nel caffè degli scacchi

nel caffè degli scacchi nel caffè degli scacchi I mobili che arredavano il caffè «ratio dipinti di bianco, un colore estivo che mal s'accordava coll'aspetto tetro e invernale degli avventori, la maggior parte scacchisti, i quali trascorrevano lunghe ore in. assorte pose, col capo chino sulle scacchiere. Ogni tavolo era occupato da una coppia intenta a giocare agli scacchi, in silenzio. La noia pareva proteggere quel locale dall'intrusione dì gente non iniziata' o non disposta a meditare e a tacere. Tuttavia qualche ignaro pur vi capitava, che, inesperto del gioco o poco ' sicuro di sè, dava qualche occhiata in giro e subito spariva. \ Un giovine, entrato una sera in quel caffè come per caso, si fece presto notare, benché ponesse ogni cura nel ridurre i suoi gesti ail'indispcnsabi]e. Più d'uno sollevò gli occhi per osservare l'itinerario che egli seguiva tra i tavolini, fino al punto in cui sedette presso la coppia formata da un vecchio campione e da un ragazzo già considerato imbattibile. Anche costoro distolsero lo sguardo dalla scacchiera per fissarlo sul nuovo venuto, dall'aria modesta ma insieme dignitosa, il che rendeva insolitamente sopportabile la sua presenza. Indossava quel giovine un pastrano grigio, con un segno di rammendo sul petto destro, laddove figurava un taschino, prima che il sarto cambiasse di posto ai due davanti nel rivoltarli. Di sfuggita, i giocatori s'accorsero che il giovine aveva fatto più larga la fronte, radendosi un ciuffo di capelli che vi scendeva nel mezzo a limitarla; e aveva pure rasalo le sopracciglia, nel tratto che congiuugeva luna all'altra sulla sella del naso. Uomini siffatti, tengono il coraggio por abitudine, e una volta iscrgsduqmdmdLnampdclmrldtnzdacquistata confidenza con Tarn- biente aspettano il pretesto d'una disputa per intervenire .a dir "la! loro opinione e infine a sfidare chi la contraddice. E quella sera vi fu disputa, al termine della partita chiusa con la vittoria del ragazzo, che aveva sperimentato una nuova tattica d'attacco; ma il giovine non partecipò alla discussione, nonostante i suoi occhi rivelassero in più occasioni che egli aveva la sua da dire, e ad onta dei frequenti richiami del vecchio campione, che ad ogni parola si rivolgeva a lui, quasi nella certezza di ricevere la sua approvazione. Nè quella sera, nè mai, il giovine dal pastrano rivoltato e dal ciuffo di capelli rasati sulla fronte, prese parte alle conversazioni che s'accendevano al termine di ogni gara interessante. Tuttavia non usciva mai fino a quando l'ultimo giocatore non avesse abbandonato il caffè; il che offrì! l'opportunità una volta al vecchio campione di avvicinarlo e di interrogarlo. — Sì — disse il giovine — mi interessano gli scacchi, e credo di conosi • rno anche la tecnica abbastanza bene, ma evito di giocare perchè il desiderio di vincere, oltre all'esaurirmi del tutto, mi impedisce di seguire i movimenti di ogni singolo pezzo, che formano il tessuto del gioco. — E voi — disse il vecchio campione, che era professore di matematica — e voi, per poter gustare la meccanica del gioco, vi private della gioia esaltante d'una partita? '— Appunto — rispose il giovine — benché non si tratti di pura meccanica. Ristette dal parlare, come chi desideri la massima attenzione dall'interlocutore, chfl in quel momento ordinava del rhum caldo, poi riprese: — Non si tratta di pura meccanica. L'osservare a freddo una partita di scacchi è come osservare da un'altezza siderale la vita dell'universo nei suoi mòti difformi e uniformi. — Capisco quel che volete dire, insegno matematica e ho studiato a lungo la logica. — Bene — esclamò il giovine, fissando