I SEPOLCRI

I SEPOLCRI I SEPOLCRI della marchesaEulalia i i e a l e e è o e i ' i n o , , o a e à . . o , e a a a , i e e ; è n e e o il cd il r e o o l a a oa e a e i, a di so ni nn1 l I finestroni della galleria dove sono altri defunti riverberano un lume velato. Il luogo «ella sua buona pace, è quasi accogliente. E' come quando nei saloni dei vivi si accendono le lampade e il conversare si fa più raccolto e delicato. Anche a quest'ora vietata ai comuni visitatori la marchesa Eulalia è ricevuta. Con il custode, come con il cappellano, ha rapporti di consuetudine cordiale, sempre da signora qual'è nella sua umiltà Donna Eulalia. E' già la prima ombra del crepuscolo. La signora vestita di nero, ridiscesa al Buon Soccorso, suona al campanello di servizio: dall'occhio di un rosone in alto affaccia un volto vivo é una vecchietta scendo ad aprflre una porticina a muro. La marchesa passa dall'appartamentino del custode per riuscire nel 'vestibolo d'onore del camposanto, illuminato, vuoto di vivlv Essala questo privilegio domestico.'-< Ho avuto l'onore, un* sera, di accompagnarla in una sua visita fuori d'ora. E'» P*r ricercare qualche cosa, che la marchesa Eulalia credeva d'averci smarrita nella sua visita del mattino, una medaglietta d'oro, un ricordo, che portava attaccato a una lunga catenina d'oro all'antica. Si ricordava di aver sentito uno strappo alla catenina passando fra due croci vicine, forse impigliandosi in una corona di bronzo. A buio, sicura come se si movesse per il suo salotto, rifaceva la strada, con un passo che non -si sentiva: prima per un vialetto, poi per uno stradino lastricato fra due file di tombe accostate. Non c'era alcuna mancanza di rispetto in questo suo passare disinvolto fra i marmi sacri come fra mobili propri e nelle parole che rifacevano la strada. — Sono passata dalla famiglia tale, poi da quell'altra e da mio marito. Ritornando sono entrata nella cappella dei Guardiani, da monsignor Lapi. Suppongo che monsignor Lapi sia stato suo direttore spirituale Ora ne ha un altro, ma credo che nei casi importanti si confidi ancora con il monsignore che non risponde più. La marchesa è religiosa, assidua alle funzioni, in rapporti di amicizia con i parroci del vicinato, ma non bigotta. Odora i sacerdoti, frequenta le chiese, provvede ai loro biso gni, ma la sua- conversazione preferita è con i defunti. Senza forse rendersene conto, rifa la pri ma chiesa cristiana, ch'era il cimitero stesso della comunità. Ci si aggiravano, magari vi discorrevano d'altro che di pietà per i morti, quei Cristiani antichi, come la marchesa Eulalia si aggira fra i suoi sepolcri, tutti di conoscenza. Quando ne arrivano dei nuovi, sente per tutti un dovere di pietà che è anche un obbligo di ospitalità. La sera che la accompagnai a cercare fra le tombe una medaglietta d'oro — al buio non s: trovò nulla — mi parve di capire quale sorta di relazione può esserci fra lei visitatrice e i visi tati : un esercizio di avvicinamento della sua condizione alla loro Non credo che la marchesa Eulalia, carattere normale, sia attratta dal lugubre, ma con quei sepolcri le piace comunicare. E' una comunicazione, se vogliamo, materiale. La marchesa Eulalia non pretende di entrare nel segreto che è sotto quei marmi : sa benissimo che anche le tombe sono oggetti, i fiori fiori, lumi i lumi; sa che anche un camposanto è una specie di casa che va (■•■irata e amministrata. Non trova più strano ohe. anche in un luogo pulito — la casta pulizia possibile dove non è più bisogno di nutrirsi — ci sia una cucina ; anzi due, quella del custode con la famiglia «del cappellano con la sua- Perpetua. Così è, familiare, senza pose, mista di pensieri comuni, la sua contemplazione della morte. Più che una contemplazione, una forma di attività che sottintende la contemplazione. Un esercizio di preparazione : più si avvici na - il suo giorno e più in lei si dissipa il- comune sgomento. Non so.se la marchesa Eulalia' capirebbe quello che ha detto Montaigne: «Mi sprofondo, a testa bassa, stupidamente nella morte, senza considerarla e riconoscerla ». Lei la ha riconosciuta; è preparata in qualunque momento a passare, portata a spalle, per quel portone per il quale passa ogni giorno con i suoi piedi. Sa esattamente quello che sarà di lei quando non potrà più vedersi e sentirsi. E' uno stato d'animo tranquillo che riempie le sue giornate di vedova, sola abitatrice di una villa antica, grande, più che mezza chiusa. Lei ci vive in poche stanze al pian terreno. Lì prova forse quella tristezza squallida che non prova più al Buon Soccorso, dove c'è suo marito, ci sono tanti conoscenti e altri ne arriveranno ancora. Al Buon Soccorso, nel posticino che si è preparata, la marchesa Eulalia si sente ancora proprietaria. Della villa e dei campi ha l'usufrutto, ma la proprietà la ha già lasciata alle nipoti. La pena