli occhialini la collera fiammeggiante del Vesuvio... * * A Pugliano un cocchiere, osservando io sul fianco del Monte due plaghe donde colavano torrenti luminosi mi fece intendere una sua rozza metafisica vesuviana sul racconto tra le cose di questo mondo e le collere del vulcano. Anche un prete del Seicento cercò di creare, a fini politici, una simile teoria. Ma non imbroccò giusto. Il prete, Camillo Tutini, che fu in mezzo ai tumulti popolari di Masaniello cercò di trarre partito dalla eruzione del 1649 per sollevare mediante una «Invettiva» i napoletani ancora una volta contro gli spagnoli. Vi furono a Napoli col fuoco e la cenere vesuviana, pesti, calamità, morti di Principi. Il .sangue di San Gennaro Indugiò a liquefarsi e in questi portenti il prete intravide segnato il termine della ti- id F h sgnato il termine della tirannide. Forse che lo scoppio e le-L„n„ •„„„„ -, , fiamme del mnntp ™„ oNmvSr.nTliella misura del 4 riconosciuto ai datori altre volte presagito la rovina di dinastie dominatrici di Napoli? Tutini rifece a suo modo la storia, inventò di pianta delle eruzioni come quella del 1254 per contrapporla alla caduta della casa di Svevia. Derivò l'etimologia di Vesuvio da «Vae suls », guai ai suoi. Ma gli spagnoli rimasero. * * Dice un cronista vesuviano del 1813: «Una volta che l'uomo si addomestica anche col fuoco coltivando e abitando le radici di un mondo ignivomo bisogna poi che soffra con rassegnazione le conseguenze ». Tutt'attorno alle falde del Vesuvio da Ottalano a Sarno, da Scafati a Pugliano le case l vigneti gli orti poggiano sulla lava. I cocozziellii l'uva gaetanella, le cerase, i peschi fruttificano dall'humu» vesuviano ch'è fatto di solfo, ie, catrame, ferro e non so quant'altre materie ma che 11 col fuoco e col sole danno gusto, colore, forza, sapore alle gemme, alle linfe, alle foglie, alle forme vegetali. E l'uomo vesuviano resta attaccato a quella, terra, all'ombra pericolosa del Dio. Perchè il Vesuvio è certo il Dio segreto della Campania, un genio superstite della paganità al quale ancora il popolo fa risalire presagi e castighi. Per lui talune volte i napolitani mobilitarono il Santo della città, che tu appunto un centurione. Al Pónte della Maddalena è ancora In piedi neL. l'edicoletta, la statua di San Gennaro martire la cui mano di marmo volse il pr.'mo alla lava del 1851 e l'arrestò, come un tram alla fermata facoltativa. Giovanni " Artieri LIBRI RICEVUTI MARIA B. PASINI: « Rordinina fior di gioia » (Casa Ed, Sonzogno. Milano) L. 8. RUGGERO BONGHI, «Stato e Chiesa», a cura di Walter Maturi (Editore Garzanti, .Milano) 2 volumi L. 80,