sull'interlocutore il suo sguardo grigio e sofferente — la logica ci aiuta a intendere gli scacchi... — Volete dire la vita — disse il professore ; a cui il giovine rispose : — E' la stessa cosa. Sulla scacchiera, come nella vita, si svolge una lotta per l'esistenza, nel corso della quale ogni singolo pezzo o sopprime l'avversario o viene soppresso. Ma sia nel campo bianco che in quello nero, non regna accordo, come parrebbe superficialmente. I pezzi si divi dono in ranghi, che s'assottiglia no di numero, a mano a mano che il grado si eleva; alla base i Pedoni, i più numerosi, quelli che muoiono per primi e possono fare un breve passo alla volta ; poi i Cavalli, che se hanno la facoltà di saltare dal nero sul bianco, mutando di continuo la loro posizione soffrono però di certi vincoli insuperabili; poi gì" Alfieri, liberi di correre, da un capo all'altro della scacchiera, ma solo diagonalmente, lungo la linea dello scacco nero o bianco in cui si trovano; poi le Torri che possono avanzare in linea verticale oppure orizzontale; poi la Dama, unica, che arbitraria mente si muove in ogni senso, i da qualunque punto minaccia l'avversario; infine il Re, principe supremo, per l'esistenza del quale ogni singolo «pezzo» si santifica; egli vive in un supremo isolamento, di continuo minacciato ; e, nel suo dispotico potere, non può muoversi, se l'offesa gli giunge in un momento che è sprovvisto di sudditi che nascondano la sua persona, se non di uno scacco alla volta. Ma per quanto arbitrari e liberi i movi menti della Dama, della Torre o dell'Alfiere, sono pur sempre limitati e impediti dalla posizione di un pezzo dello stesso colore. La Dama bianca ad esempio, non potrà correre alla difesa o all'attacco se lungo il suo cam mino vi è fermo un miserabile pedone. In tal caso o gira in due mosse attorno all'ostacolo, o cerca di farselo «mangiare» dall'avversario; sacrificando così un modesto individuo, il quale, se riesce a raggiungere l'estremo limile del campo avverso, mercè di una piccola rivoluzione, può trasformarsi, da servo in padrone, da semplice Pedone in « pezzo» di rango superiore. — Sono giuste riflessioni — disse il professore, sogguardando il giovine tra le sottili spire di fumo che si lasciava cascare dalle labbra — ma non è la prima volta che sento parlare degli scacchi come di un gioco governato da leggi matematiche perfette. — Invece —■ lo interruppe il giovine — non è governato da leggi matematiche e perfette, come voi dite, ma dall'arbitrio. E per capire ciò bisogna accettare il presupposto che la scacchiera non è un terreno naturalo, ma il « terreno artificiale» su cui i « pezzi » divisi in ranghi a producono» un gioco mercè dei movimenti che rappresentano la premessa e la conseguenza di altri movimenti. Ogni loro atto è contrastato da un atto opposto nel campo avversario, e senza questo urto non vi sarebbe gio co, quindi non vi sarebbe vita; ! e ogni loro mossa, per quanto si a a i e d l l i i a o ì! o i i e i o i a a fl l n . a i , o a i e e l o o n e o e i o ; a l a i " n , a o a i i a l o attui liberamente è vincolata ad alcune leggi insovvertibili, che costituiscono i freni necessari ad ogni libera azione. Sulla scacchiera noi possiamo osservare il continuo sovrapporsi della necessità alla libertà. E' un regno, quello degli scacchi, in cui libertà e necessità, anziché escludersi, si completano. Ed è forse illusione dei filosofi il credere che nella vita avvenga diversamente. Ora, osserviamo una scacchiera — e così dicendo il giovine prese dal tavolo accanto una scacchiera che vi era rimasta abbandonata — osserviamo una scacchiera con i suoi sessantaquattro scacchi bianchi e neri ; essa