di do-. antochtatouvl'cofaaseLibmdfsrbsVdcpscpgsssimmmra I sepolcri cari alla marchesa Eulalia non sono, come quelli foscoliani, sepolcri di grandi; ma nemmeno fosse di oscuri. II camposanto del Buon Soccorso, dove la marchesa è già di casa, è, tra suburbio e campagna, un cimitero particolare per la confraternita di codesto nome; in quella città di antiche usanze cristiane è distinzione farne parte e poi finir lì. Tutti defunti distinti o per natali o anche per meriti civili e letterari. Non l'ultimo deposito di un'anagrafe esaurita, ma un circolo muto che continua i migliori circoli parlanti della città. Di fuori, il Camposanto del Buon Soccorso è, fra i cipressi, un dado d'alte mura che.potrebbe essere anche un convento, di pulita architettura ottocentesca. Nella facciata ad archi un gran portone di quèrcia, entrata comune ai riposanti e ai visitanti potrebbe essere anche l'entrata, se non di una villa, di un museo. Dentro, il camposanto a due grandi riquadri divisi dalla chiesa dedicata a Maria del Buon Soccorso, è un po' troppo fitto per chi preferisce i cimiteri a giardino: fitto di croci, colonne mozze, marmi scolpiti e anche di busti di bronzo e perfino statue intero di persone sedute in poltrona. E' un po' troppo marmoreo e monumentale, ma sempre raccolto, un cortile d'onore. Cresciuto il numero degli entrati a riposo, il cortile si è assiepato tutto' in giro di colombari a mu to ; per altri defunti c'è una galleria semini-errata che prende luce dal cortile d'onore. Oltre la chiesa nel mezzo,. ha cappelle particolari. Aperto tutti i giorni dal mattino al tramonto, è raro che non ci sia qualcuno a visitarlo: superstiti distinti di distinti defunti. Le domeniche nella buona stagione c'è concorso se non folla, e automobili che aspettano fuori. Se da quella porta non si fosse vista entrare qualche bara, si potrebbe pensare a un ricevimento. La marchesa Eulalia vi è di casa. Ha la sua villa, un villone quadrato, poco più avanti, sulla collina che comincia di fronte al cimitero, e dalle sue finestre ne vede comodamente non solo le mura fra i cipressi ma può sbirciarvi dentro, fra le .sue Tombe. Anzi il camposanto è stato edificato e si è allargato sopra ter, reno che è di sua proprietà, cioè della famiglia nella quale è entrata maritandosi. Suo marito era della cospicua nobiltà cittadina, ma uomo di valore anche proprio: studioso e professore di etnografia e, in gioventù, un po' esploratore. Assai più anziano di Donna Eulalia, che ora ha ben passati i sessanta, da un pezzo riposa, sotto una lapide sobria, senza busti nè altri amminicoli, al Buon Soccorso: ha preferito quel posto alla cappella gentilizia che la sua famiglia ha in una sua tenuta. Anche la vedova osserva che le cappelle gentilizie finiscono con l'andar vendute insieme con le tenute. Il Buon Soccorso, confraternita antica, le dà più garanzia di custodito riposo. Fino a quando? La pia marchesa non sa se il giorno del Giudizio, che svoterà tutte le tombe, è lontano o forse imminente. Ma le piacerebbe che l'Angelo della Resurrezione la trovasse, con suo marito, in un posto che lei sa dove e come è. Forse questo pensiero della sua dimora definitiva non la occuperebbe tanto se avesse discendenza. Ma la nobile famiglia nella quale la marchesa Eulalia è entrata e che, donna cristiana, considera la sola sua famiglia, si sta spegnendo. A suo marito, anziano, non ha saputo dar figli, e la nobile antica famiglia, premorti due nipoti, finisce in due nipoti femmine rimaste zitelle; la terza nipote, la Boia che si è maritata, ha fatto un matrimonio così disgraziato che lo ha dovuto far annullare e poi si è monacata. Ogni mattina la marchesa Eulalia, vestita di nero, magra, un po' curva ma di passo svelto e di volto non afflitto, scende dal la sua villa a trovare il marito e a rivedere il suo posto riservato accanto. Ascolta la messa che il cappellano dice per tutti i defunti nella chiesa del Buon Soccorso: a volte non c'è che lei ad ascoltarla. Poi fa un giro per il quadrato delle tombe a trovar conoscenti di suo marito e anche suoi, arrivati dopo. Alcune sono visite di amicizia, altre piuttosto d'obbligo : la pietà si mescola al la socievolezza che non è spenta nella marchesa Eulalia, vedova sola ritirata in campagna. Conosce la topografia del luogo, nota ogni novità meglio del custode che ha in cura il cimitero, pareggia le ghiaie, tosa i bossoli e le tuie e a sera accende le luci, tutte lampade elettriche. E' a sera che il Buon Soccorso, di giorno un po' arido e oppresso di marmi, prende grazia e fantasia illuminandosi: le lampadi ne dei loculi su per le mura fanno disegni svariati, di festa senza rumori ma festa ; le fiamme-1 le seminate per i cortili li costellano di piccole luci fiabesche, I finlubEvcdcEdrlelaglorndvppcdnsafqEtudlSsfpbscm

Persone citate: Donna Eulalia, Lapi

Luoghi citati: Camposanto