ci sembra, a noi che la consideria mo dall'esterno, un campo abbastanza ristretto, governato da leggi inesorabili; noi vediam quindi, in primo luogo, il lim te, iu secondo luogo la norma che regola il gioco; me se noi ci trasferiamo in un pezzo qualsiasi, noi scorgiamo in primo luogo la vastità dello spazio da percorrere, in relazione al tempo che ci costa il tragitto da un punto all'altro, in secondo luogo la libertà dei nostri movimenti. Accettato quindi l'arbitrio, a noi sfugge la necessità; ci par giusto e morale che i nostri movimenti seguitino in quel senso e in quella misura, e dimentichiamo che quel senso e quella misura ci vengono imposti. Vediamo libertà laddove non è che norma e dovere. Voi sapete che non potete muovere una Torre se non in questo o quel senso perchè una regola vi impone di giocare in questo o quel modo ; in quanto Torre però avvertireste l'estremo privilegio di potervi muovere in due direzioni — orizzontale e verticali:, — rispetto all'Alfiere cui è consentito di muoversi soltanto diagonalmente. Gli è che la Torre ha esperienza dei suoi compagni di lotta, coi quali è in rapporto di intesa, che diventa contesa allorché essi ostacolano il suo cammino. Ha esperienza dei movimenti del Pedone, dell'Alfiere e del Cavallo, pur senza essere mai stato Pedone, Alfiere, Cavallo; potevo dir conoscenza ; ossia la Torre conosce — se trasferiamo in essa il nostro animo — i movimenti di ogni singolo compagno di gioco ; ma la conoscenza è fenomeno momentaneo, accade nell'attimo in cui si determinano quelle condi zioni che pongono il soggetto o l'oggetto in reciproca relazione; e la conoscenza non è fenomeno che possa ripetersi; ogni volta è nuova, ogni volta è diversa, anche se la relazione permane im mutata; invece l'esperienza si acquista una volta per tutte ; e gli scacchi mi confermano l'ipotesi che l'individuo tanta esperienza produce per sè, quanta ne spande intorno sotto forma di nozioni, nel progresso del suo la voro. Un Alfiere sa per espe rienza che il correre in campo avversario a «mangiarsi» un P< done, può fruttargli la prigionia o la morte sotto l'artiglio di un altro pedone o di un altro Alfiere nemico, in quanto egli ha individualmente provato questa sconfitta ; ma sa, altresì così dicendo sistemò con mano esperta un certo numero di pezzi sulla scacchiera, e preso l'Alfie re e portatolo in campo nero con tinuò — ma sa altresì che se osasse fare questa mossa, lascerebbe indifesa la Dama da un altro attacco della Torre nera. Questa nozione è parte della sua espe rienza, esperienza incontrollata, cstto j i l a , . u i ei a è o a o; si d e d cil so, ri, ole. a e eoeo ci a aa a ci ago re o icNon 6 da molto che si è scritto gnità sacerdotale. Oltre che col con una certa Insistenza su diiDalai-Lama, Il von Ungern doveuna figura che, malgrado la sua va entrare in relazione con rapstatura non comune, nel tumulto ! presentanti asiatici dell'Islam e successo alla precedente guerra!con personalità della Cina tradtera passata quasi inosservata: jzionale e del Giappone. Sembra quella del barone Ungern-Stern-1 che egli accarezzasse l'idea di berg. Per primo, con tinte a for-| creare un grande impero asiatico, te effetto, se ne era occupato ; sorretto da una idea trascendente l'Ossendowsky nel suo noto c mol-1 e tradizionale, per lottare non solo to discusso libro « Bètes, hommes i contro il bolscevismo, ma anche et dieux-». Ha fatto sèguito una [contro l'intera civiltà materialistivita « romanzata » del barone von ; ca moderna, della quale il bolsceUngern, pubblicata da Vladimir | visn-o, per lui, era l'estrema conPozner col titolo «La Mcrt ««.riseguenza. E molto fa pensare che dents »; una seconda vita roman- j il von Ungern, a tale riguardo, zata si deve a B. Krauthoff — il-non seguisse una semplice iniziatitelo è: «/( Comando» (Ich tic- Uva individuale, ma agisse nel fehle). ìscnso voluto da qualcuno che, per Questi libri sembrano tuttavia ! cosi dire, stava dietro le quinte, fornire una imagine inadeguata i del barone Ungern, la figura, la Chiaroveggente? vita e l'attività del quale ebbero I _ , . . caratteri complessi ed enigmatici, | 11 disprezzo per la morte del tali dunque da lasciare un largo : von Ungern oltrepassava ogni limargine alla fantasia. Anche Re- mite ed aveva per controparte una né Guénon, il noto scrittore tradì- ''invulnerabilità leggendaria. Capo, zionalista, ebbe a far conoscere ! guerriero e stratega, il «barone dei dati circa il barone, pubblican-i?anSu»™rio » disponeva in. pan do passi di lettere scritte nelitemP° di una intelligenza supe1924 dal maggiore Alexandrowicz. I «ore e di una vasta cultura, non che aveva comandata l'artiglieria is0l°. ma di una specie di chiaromongola nel 1918 e nel 1919 agli veggenza: aveva pes. la facoltà ordini diretti del von Ungern; e]di giudicare infallibilmente chtunquesti dati, di indubbia autenti- ?u,e e&" fissasse, di riconoscere n cita, fanno pensare che gli autorillui.. a primo colpo d occhio, a delle anzidette vite romanzato ! sP'a. 11 traditore o 1 uomo più spesso si siano basati su inferma- ' adatto per un dato posto o per zioni Inesatte, perfino per quel !una data funzione. Come carattere riguarda la fine del barone. I re, ecco che cosa scrive il suo compagno darmi, l'Alexandre nr,. 1 n i Uvicz: «Era inesorabile come solo « severo riCCOlO radre » | un asceta più esserlo. La sua in- _. . , ., . , | sensibilità superava tutto ciò che Discendente da un antica fami-;si puo imagjnare e sembrerebbe glia baltica, il von Ungern può n0I{ poterSi ritrovare che in un considerarsi come 1 ultimo, atre- ; csaere incorporeo, dall'anima frednuo avversano che ebbe la «vo-|da come u ghiaccio, non conoscenluzione bolscevica, da lui combat- te nè n do]orei nè la pletài nè la tuta con un odio implacabile ed | gioia, nè la tristezza ». Ridicolo ci inestinguibile. Le sue gesta prin-isembra u tentativo di Krauthoff, cipali si svolsero in un ambiente j di far derivare in un certo qual saturo di sovrannaturalità e di;m:do que,3te qualità dal contracmagia nel cuore dell Asia, nel re- colpo prOd0tto dalla fine tragica gno del Dala-Lama, il c Buddha d! una àcnna, che il von Ungern vivente ». « Il barone sanguina- avrebbe amata. E' la solita storia: rio», o chiamavano ì sUoi neml- j biografi e i romanzieri moderni o ci; «il severo Piccolo Padre», i;non si danno pace, se non introj suoi seguaci (è lo Czar che ve-1 ducono a .motivo obbligato dell'arava chiamato Piccolo Padre). more e della donna, anche là dove Quanto ai Mongoli e ai Tibetani, ; men0 ne è il luogo. Tenendo conessi lo consideravano come una; to Qncne del fatto che il von Unmanifestazione della forza ìnvin- ; gern era buddista per tradizione cibile del dio della guerra, della \ai famiglia (tale era la fede asstessa forza sovrannaturale dalla sunta da un suo antenato spintosi quale, secondo lai leggenda sareb- a far guerra di corsa fino in be «nato» Gengis-khan il gran- Estremo Oriente), tutto fa invece de conquistatore mongolo. Ed es- pensare che le qualità accennate si non credono alla morte di von dall'Alexandrowicz si riferissero, Ungern — sembra che in vari < invece, ad una superiorità reale templi essi ne conservino tuttora1 - rii ibl dll fossero quelle che sempre riap

Persone citate: Alfieri, Cavallo, Pedone, Stern

Luoghi citati: Asia, B. Krauthoff, Cina, Giappone